EPILOGO

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Anime Nude

10 marzo 2024.

La camicia gli aderiva al petto, la cravatta attorno al collo era stata appena aggiustata da sua nonna, suo padre ogni tanto buttava l'occhio sull'orario del cellulare, sua madre continuava a tenergli la mano e con l'altra reggeva fiera al petto, la sua tesi.
Era una giornata calda e soleggiata, ottima per una passeggiata al parco o una gita all'aria aperta, ma forse la meno indicata per indossare un completo elegante e prestare un discorso conciso e in soli dieci minuti di tempo davanti a volti che Simone non avrebbe più rivisto in vita sua.

« Vedrai che arriverà, sono sicuro che è già per strada »

Dante sfoggiò uno dei suoi toni migliori per suo figlio.
Simone annuì, ma senza veramente captare quell'informazione ovvia e che il suo cervello gli stava segnalando da ben dieci buoni minuti.
Avevano fatto in anticipo, era vero, m solo perché lui odiava i ritardatari.
E proprio la persona che amava ora si era trasformata in una di quelli.

« Non capisco cosa sia successo, ha pure preso un giorno di ferie per venire » mormorò forse un po' troppo tragico.

« Niente panico, Simone » cercò di consolarlo sua madre, uno sguardo pieno d'amore « devi rilassarti. Verrà. Sai tutto, ripassi da due settimane. Non devi dimenticare che è il tuo giorno, tesoro. »

Proprio perché è il mio, ho bisogno di lui.

Simone pensava che gli ci erano voluti ben cinque anni per arrivare a quel traguardo. Sudore, ansia, stress, paranoie, ore spese a memorizzare ed elaborare concetti. Mattinate e sere di sonno perse. Cinque anni in cui si era diviso tra più impegni e faccende. Aveva avuto anche dei dolori lungo la strada, che però gli erano serviti a capire chi voleva essere per sé stesso, prima che per gli altri. Cinque anni in cui però, Simone, a più della metà, lungo quello stesso percorso, aveva conosciuto Manuel. E quella era stata la nota più dolce e la cura migliore di tutte le sue possibili fatiche. Manuel, la stessa persona che di tutte le volte in cui aveva potuto fare ritardo, aveva scelto proprio il giorno della sua discussione di laurea. Provò a fare mente locale per visualizzare il suo volto e il suo sorriso, qualche battuta vecchia e qualcuna nuova.
Era riuscito a tranquillizzarsi per un secondo solo visualizzando il viso dell'altro, ma appena sentì l'addetto, mani in tasca e voce squillante, uscire proprio davanti l'entrata dell'edificio 16 della facoltà di medicina e chiamare i nomi dei candidati, si sentì ancora più nervoso di prima. Deglutì.

Benissimo, tocca a me. E lui non è qua. Ancora.

Dante strinse forte la spalla del figlio, sopra la giacca blu, la cravatta rossa che Simone allentava ancora con la mano libera.

« Sono sicuro che tra poco Manuel si farà vivo. O lo fa o faremo un discorso simpatico, io e lui » ripetè suo padre, tamburellò con le dita sullo stesso punto di poco prima, suo padre gli rivolse un sorriso incoraggiante. « Sei pronto? »

Simone guardò tutti i presenti attorno a lui.

Me la sto facendo sotto.

Ma in realtà agì in modo ben diverso, fece un respiro profondo. Annuiva.
Strinse le labbra e girandosi, salì rapido le scale all'ingresso, seguito dai suoi famigliari.
Le gambe assunsero qualcosa di simile all'adrenalina come sentimento, perché al contrario del suo battito cardiaco già in ansia, quelle avevano salito i gradini con una pronta sicurezza.
Non aveva controllato l'ultimo messaggio sul cellulare, il cui display vibrò dentro la tracolla che aveva dato a sua madre. Fu Floriana infatti a leggerlo. Prese Dante sotto braccio mentre entravano dentro l'aula, già gremita di genitori e figli in attesa e glielo mostrò.

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