§ 0. Prologo §

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«Tu il mio orgoglio che può aspettare 

 E anche quando c'è più dolore 

 Non trovo un rimpianto Non riesco ad arrendermi 

 A tutti i miei sbagli Sei tutti i miei sbagli» 

 (Subsonica, Tutti i miei sbagli)  


*


Friburgo, agosto 2021 


Caspar Von Lendermann rigirava la sigaretta tra l'indice il medio, lo sguardo perso fra le pagine di un quotidiano fresco di stampa. L'aria fresca del primo mattino era ancora più piacevole all'ombra dei tigli che fiancheggiavano i tavolini disposti lungo il marciapiede. Gli si prospettava un'intensa giornata di studio, e una sana colazione nel suo bar preferito era un ottimo modo per cominciarla. Un fruscio di passi distolse il giovane dalla lettura. Un lieve solco gli si disegnò tra le sopracciglia nel momento in cui riconobbe la ragazza bionda che si era fermata accanto a lui.

 «Ciao, Barbara. Ti credevo in ferie.» 

 «Sono tornata l'altro ieri e devo rimettermi in pari con l'esame di paleografia. Tu, invece, niente vacanze come al solito?» 

 «Diciamo che ho preferito portarmi avanti con la tesi di dottorato. Immagino che tu non abbia ancora fatto colazione.» «Ci ho già pensato, grazie. Però ti faccio compagnia volentieri.» 

L'altra si sedette davanti a lui. Caspar le rivolse un lieve sorriso. La compagnia di Barbara non gli dispiaceva affatto. Erano entrambi due tipi silenziosi, e questo bastava per andare d'accordo. Per quanto fosse uno dei migliori studenti del suo corso, lei era l'unica che il giovane reputasse un'amica a tutti gli effetti. Era tanto bravo a narrare i più arcani segreti nascosti dietro i dipinti di Caravaggio quanto un disastro nelle relazioni umane, doveva ammetterlo. 

 La vibrazione del cellulare all'interno della tasca dei jeans interruppe l'atmosfera prima ancora che arrivassero le brioche. Caspar aggrottò le sopracciglia e recuperò l'apparecchio. Era strano che lo chiamassero, specie la mattina così presto. I suoi occhi si sgranarono per la sorpresa non appena visualizzò il numero che lampeggiava sul display, così vivido che era impossibile pensare che si trattasse di un sogno. 

 «Che succede? Sembra quasi che tu abbia appena visto un fantasma.» 

 Barbara ridacchiò. Ma Caspar non la stava ascoltando. Corse via senza nemmeno recuperare il portatile da sotto il tavolo, fino a raggiungere il parco poco distante. Il cuore era sul punto di esplodere mentre il verde degli alberi si mescolava con lo splendore dei travertini e il profumo degli aranci in autunno, incubi da un passato che aveva cercato in tutti i modi di seppellire e che alla fine era tornato a prenderlo. Premette il tasto verde con un dito tremante e si portò il cellulare all'orecchio, terrorizzato a morte. 

 «Ciao, Caspar.» 

 Quella voce, la sua voce, sembrò arrivare come da un'altra dimensione. Il ragazzo avvertì il mondo fermarsi e ripartire, le illusioni crollare. Stava succedendo davvero, alla fine. 

 «Alice, sei tu?» 


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