Quel ragazzo dagli occhi color ametista mi aveva trascinata con l'inganno nella sua abnorme casa delle bambole, nel cuore del fitto bosco che costeggiava la magione Sakamaki. E incantandomi con un qualche tipo di sortilegio nascosto nella sua voce, aveva cominciato a spogliarmi. Aprì la lampo dei jeans a vita alta, li fece scivolare lentamente lungo i miei fianchi fino a scoprire le mie mutandine color porpora. - Ooh, che bel corpo che hai... nessuna delle mie bambole regge il confronto con te - sussurrò il ragazzino, mentre faceva scendere giù fino a terra anche quelle. Non mi ero mai sentita così indifesa in vita mia, eppure non riuscivo a far nulla per opporre resistenza.
Poi mise entrambe le mani sui lembi della romantica canottiera a balze che indossavo e me la sfilò dalla testa, facendo attenzione a non tirarmi i capelli. Successivamente toccò al reggiseno a balconcino, e una volta tolto la luce della luna che filtrava dalle finestre illuminava i miei capezzoli rendendoli brillanti come perle. - Sei così bella, la tentazione di toccarti è così forte... - disse allungando le mani verso di me. Sentendo gli occhi del ragazzo e del suo orso di peluche sulla pelle, cominciai a provare un forte senso di vergogna: ero completamente nuda. Mi stavano letteralmente divorando con lo sguardo, pezzo dopo pezzo.
- Non muoverti da qui, torno subito - disse, fermando i polpastrelli delle dita a pochi centimetri dalla mia pelle. Con la smania di realizzare chissà quale piano perverso, si gettò sulle bambole presenti nella stanza. Da una afferrò velocemente una splendida gonnina nera con applicazioni di pizzo sull'orlo. Da un'altra strappò via un corpetto con lunghe stringhe di raso e delle maniche a palloncino. Secondo me, non vedeva l'ora di stringermi quei lacci attorno alla vita.
Avevo avuto almeno un centinaio di occasioni per scappare, mentre lui era occupato a spogliare le sue bambole, ma l'effetto dell'alcool e il fatto di essere ancora nuda in quella casa degli orrori mi aveva totalmente paralizzata. O forse... c'era anche qualcos'altro che al momento non riuscivo a percepire: era come se ogni sua parola fosse un ordine, che mi obbligava a restare buona e farmi fare da lui ciò che voleva. Come se dalla sua bocca uscissero catene. Tornò da me con un voluminoso malloppo di vestiti tra le braccia. - Scusami se ci ho messo tanto, adesso lascia fare a me... - sussurrò avvicinando le sue labbra al mio orecchio.
Cominciò dal basso. Sollevando prima un piede e poi un altro, m'infilò un paio di collant trasparenti che arrivavano ben oltre il ginocchio. Poi fu il turno della gonna da bambola gotica, che seguendo lo stesso procedimento fece risalire lungo le mie gambe fino a fermarsi sui fianchi, dove la fissò annodando un bel fiocco nell'incavo della mia schiena. Stava eseguendo ogni movimento con estrema lentezza, tant'è che quelle scene mi parvero durare molto di più di quanto avrebbero dovuto. - Sei una favola, fosse per me ti terrei vestita così per sempre!- mi disse appoggiando delicatamente le sue manine fredde lungo i miei fianchi, e in risposta a quel gesto portai le braccia a coprire parzialmente il mio seno, alla stessa altezza del suo viso. Lui sorrise: -Ma... non voglio correre il rischio che uno dei miei fratelli s'innamori di te - borbottò mentre si preparava per il gran finale. Fratelli? Quindi ce n'erano altri come lui dentro quella casa!?
Arrampicandosi in punta di piedi sulla pedana circolare su cui mi trovavo, riuscì ad infilarmi il corpetto con le maniche a palloncino e le stringhe di raso, che legò ben strette in maniera tale che le mie forme fossero ancor più in evidenza. Fece qualche passo indietro, per ammirare l'opera d'arte che aveva appena confezionato.
