Nello specchio

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Erano settimane che Ofelia cercava di aprire un passaggio per il Rovescio. Erano settimane che era in pensiero per lui. Erano settimane che, seppur il nuovo mondo era stato ricongiunto con quello vecchio, Ofelia non si sentiva completa.
Da quando lui non era con lei, Ofelia non viveva più: esisteva e basta. Le persone attorno a lei, la sua famiglia, Berenilde e la piccola Vittoria, non la forzavano a fare niente di che: conoscevano il suo malessere. Archibald d'altro canto stava combattendo un'altra battaglia personale e quindi era poco presente.
Quella mattina era particolarmente ottimista, cosa che capitava di rado. Si rintanò di nuovo nel negozio di specchi. Emilio, il proprietario, stava sempre a telefono e spesso non le rivolgeva neanche un cenno di saluto. A Ofelia poco importava.
Ed eccola lì, di nuovo di fronte al maestoso specchio, nel quale si era rivista innumerevoli volte ormai.
Al primo tocco lo specchio era solido, rigido. Ofelia non era del tutto concentrata.
Poi dimenticò sé stessa, come aveva fatto altre innumerevoli volte. Non stava pensando ad un luogo preciso.

Portami da lui.

Al secondo tocco lo specchio divenne come acqua.
Immerse la mano fino al gomito e stranamente non sentiva che sbucasse da qualche altro specchio: era rimasto così nel vuoto.
Prima la spalla, poi la testa e infine il resto del corpo. Solo la sciarpa decise di non seguirla.
Ofelia vide una luce bianca, proprio come la prima volta che era entrata nel Rovescio.

Finalmente.

Non c'era nient'altro. Solo lei e un puntino nero che si notava in lontananza.
Ofelia decise di raggiungerlo, qualche decina di metri più avanti, il punto assunse la forma di una porta. Non di una porta qualsiasi, la porta dell'armadio nell'Intendenza al Polo, quella dalla quale usciva tutte le volte che doveva fargli rapporto.
D'istinto l'aprì ed entrò.

È qui vicino.

Lo sentiva, più che mai.
Lo sfondo cambiò, non si trovò nell'Intendenza, ma bensì in una delle camere dei direttori, quelle dove stava con lui a Babel.
Era tutto perfettamente in ordine.
Un letto a baldacchino si stagliava al centro della stanza, imponente. Ma Ofelia non si concentrò su quello, ma su una seconda porta, aperta.
Quest'ultima invece si apriva sulla grotta dov'era contenuto il Corno dell'Abbondanza.
In sostanza stava ripercorrendo quasi tutti i momenti passati insieme.
Ofelia attraversò timorosa anche quest'ultima porta.
La grotta era esattamente come la ricordava, tranne per una figura familiare che stava nell'ombra.
Era emozionata e felice. Qualche altro passo e lo vide perfettamente.

Thorn era lì appoggiato a terra. La guardava inespressivo come suo solito, ma con una particolare luce negli occhi. Era evidentemente felice di rivederla, ma sembrava preoccupato.
Ofelia si precipitò tra le sue braccia, e solo a quel punto notò il suo corpo insanguinato.
"Ofelia" pronunciò Thorn una sola volta, prima di perdere i sensi. Ofelia lo chiamò innumerevoli volte, ma l'uomo non accennava a svegliarsi. Non pensava al fatto che fosse riuscita a parlare nel Rovescio. Non pensava a nient'altro.
Sentì dei passi dietro di lei. Ofelia si voltò, ancora sosteneva il corpo di Thorn.
"Mia cara Eulalia, ci rincontriamo finalmente! Sono molto cambiate le cose qui". L'Altro. Aveva un aspetto terribile.
"Tutto questo tempo e ancora ci confondi." constatò Ofelia.
"Ofelia, ma che onore, la salvatrice del mondo qui nella nostra piccola dimora!" il Mille Facce si avvicinò alla coppia. "Povero ragazzo, spero di non avergli dato il colpo di grazia" disse sarcastico osservando Thorn.
"Che è successo qui? Perché hai un aspetto così osceno? Che hai fatto a Thorn? Perché possiamo parlare?" Ofelia teneva gli artigli pronti e in allerta in caso di necessità.
"Frena con le domande, piccola giovane, da quando io e il tuo uomo siamo rimasti qui, diciamo che ho apportato delle modifiche per rendere il nostro soggiorno più gradevole; ma il qui presente non è riuscito a resistere, e i suoi artigli si sono rivolti contro di sé. Per quanto riguarda il mio aspetto, non credo che Eulalia o Elizabeth o come-si-chiama stia tanto meglio, la tua azione eroica ci ha resi più mortali di un ragno velenoso, prevedo la nostra morte nel giro di qualche altra settimana; che grande spreco..."
Ofelia stentava a credere alle sue orecchie, in particolar modo per ciò che Thorn aveva fatto a sé stesso. Lui credeva che lei lo avesse abbondonato? Credeva che nessun altro sarebbe tornato a prenderlo?

