CAPITOLO 18

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Sono le dieci e un quarto.
Finalmente, siamo in spiaggia.
Solo io e lui.
Mano nella mano.

Prima di arrivare in questo piccolo angolo di paradiso, una spiaggetta privata, o meglio, abbandonata e dimenticata; abbiamo messo nello zaino: un paio di teli da mare e qualcosa da mangiare nel caso decidessimo di far tardi e ci venisse fame.
Abbiamo trovato questo posticino per caso.
Evidentemente nessuno si ricorda di questo fazzolettino di sabbia affianco alla scogliera, infatti non ci sono né segni di falò né di spazzatura.
Un fantastico luogo calmo e appartato. Nascosto tra scogli e una fitta boscaglia, che lo divide dalla caotica città.

"Non avrei mai pensato che la prof ti avrebbe esonerato dall'uscita di oggi" gli dico, cercando il suo sguardo.
"Nemmeno io, ma penso abbia capito che a nessuno dei due frega nulla di andare a visitare piazze, chiese o altro.." dice guardandomi negli occhi e ammiccando.

Stendiamo i teli sulla sabbia e ci sdraiamo, in modo da poterci guardare in viso.
Parlavamo del più e del meno, e finalmente gli riferisco quello che Yuri mi aveva detto.
Ovverosia, del negozio delle 'maglie fighe'.
"Ci andremo più tardi, prima di reiterare a casa" risponde lui sbuffando.

Rimaniamo molto cosí, fino a quando, di punto in bianco, mi alzo e mi avvicino alla riva.
Sento gli occhi di Matteo puntati su di me. "Ma che fai?" mi chiede, non concludendo la frase iniziata precedentemente.
Non rispondo.
Mi chino a toccare l'acqua, è gelida, come pensavo. Siamo a fine aprile, la temperatura è calda, ma l'acqua per niente.
A quel contatto un brivido mi percorre la schiena e mi ricopro di pelle d'oca.
Torno da lui correndo, alzando una nuova di sabbia alle mie spalle.
Mi sdraio battendo i denti.
"Stai gelando, vieni qui" mi dice aprendo le braccia.
Incastro la testa nell'incavo del suo collo e inspiro il suo profumo.
Mi cinge in un caldo abbraccio e sento di stare già meglio.
Mi mancava il suo calore, quel calore che mi scaldava di notte, a Roma.
Lo stringo ancora più forte, elimino ogni spazio tra me e lui, diventiamo un tutt'uno.
"Mi mancavi" dico semplicemente.
Non vedo il suo viso, ma sono certa che sta sorridendo.
"Ti amo" mi dice, spondandosi e lasciandomi un dolce bacio sulle braccia.
Non voglio lasciarlo, quindi lo bacio a mia volta, incastrando le nostre lingue in una rincorsa continua; fino a rimanere senza fiato.
Ansimando, mi faccio coraggio, lo spingo leggermente in modo che sia sdraiato supino, e mi metto a cavalcioni su di lui.
"Che stai fa.." non finisce la frase, non ci riesce, dato che gli ho tappato la bocca, baciandolo.
Con le mani gioco con i suoi meravigliosi capelli, mentre le sue, sono poggiate sui miei fianchi.
Lentamente, comincio a muovermi avanti e indietro, sfregandomi su di lui.
Fino a quando, un movimento, sotto il mio fondoschiena, mi da la conferma, che il mio obbiettivo è stato raggiunto.
Poggio il palmo della mano sulla sua erenzione, provocandogli un gemito.
"Ilary"riesce a dire, appena, tra un bacio e l'altro.
Mi blocco e lo guardo negli occhi.
"Sono pronta" dico.
Il suo sguardo si illumina e, con un movimento rapido, mi trovo sdraiata sul telo.
Mi lascia una scia di baci sul collo, fino ad arrivare alle labbra.
Mentre lui cerca velocemente un preservativo nello zaino, io comincio ad armeggiare con la cerniera dei suoi skinny, immancabilmente neri.
Appena lo trova, strappa la confezione con i denti e lo infila.
"Questa volta ti è andata meglio" dico ridendo.
Mi guarda negli occhi e sorride.
Uno dei suoi sorrisi migliori, spontanei, quei sorrisi che amo.

Senza perdere un secondo, mi sfila pantaloni e mutadine e, prima di entrare in me; eliminando effettivamente ogni tipo di distanza tra di noi, si ferma a pochi centimetri dal mio naso e sussurra: "dimmi se fa troppo male".
Ho la mente offuscata dalle idee, e alle sue parole non riesco a dare una risposta, quindi, mi limito a fare un cenno con la testa.

Conto fino a tre e...lui è dentro di me.
Mi blocco, come se fossi congelata.
Delle scosse di dolore si propagano ovunque, nel mio corpo.
E, di istinto, strizzo gli occhi.
Comincia lentamente a muoversi, fino a prendere un ritmo costante.
Il dolore diventa piacere, mio e suo.
Fino a che, tra un gemito e l'altro, arriviamo entrambi all'orgasmo.

Ci ricomponiamo in qualche modo e ci sdraiamo, di nuovo, l'uno al fianco dell'altra, abbracciati.
Lentamente cadiamo nel sonno.

Apro gli occhi, Matt si sta muovendo troppo, e mi ha svegliata.
Guardo l'ora sul telefono, sono le due e mezza.
Wow, abbiamo dormito un bel po'.
Sveglio il mio amore che, come un bambino risponde: "ancora cinque minuti, dai" quasi supplicando.
"Matt, sono le due e mezza, pranziamo?" gli chiedo ugualmente, ignorando le sue suppliche.
Si stiracchia e apre gli occhi, "ci sono i panini nello zaino" dice tirandosi a sedere.
"Ehm.." dico rovesciando lo zaino, per far uscire tutta la sabbia al suo interno "non mi sembra una buona idea" dico ridendo.
"Pizza o giapponese?" mi chiede alzandosi e iniziando a piegare un telo.
"È un trabocchetto?" chiedo sorridendo.
"Si. Quindi, che giapponese sia" risponde tendendomi la mano per farmi alzare. Proprio come quella volta scuola, il suo primo giorno, quando ci siamo scontrati in corridoio.
Sorrido all'idea.
Questo particolare mi ricorda troppo "Il mondo di Patty".

"Forza andiamo, Matthias" dico con accento spagnolo.

PUPAZZETTI ❤
ecco il diciottesimo capitolo
Finalmente hanno, come dire... copulato
Mhmh siii
Se questo capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina⭐ e un commento
Condividete la storia se vi va❤
E al prossimo capitolo, bye.❤

CANZONE RANDOM: CHOCOLATE -THE 1975
su soundcloud non trovo quella originale.-.
Quindi metto un link dal tubo.

~If you can dream it, you can do it.~||CrookidsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora