Marco ama. ama tantissimo, con tutto quanto il suo cuore di panna. marco si prende le ciocche di capelli in mano e le guarda sfiorire. sono nere, ma diventano presto grigie. si tocca le occhiaie e sono morbide come le viole di mamma in cucina. si tasta piano in mezzo alle gambe ma non trova niente. non trova un cazzo. si lecca il braccio e gli viene lo schifo, per quanto è salato. marco è già vecchio. marco ha sedici anni ma è vecchio, porca puttana. ha la pelle che si sfracella, le bricioline bianche sulle spalle, attorno alle labbra. la sua pelle è cemento secco e spaccato sotto il sole dell'autostrada bologna-taranto. metà luglio di un anno sconosciuto. modena grida aiuto ma lo fa con silenzio tonante. marco deve uscire, fare la spesa per nonna federica che si è di nuovo fratturata la caviglia. deve comprare i libri delle vacanze ma non ha i soldi. i suoi genitori ne hanno pochi pochi, quindi lui manco gliel'ha detto, dei libri.
"se mi sbrigo faccio anche 'sta cosa qua" dice tra sè e sè mentre gira nel minimarket. prende del tonno, gli spaghetti fini, il pan carrè, la farina di manitoba e il latte di soia e mandorle. la nonna mangia e beve solo cose profumate. alla cassa tamburella con le dita sul collo, si tocca le orecchie, sospira.
corre come un pazzo, corre corre e in tre minuti sta sotto casa di salvatore. il sole gli invade la faccia, gli squaglia le scarpe sulla strada e lo incolla lì, sotto il balcone. marco ha sempre la faccia da ebete, con quegli occhiali blu rettangolari e le polo rosse sbiadite. sembra ancora più stupido adesso. si tocca dappertutto. è pieno di tic. mentre bussa e aspetta che qualcuno gli apra, pensa di prendere il prossimo pullman e farsi lasciare proprio davanti l'autostrada. vuole farsi tanti chilometri a piedi fino a quando non muore. fino a quando non arriva da qualche parte con la testa che gli è scoppiata, gli occhi bucati. vuole arrivare a bologna. vuole andare al concerto di cremonini. vuole una bella limonata. cazzo, salvatore si è addormentato o si sta masturbando?
gli apre francesca, la sorella, che ha per marco un'attrazione malata ma farlo con lei non conviene, che è stata licenziata da poco e non gli darebbe un cazzo.
salvatore fa il meccanico, sta bene, non chiede niente ai genitori e si fa passare anche qualche sfizio. salvatore è buono e non lo schiaffeggia come fa la sorella. stupida malata stronza.
lei lo guarda mentre si gratta la pancia. ha i capelli sbiaditi e bruciacchiati per le troppe piastre.
"ciao, marcolino" gli dice con tono melenso.
"ciao, francesca" marco gli risponde e si aggiusta gli occhiali. gli occhi di francesca si accendono.
"salvo c'è?"
"sì, oggi è a casa. vai, marcolì" lo liquida e sbuffa. francesca è invidiosa e marco pensa che la vorrebbe solo morta sotto un treno.
salvatore è in mutande e se ne sta disteso sul letto con le lenzuola a stelle blu. lo guarda con pigrizia. ha un accenno di barbetta sotto il naso e sul mento. è bello, rozzo, meridionale e saporito. marco è pallido, non ha il talento dell'attrattiva. non ha la fluidità di un normale ragazzo di sedici anni. e porca puttana allora.
"ti servono i soldi?" chiede salvatore.
"no. io... devo solo comprare i libri"
"è giusto. devi studiare" gli dice salvatore. poi sospira. butta fuori un carico d'aria che sa di sigarette. si sporge a tirare fuori due pezzi da dieci dai jeans. i muscoli delle spalle si gonfiano mentre si muove. che bello che è, salvo.
"tieni. non serve che fai niente"
"no, io voglio ringraziare" sibila marco. si vergogna tanto. dannazione, è lui che deve ficcare la testa sotto un treno, non francesca.
salvatore scuote la testa e fa vergognare marco ancora di più. lo manda via con gentilezza e marco corre da quella casa con le lacrime giganti sulla maglietta.
si va a comprare i libri, fa le prime dieci pagine sulla panchina del parco, piange un po' e poi...
e poi?
ormai non gli frega molto. prende una serie di pullman col resto dei soldi e sono le sei quando arriva a versilia. c'è il mare che gli sorride stanco. è deserto, sembra un film. c'è il vento, qui. a modena non c'era una spiga di grano che desse l'aria di muoversi. l'aria. già. marco sorride. è al mare. il suo mare. il suo bellissimo mare blu. pianeta Mare.
si butta sulla spiaggia. prende a rotolare, a ridere, a battere i pugni e i piedi sulla sabbia. si mangia due fette di pancarrè del minimarket. a fanculo nonna federica. no, scherza. però a fanculo salvatore e la sua bellezza e i suoi soldi. a fanculo i libri delle vacanze.
già che c'è si siede per bene e fa altre venti pagine. poi butta il libro a mare. butta anche la spesa della nonna. si butta anche lui.
in mezzo alle onde, col sole bianco che lo guarda deluso, l'afa che fa l'amore col vento, le nuvole a forma di cuore...
marco capisce tutto.
capisce di non aver capito niente. mai. gli uomini. l'amore. la vita. i soldi. la sua stramaledetta miopia. il suo cuore che decide di spezzarsi sempre a mezzanotte, quando tutti dormono.
si stende sull'acqua, la accarezza e lei accarezza lui. si sente una spugna di dolore e vita.
resta a mare fino a sera, quando spunta la luna che non si vuole proprio perdere quello spettacolo.
"hei, luna! luna!!"
la luna gli manda un bacetto.
marco la prende in mano. è fresca, bianco panna. sembra la mamma.
gli viene da piangere.
sta andando al largo.
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bologna-taranto via diretta per il cuore
Nouvellesa sedici anni puoi anche prendere la luna in mano, ma resterà sempre difficile capire gli uomini. soprattutto se vivi sul pianeta Mare.