Dobbiamo andare via da qui.

Si alzò lentamente, cercando di sostenere Thorn, ma con le dita sarebbe stato molto più semplice. Suo marito era molto più alto di lei. Curandosi poco dell'Altro, si trascinò fino alla porta da cui era entrata precedentemente, chiudendola prima che il Mille Facce potesse seguirla.
Era di nuovo nelle camere dei direttori. Finalmente si rese conto di una cosa: era riuscita ad entrare nello specchio ma non sapeva come uscirne...
In quel momento Thorn riprese lentamente i sensi.
"Thorn, mi sei mancato..." sussurrò Ofelia abbracciandolo.
"Rimandiamo i convenevoli, sono ore che cerco un modo per uscire da qui."; dopotutto era il solito Thorn, ma non mancò di stringerla a sé.
"Ore?"
"Si, sono bloccato qui da 9 ore e 37 minuti"
"No, sei qui da 5 settimane 6 giorni e 9 ore"
Thorn la guardò sbilenco.
Proseguì un lungo silenzio. Ofelia aveva tantissime cose da dirgli ma non riusciva a dire nulla.
"In questa camera non ci sono spec-" disse guardandosi attorno, la frase non ebbe mai fini poiché Ofelia alzò gli occhi e notò qualcosa che non sarebbe dovuto essere lì.
"Lo specchio sospeso!" esclamò indicandolo a Thorn. "Prima non c'era..." rispose quest'ultimo visibilmente frustrato.
Velocemente Ofelia, con rinnovata energia, spostò il letto e svariati mobili fino a creare un pressoché scala. Non si era mai sentita così ottimista.
Thorn, invece, stava in silenzio e probabilmente pensava.
Ofelia gli lanciò uno sguardo e luì capì.
Finalmente attraversarono insieme lo specchio.
Non poterono mai sapere che appena anche Thorn lo ebbe attraversato, lo specchio si ridusse in mille pezzi.
L'ultimo passaggio si era ufficialmente chiuso.
Per loro.

Per noi.

Caddero con un tonfo nella Vetreria. Si rialzarono guardandosi attorno. Emilio non c'era: era notte. Quanto tempo era passato?
La sua sciarpa si stava dimenando: era rimasta incastrata attorno ad una cornice. Ofelia fece per allungare una mano per prenderla e un urlo di gioia le uscì dalla bocca.
La sua mano era tornata come prima! Velocemente toccò il primo oggetto che aveva davanti. Sentì chiaramente tutte le emozioni di Emilio aveva provato mentre era stato a telefono nel corso della giornata. Si era ricongiunta col suo potere familiare.
Non riusciva a crederci.
Si voltò verso Thorn. Anche lui era in piedi. La sua gamba era di nuovo lì. Le sue ferite, quelle che si era provocato nel Rovescio non c'erano più. Restavano solo le sue 56 cicatrici.
Sorridevano. Erano finalmente felici. Si abbracciarono. Si baciarono. Erano felici.
Dopo una quantità di tempo indefinibile, uscirono dal negozio, mano nella mano. Tornarono a casa.
Si amavano. E anche un po' di più.

Anche un po' di più. - L'Attraversaspecchi 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora