CAPITOLO 1

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STEPHANIE

Mi alzo dal corpo che ha appena smesso di vivere per mano mia. Lascio cadere il coltello di metallo con ancora le mani che tremano. Il coltello colpisce il pavimento facendomi sobbalzare e ritornare alla realtà. Guardo il corpo di mio padre inerme, che non respira, ricoperto di sangue. Guardo le mie mani. Sono sporche del suo sangue. Che ho fatto? Come ho potuto fare una cosa del genere? 

Guardo i miei vestiti, sporchi di schizzi di sangue. Sento la nausea salirmi piano piano. Se prima ero fredda, determinata a fare questo gesto, adesso i sensi di colpa mi stanno divorando. Crollo sul corpo ormai privo di vita di mio padre. Inizio ad urlare. Urlo per la disperazione, per la rabbia e per l'odio che provo verso me stessa e verso mio padre. Una scarica di adrenalina colpisce il mio corpo, portandomi ad alzarmi e a iniziare a mettere a soqquadro tutta la casa, senza smettere mai di urlare.

I cuscini del divano finiscono sul pavimento, anche loro sporchi di sangue, ma non m'importa. Ho bisogno di sfogarmi e di urlare tutte le emozioni che sto provando ora, anche se ormai sono tutte un misto. Anche se ci provassi non riesco più a distinguerle lucidamente. Non mi sento in colpa per aver ucciso lui, ma per aver appena firmato la mia condanna a morte. Sento che la mia testa sta per scoppiare per i troppi pensieri che stanno scorrendo dentro di essa.

Dopo aver smesso di urlare, scivolo lentamente contro lo schienale del divano. Tutto il mio corpo trema e non ha intenzione di smettere. L'ansia si insinua in me, e inizio a piangere disperata nuovamente. La disperazione mi ha portato a commettere un crimine, mi ha portato a rovinarmi la vita a soli 18 anni. Come faccio a dimostrare che è stata semplice difesa? Non ho nessun testimone.

Mi passo le mani tra i capelli, sporcandoli ancora di più per poi appoggiare la testa sulle ginocchia. Me le stringo e mi lascio andare in un pianto liberatorio. Se da una parte mi sono liberata di un peso, dall'altra me ne sono procurata un altro. Mi salgono dei conati di vomito. Mi alzo e corro verso il lavandino della cucina. Rimetto anche l'anima. Devo uscire immediatamente da questa casa. Le mie impronte digitali saranno ovunque. Sul coltello, sui miei vestiti, sul pavimento, sul corpo di mio padre, ovunque. Mi sono scavata la fossa da sola.

Decido di calmarmi. Se mi agito non riuscirò mai a trovare il modo di andarmene. Prima di tutto devo liberarmi da questi vestiti e dal sangue presente sul mio corpo. Prendo un respiro profondo e mi appoggio al lavandino della cucina. Dopo essermi calmata mi avvio verso le scale senza toccare niente. Per fortuna ho un bagno in camera mia, non è molto grande, ma non fa nulla. Qualcuno avrà già chiamato la polizia per via degli spari che ci sono stati prima. Entro in camera, fortunatamente avevo lasciato la porta aperta. Ormai è successo, troveranno le mie impronte ovunque, non ho tempo di fare attenzione a ciò che tocco.

Non ho tempo di cambiarmi. Vado dritta in bagno e mi lavo le mani e la faccia. Mi faccio una coda ai miei capelli neri. Decido di mettermi un capello. Ne trovo uno sulla scrivania. Prendo dall'armadio un borsone e ci metto dentro le mie maglie, felpe, pantaloni e scarpe. Mi prendo la giacca che tengo sempre sulla sedia e mi metto gli occhiali da sole. Guardo il mio computer sulla scrivania. Devo prenderlo, non posso lasciarlo qui. Prendo uno zaino di grandezza media e ci metto dentro il computer con carica batterie. Voglio portarmi via più cose possibili, non voglio che trovino cose che potrebbero complicarmi ancora di più la situazione. 

Su quaderni, block notes non ho nulla di importante, sono solo appunti della scuola. Prendo le mie amate cuffiette e me le metto in tasca. Metto la giacca, zaino in spalla, borsone in una spalla e mi guardo allo specchio. Mi asciugo le lacrime e prendo un respiro profondo. Prendo il telefono dal letto e me lo metto nella tasca della giacca. Esco dalla camera, ma mentre sto scendendo le scale sento le sirene della polizia. Sono qua. Non posso uscire dalla porta principale. Guardo per l'ultima volta il corpo di mio padre.

L'INNOCENZA DEL DIAVOLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora