𝐗𝐋𝐕𝐈

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Perugia, Italia

Kyle possiede una sofferta nuova identità. Se solo John sapesse quanto ha sacrificato pur di averla, smetterebbe anche solo di cercare di contattarlo. O almeno questo ha pensato l'ex detective di New York, prima di sapere cosa spingesse Woodroof a tanta insistenza.

"La figlia?" ha domandato a Francesco Sabatini, su una linea sicura. Se la si mette in quei termini, Kyle comprende senza fatica il motivo della sua disperazione. È arrivato al limite di sopportazione, il killer sta giocando con lui e probabilmente è solo all'inizio. Sarà sempre peggio d'ora in poi. Kyle lo sa bene, lo conosce abbastanza ormai da scommettere sulle sue prossime mosse.

Scuote il capo, solleva gli occhi al cielo e si passa una mano sul volto. Il biondo si appoggia al banco della cucina, mentre sposta il telefono da un orecchio all'altro e sospira. "È tipico di Dallas sfidare l'autorità." Può quasi sentire Francesco annuire dall'altra parte del mondo. Sono tutti così stanchi di salvargli il culo, che Kyle non capisce perché diamine siano ancora dalla sua parte e non l'abbiano sbattuto in cella una volta per tutte. "Dovete fermarlo." Tenta vanamente di convincere l'italiano in ascolto.

"Sai che non lo faremo. Lo proteggeremo sempre, per Vasilisa non per altro. L'ha voluto lei in famiglia."

Kyle è immerso fino al collo. Sa tutto del Paradise, sa di Vasilisa, sa di Dallas e Matthew, di tutti gli omicidi. Ma è cambiato così tanto nell'ultimo anno.*

"Se sapesse cosa sta combinando da quando se n'è andata, dubito che vorrebbe proteggerlo." Prosegue Kyle, facendo pressione sulla ragione di Francesco. E in parte funziona; dalla voce dell'uomo si sente chiaramente quanto sia d'accordo con quelle parole, eppure rimane razionale e dedito ai suoi doveri.
"Lo penso anch'io." Afferma con un sospiro. "Ma non potremo avere sue conferme da Tokyo, quindi agiremo come abbiamo sempre fatto."

Non c'è modo di fargli cambiare idea, di manipolare la sua scelta. È sempre stato un uomo fermo, calmo e pacato. Forse è proprio quella la parte più temibile di lui e forse è proprio questo a convincere Kyle a lasciar perdere. Ad ogni modo, però, qualcosa ha mosso la coscienza di Francesco per portarlo a far da tramite e chiamarlo. Dunque Kyle glielo fa notare. "Mi hai contattato." Dice con tono dubbioso. Perché farlo, se non vuole incarcerare Dallas?

Quello che a oggi è a capo del Paradise e dell'organizzazione che lo abita, riflette solo un istante prima di aprir bocca. Sa bene la motivazione che lo spinge a chiedere il suo aiuto, o meglio sarebbe dire che lo spinge ad assecondare uno sbirro. Kyle non è sorpreso dal ragionamento che gli propone. "Credo sia giusto dare a Woodroof almeno la chance di ritrovare sua figlia, viva o morta che sia. Ormai posso dire di fidarmi di te, Kyle. Se vorrai dare una mano al detective credo sia giusto che tu lo faccia, ma non dovrai rivelare troppe informazioni. O proteggi entrambi, sia lui che la vittima, o torni ai tuoi affari. La scelta spetta a te."

E quella richiesta specifica mette dubbi in Kyle che durano settimane. Sulle prime decide di rifiutare e lo fa dando a John una prova della sua esistenza, in modo che non tentasse più di contattarlo. Spedisce una lettera al detective, lo fa tramite la Molniya, più precisamente tramite la mano di Lia, una delle donne interne all'organizzazione. Lei sarebbe stata convincente, conoscendola. O almeno avrebbe tolto dalla bocca del cowboy il nome pericoloso di Jeremiah e lo avrebbe fatto concentrare sulla letale mora a cui avrebbe affidato il compito. Se c'è una cosa su cui non ha dubbi è proprio l'abilità impressionante di Lia di attirare l'attenzione.

*La storia di Kyle Snyder viene approfondita nel racconto "Il quinto girone". Per avere una visione più ampia dell'accaduto, consiglio la lettura.

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