53 di Wall Street

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 Il 4 luglio del 3010 mi trovavo per le vie di Brooklyn, quando un signore sulla cinquantina mi passò accanto; stava facendo una telefonata, da quello che ho potuto intuire parlavano di lavoro.

<<Questa sera al 53 di Wall Street, ti aspetto per le 21:40>>

<<Sii puntuale>>

Questo è quello che avevo sentito sporgendomi verso di lui facendo finta di andare nella direzione opposta a dove stavo andando.

Mi accorsi dei suoi abiti, indossava un completo firmato che comprendeva un blazer nero, cravatta bianca panna con un richiamo sul merletto, camicia del tono degli occhi, azzurri, come il mare d'estate; i pantaloni abbinati al blazer e un paio di mocassini lucidi.

Al collo portava una borsa a tracolla da cui si intravedevano un mazzo di chiavi.

Feci per andargli addosso con l'intento di rubargliele.

<<Oh, mi scusi>>

<<Stia più attenta la prossima volta, signorina>>

Mi scrutò da testa a piedi con occhi sbarrati.

<<Mi scusi veramente, non stavo porgendo attenzione a dove andavo>>

Dissi con volto dispiaciuto; dentro di me sapevo di aver in pugno la situazione, ed il mazzo di chiavi.

<<Arrivederci>> Disse l'uomo con voce tuonante.

Misi le chiavi nella borsetta nera che portavo sulla spalla destra e mi diressi verso casa; un nobile appartamento nel centro di Brooklyn.

Presi le chiavi della porta, feci tra giri nella serratura e la porta si aprì donandomi un'aria confortevole.

Quel pomeriggio decisi di non spostarmi dalla mia abitazione cercando più informazioni possibili su quel palazzo di Wall Street.

Trovai informazioni riguardanti il passato storico dell'edificio, e alcune su una speciale porta; si narrava di una leggenda metropolitana, ma se così non era?

Iniziai a informarmi sulla riguardante la porta e la rispettiva chiave quando comparve un nome: Ronald Johnson.

Chi era?

Scrivendo il nome sulla barra di ricerca Google uscì un immagine.

<<L'uomo di questo pomeriggio, è lui>>

Ronald Johnson, azionario e possessore delle chiavi della misteriosa porta.

Appena tornata a casa avevo chiamato una make-up artist per la sera

<<Sta sera alle 20:00 sotto casa mia; il 23 di Fulton Street>>

<<Sarò puntuale>>

La chiamata si interruppe così, senza nemmeno dare informazioni per il lavoro da svolgere alla ragazza.

Il campanello suonò, era lei; portava con sé due valigie di cuoio nere dove teneva tutti i suoi "oggetti del mestiere".

<<Allora, cosa desidera?>>

<<Tutto, basta che mi renda irriconoscibile>>

<<Oh, procedo allora>>

La giovane donna non indugiò e iniziò il suo lavoro; non era la prima volta che mi truccava, mi fidavo di lei.

<<Così è abbastanza?>> Disse

<<Oh, si, va più che bene>>

Mi aveva trasformato in una donna matura, capelli folti neri, lisci, matita che si intravedeva sotto gli occhi, eyeliner ben definito e leggero, rossetto di un colore rosso tendente al marrone, e mascara a non finire

Per l'occasione avevo optato per un abito nero con degli sopacchi sui fianchi e dei tacchi che mettevano in risalto la forma dei miei piedi.

Sembravo una donna degna di quel posto.

Io, capelli corti rossastri, incarnato molto chiaro e vestiti sportivi ero diventata l'opposto.

Ammetto che stavo anche bene.

Alle 21:35 mi trovavo sotto il palazzo indicato da Ronald quel pomeriggio.

<<Oh, eccolo>>

Aspettai che scese dalla macchina prima di avvicinarmi all'entrata dell'edificio; era arrivato con una degna limousine e un abito spettacolare.

<<Che il piano inizi>>

Entrai.

Presi l'ascensore insieme ai due uomini, i quali iniziarono una conversazione molto ambigua.

<<Allora,scommetto che ti stai chiedendo perché ti ho riunito qui>> Affermò Ronald.

L'ascensore era spazioso e dava sull'esterno, si vedeva tutta la città; dall'alto era ancora più incantevole.

<<Immagino sia per parlare delle faccende della borsa di stato no?>>

<<Esatto>>

L'ascensore si fermò al 98 piano, dove io scendetti.

<<Arrivederci>> Dissi con sicurezza ai due uomini.

Loro mi scrutarono da testa a piedi e poi mi sorrisero.

<<Arrivederci anche a lei, signorina>>

Mi voltai e seguii il corridoio che mi condusse fino alle scale che portavano alla misteriosa porta, dalle misteriose chiavi.

Tirai un sospiro, non sapevo nemmeno io perchè l'avessi fatto; forse era insicurezza, paura dell'ignoto?

Presi il mazzo di chiavi dalla mia pochette di pelle nera lucida; e mi accorsi che tutte le chiavi riportavano un simbolo.

Scelsi la prima che mi saltò all'occhio. il simbolo raffigurava un 4.

Era un caso?

La scelsi un po' per scaramanzia, visto che quel giorno era il 4.

Infilai la chiave nella serratura e questa emise un rumore; segno che si era sbloccata.

Quando la aprii venni accecata da un lampo di luce dorata, non ci vidi per qualche secondi; quando riaprii gli occhi mi trovai all'interno di una stanza dove uomini di una certa età erano nel bel mezzo di una conferenza.

Poco dopo capii che conferenza.

Mi trovavo ad assistere all'approvazione della Dichiarazione di indipendenza tenuta il 4 luglio 1776.

1234 anni indietro.

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