- Ta-daaaan! Che dici Teddy, non è assolutamente un amore? - esclamò entusiasta il ragazzino. Teddy era il nome del suo inquietante orso di peluche, che era rimasto seduto a fissarmi su una poltroncina per tutto il tempo. Affianco a lui, c'era uno specchio e vidi la mia immagine riflessa: una giovane donna vestita con abiti da bambola, con una gonna troppo corta che lasciava scoperte tutte le cosce e un corpetto decisamente troppo stretto e volgare. E pensare che mi ero lasciata togliere mutandine e reggiseno senza battere ciglio... per non parlare del mio seno, che costretto da quel tessuto sembrava sul punto di esplodere. Chi l'avrebbe mai detto che sarei riuscita a entrare in vestitini così piccoli.
- Cosa vuoi...da me? - gli chiesi quando la mia lingua riuscì a liberarsi un po' dal sapore pastoso della birra. Dopo un attimo di silenzio, si avvicinò a me abbracciandomi dai fianchi. La sua immagine non si rifletteva nello specchio. Vampiro.
- Io voglio una madre, un'amica, una fidanzata... voglio qualcuno che si prenda cura di me, qualcuno che mi faccia sentire amato. Almeno una volta in questa dannata vita, maledizione! - esclamò tutto d'un fiato. Non so come riusciva a farlo, ma quella sua voce da adolescente e uomo insieme toccava delle corde nel profondo di me stessa che mai nessuno prima era riuscito a far vibrare. Era un Vampiro, tutte le leggende sugli abitanti della villa Sakamaki che si raccontavano in paese erano vere... e allora perché sentivo forte il desiderio di essere io la Sua prescelta?
- Ho capito - risposi sospirando profondamente e provando ad appoggiare le mie mani sulle sue. Stavo tremando.
- NON HO BISOGNO DELLA TUA COMPASSIONE! HO SOLO BISOGNO DI SANGUE E DI UNA TROIA TUTTA MIA, POSSIBILE CHE NESSUNO LO CAPISCA? - urlò con una potenza sovrumana, fiondandosi poi sul mio collo e affondandovi con ingordigia i piccoli canini da Vampiro. Ve l'ho detto che c'era il Diavolo dietro ai suoi occhi.
La sensazione che provai in quel momento era difficile da descrivere, eppure... non mi ero mai sentita così viva prima d'ora.
Possibile che fossimo due anime destinate a stare insieme in tutte le vite in cui si fossero reincarnate? Perché era proprio quello il posto che sentivo di voler occupare nel mondo. Era proprio quello il ruolo che speravo di poter ricoprire un giorno per qualcuno: volevo essere una Madre, un'Amica e un'Amante. Ero cresciuta in una comunità fortemente attaccata alla fede, alle credenze religiose, eppure il fascino per l'oscurità lo avevo da sempre percepito. Forse la sua confessione brutale e selvaggia aveva risvegliato qualcosa dentro di me di altrettanto selvaggio e sconsiderato. Forse qualche parte in ombra del mio cuore era entrata in risonanza con la frequenza di quelle parole cariche d'odio, frustrazione e ribellione. Mentre il ragazzo era ancora attaccato a me e succhiava ogni goccia di sangue nelle mie vene, portai una mano sulla sua testolina e cominciai ad accarezzargli i capelli violacei. Che bella sensazione, erano lisci come la seta.
Buttai la testa da un lato, mi lasciai sfuggire un piccolo sussulto di piacere e proprio in quel momento il Vampiro si bloccò. Forse non se lo aspettava, che potesse piacermi...?
Non appena si staccò dal mio collo, la vista cominciò ad appannarsi, gli angoli del mio campo visivo si restringevano diventando sempre più oscuri. Stavo per svenire... o per morire.
- A-Aspetta, tu... ti prego, NON MORIRE!- .
𝓣𝓸 𝓫𝓮 𝓬𝓸𝓷𝓽𝓲𝓷𝓾𝓮𝓭...

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La Bambola preferita di Kanato.
Про вампиров𝓟𝓻𝓮𝓵𝓾𝓭𝓲𝓸 Non avrei dovuto fidarmi di quegli occhioni da bimbo sperduto. Dietro quegli occhi c'era il Diavolo. Non avrei dovuto lasciarmi prendere per mano e condurre nel bosco, lontano dalle luci della strada. Ma il boccale di birra che...