Una volta tornato, Aaron si affrettò a telefonare a sua madre. Erano tre anni che non si sentivano e temeva che lo avrebbe respinto – se lo sarebbe meritato, pensava.
Invece no.
«Mi fa così tanto piacere vederti. Mi sei mancato.» gli faceva una strana impressione essere seduto al tavolo della cucina, come se gli ultimi quattro anni non fossero mai passati. Erano trascorsi tre giorni da quando aveva l'aveva chiamata e ora era lì, a vederla preparare del tè e offrirgli pasticcini come faceva quando lui aveva dieci anni e prendeva un brutto voto a scuola – lei non era affatto una che puniva, era anzi sempre stata molto accondiscendente, forse troppo pensava Aaron. Ma era sinceramente felice di essere tornato.
«Anche a me. Mi dispiace essere sparito, non essermi più fatto sentire io—stavo attraversando un brutto periodo...so che non è una giustificazione, ma—»
«Tesoro, non devi incolparti di tutto. La colpa è anche mia. Quando non sei venuto a trovare tuo padre, mi sono arrabbiata moltissimo, mi sono sentita tradita e ti ho voltato le spalle. Come madre, ho la gravissima colpa di aver voltato le spalle a mio figlio, quando era anche lui nel momento del bisogno. Tuo padre ci ha lasciati troppo presto. Avrei dovuto chiamarti tanto tempo fa.» Aaron aveva gli occhi lucidi, gli pareva surreale che stesse riaggiustando tassello dopo tassello della sua miserabile esistenza. «Ma dimmi, raccontami bene come ti vanno le cose.»
«Vanno.» sospirò, avrebbe voluto raccontarle di Cher, della sua speciale terapia, ma temeva fosse preso per pazzo, «ho trovato lavoro in una redazione, sono un po' un tutto fare sai: porto caffè, correggo bozze, faccio fotocopie, però mi piace.» sua madre gli sorrise, aspettando che continuasse. «Ho anche rivisto Zayn, ogni tanto ci troviamo dopo il lavoro...e basta, niente di entusiasmante, come vedi. Però va bene così, non avevo questa stabilità da molto tempo.»
Dopo un minuto di silenzio, sua madre disse: «Ogni tanto sento Evelyn, volevo che lo sapessi.» Aaron sussultò, era come se quelle parole fossero nell'aria e stessero aspettando di uscire, ma comunque non se lo aspettava. Non credeva che Evelyn avesse mantenuto i contatti con la sua famiglia, dopo quello che lui aveva fatto. L'aveva abbandonata! Ancora non riusciva a perdonarselo, ma ancora per qualche ragione non riusciva ad andare da lei. «Non essere arrabbiato,» aggiunse di fronte al suo silenzio, «a volte le do una mano con Jessie, quando i suoi genitori non possono tenerla. Dovresti vedere che bambina adorabile sta diventando, è molto intelligente, sai.» Jessie, la sua bambina. Quel fagottino a cui si rifiutava di pensare se non voleva essere assalito dalla tristezza e dai suoi sensi di colpa. Che bastardo che era, si diceva, così codardo, scappare dalle proprie responsabilità.
«S—stanno bene?»
«Sì, e sappi che non è troppo tardi per tornare indietro, se vuoi farlo.»
«Mamma senti—»
«No, ascoltami tu. Hai fatto i tuoi sbagli, come tutti noi, ma sei ancora giovane e ci sono una bambina e una giovane donna che potrebbero tornare ad avere fiducia in te, se gliene dai la possibilità, se dimostri loro che si possono fidare. Se non ami più Evelyn, fallo almeno per Jessie.» Aaron annuì e continuò a bere silenziosamente il suo tè. Avrebbe voluto parlare con Cher, chiederle consiglio, lei che sapeva sempre cosa dire e cosa fare. Ci avrebbe pensato, pensato seriamente e forse alla fine, sarebbe tornato anche da loro, così come era tornato da se stesso.
I quattro mesi successivi trascorsero tra la redazione, salti nel passato, qualche cena con sua madre, salti nel passato, qualche incontro con Zayn e altri suoi amici di vecchia data e ancora, salti nel passato.
Tornò a quella volta che aveva rotto la vetrina di un negozio e i suoi genitori avevano dovuto pagare tutti i danni, tornò a quando aveva umiliato sua sorella davanti a tutta la scuola solo perché era fatto e non stava pensando lucidamente ed era tornato a quando si era fatto licenziare dal primo lavoro perché era continuamente in ritardo e non ne combinava mai una giusta. Era tornato indietro nel tempo così tante volte che aveva perso il conto e ogni volta ritornava con qualche lezione imparata e qualche rimpianto in meno. Gli mancava solo un'ultima tappa e poi aveva spuntato ogni punto della sua lista scritta qualche mese prima: Evelyn e Jessie.
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(Don't) tell me if I'm dying
Teen FictionAaron Knight sente che la sua vita è un fallimento, per questo decide di suicidarsi. E' sul tetto di un alto palazzo e sta per compiere il passo che lo porterà alla morte, quando lo ferma una strana ragazza in abito nero, che parla per aforismi di n...