Oggi è l’ultima volta che ti vedo. Non posso sopportare oltre la tua presenza. Ogni cosa di te mi rivolta; i tuoi capelli unti e sporchi perché hai perso la voglia di lavarti ormai un mese fa, le tue gambe molli e segnate perché sei in grado solo di mangiare, di riempirti la bocca per non pensare al vuoto che hai dentro. Odio il tuo peregrinare senza scopo per la stanza, cercando un senso a quel dolore che ti preme sulle spalle e ti schiaccia ogni organo fino a farti desiderare di poter vomitare tutto quanto. Ma il dolore è lì, ancora e ancora per ricordarti ogni giorno chi sei e cosa hai fatto.
Oggi è l’ultima volta che ti vedo. Quando ti ho conosciuto io ti apprezzavo, in un certo modo ti rispettavo per come eri riuscita a scavare via la terra di cui ti avevano ricoperta per uscire e respirare di nuovo. Ti ho rispettato quando hai deciso di scappare di casa, quando hai tollerato per l’ultima volta la mano di tuo padre sul tuo corpo, quando non ce l’hai fatta più e hai chiuso tutta te stessa in una sacca da ginnastica. Quella sera ti ho forse amato per la prima volta. Quel sentimento così effimero e prezioso; avresti dovuto custodirlo, ma lo hai buttato via, gettandoti nelle braccia del primo uomo che ti avesse mostrato un po’ di gentilezza. Giovanni ha trovato pezzi di te e invece che rimetterli insieme li ha usati per costruire una versione di te che non ti appartiene, sempre gentile, sempre obbediente, sempre silenziosa. Hai dato tutto a Giovanni ma lui ha mai ricambiato? Ci hai pensato? Hai compreso solo troppo tardi che il suo amore non era come il mio, che ti avrebbe tagliato le viscere e rotto le ossa.
Ma non è per Giovanni che siamo arrivati a questo punto. Il suo contributo in questa storia, nonostante qualcuno possa argomentare il contrario, è stato minimo. Non è per lui che l’amore che provo per te si è spento, non è per lui che non riesco più a guardarti negli occhi. Non è per lui che ho coperto tutti gli specchi di casa. Anche il tuo riflesso mi disgusta.
Giovanni ti ha rubato quattro anni. Quattro anni di bugie, in cui mi hai nascosta nelle pieghe della tua mente per far uscire solo la versione di te che hai tirato a lucido e costruito per lui. Io non ho potuto fare altro che essere spettatrice della vostra relazione, dei vostri litigi e della continua lotta intestina che avveniva dentro di te. Quando sei rimasta incinta, Giovanni ti ha mentito, ti ha riempito di parole vuote; “l’affronteremo insieme” ha detto, “non sei sola” ha insistito, “sarai migliore di tua madre” ha concluso. E tu, tu ti sei fidata perché non avevi altro in mano se non la cieca volontà di credergli. Il primo mese lo hai passato reclusa in casa. Giovanni diceva di aver paura che tu potessi farti male. L’unico male reale per te era lui.
Oggi è l’ultima volta che ti vedo. Odio quella felpa che continui ad indossare perché ha il suo odore. Odio la casa in disordine e la tua incapacità di deciderti a pulire. Ci sono tante cose che odio di te ora. Del mio amore non è rimasto nulla, divorato dal peso di quello che hai fatto.
Era marzo, il 14, una data che ricordo con precisione, quando hai scoperto che Giovanni ti tradiva. Giovanni si scopava un'altra esattamente da un mese e mezzo. Lì mi hai finalmente capito, hai notato le incongruenze, hai visto oltre le sue bugie. Ho rivisto in te il coraggio che avevo ammirato tanti anni prima.
L’ hai buttato fuori di casa, hai distrutto quello che aveva lasciato, bruciato le sue foto e venduto la sua preziosissima chitarra. Sono stata così orgogliosa di te che ho pensato di poterti amare di nuovo.
Ma non ti bastava. Avevi bisogno di riprendere in mano la tua vita, di cancellare ogni traccia di lui dalla tua casa, dalla tua mente, dal tuo corpo. Quando sei entrata in ospedale ti ho implorato di non farlo, ti ho giurato che io sarei stata lì per te, che ti avrei amato di nuovo, che non era colpa sua. Nessuna delle mie preghiere è stata accolta. L’odio per Giovanni ti ha annebbiato, riempiendoti il cuore in modo tale da farti sentire viva per la prima volta dopo molto tempo. Il medico ti ha fatto le solite domande di routine e poi ha agito. In dieci minuti quel bambino per cui eri disposta ad essere madre, padre e amica è scomparso. È stato allora che ho smesso di amarti. Ho sentito tutto il peso di quella decisione su di me e odiandomi, ho odiato anche te.
Oggi è l’ultima volta che ti vedo. Ho scoperto gli specchi per un attimo. Nei miei occhi non c’è altro che sofferenza. Ho tolto la felpa e ho preso la lametta. Mi sono stesa nella vasca in bagno. Oggi tutto questo finisce. Io e te cessiamo di esistere, insieme nell’odio che ci ha portato qui.
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odio
Short StoryTrigger Warning: violenza "Odio il tuo peregrinare senza scopo per la stanza, cercando un senso a quel dolore che ti preme sulle spalle e ti schiaccia ogni organo fino a farti desiderare di poter vomitare tutto quanto. Ma il dolore è lì, ancora e an...