A ruota libera

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"Ti va di fare un giro sulla ruota panoramica?"

Marta e Luna avevano appena finito di cenare.
Le loro dita profumavano ancora di alette di pollo al curry, jalapeños al formaggio e milkshake alla vaniglia.

Marta arricciò la bocca, dubbiosa. Non amava né le grandi altezze né la sensazione di non avere i piedi ben ancorati al terreno, ragion per cui anche l'acqua alta era una sua ostile nemica.
L'indole timorosa e insicura che aveva suo malgrado ereditato dal ramo femminile della famiglia trovava conforto solo nel ferreo controllo di situazioni ed emozioni. Figuriamoci pertanto se l'idea di salire su un marchingegno che si librava a mezz'aria, per giunta ruotando, potesse attirarla.
Guardò Luna, i suoi capelli rasati sulla nuca e i ricci che le ricadevano sulla fronte.

"Se proprio ci tieni...", tentennò, stringendole la mano. Il freddo metallo della chiave di violino sull'anulare di Luna era acqua gelata sulla sua pelle accaldata.

Era da almeno due settimane che l'estate stava prematuramente dando sfoggio di sé: si pavoneggiava nel profumo dei gelsomini notturni, negli spritz serviti ininterrottamente nei bar, nei sospiri d'inchiostro degli studenti universitari.
Soprattutto, però, stava maturando oltre il cotone della t-shirt di Luna, la scollatura rotonda del vestito di Marta, nelle profondità dei ventricoli dei loro cuori di pesca.

"Dai, è presto e poi è in pieno stile luna park americano, dobbiamo salirci!", la incalzò Luna, accendendo l'ennesima sigaretta della giornata seguita da una caramella alla menta. Marta si chiedeva come facesse a mischiare quei due sapori così contrastanti e a non rimanerne disgustata. A Marta piaceva che i sapori di ciò che gustava- il tabacco, il caffè, il cioccolato- le galleggiassero per un po' sulle papille gustative. Per Luna non era così: ogni desiderio teneva per la coda l'altro, ogni impulso andava seguito in virtù del vivere qui ed ora e ogni treno da prendere, che tanto al massimo sarebbe scesa alla stazione successiva.
Poi, coi piedi che suonavano sulla ghiaia, si fermò a pensare a quanto fosse cambiata in neanche un mese: aveva smesso di preoccuparsi della quantità di cibo che mangiava, della sfumatura d'amore di cui aveva sporche le mani, della paranoide convinzione di star bene solo coi piedi ben piantati per terra e le redini di sogni e rabbia strette tra i denti.

"Ma tu non soffrivi di vertigini?", tentò Marta, giocherellando con il gettone rosso che le saltellava tra le mani. Alzò appena gli occhi, come se i raggi della giostra che la sovrastava potessero annusare la sua paura e aggredirla come animali selvatici.
Si era arresa da tempo- forse da tutta una vita?-  ad emozioni discrete, sorrisi nascosti dalle falangi, insicurezze rannicchiate tra le scapole che avevano appesantito i suoi tentativi di volo verso gabbiani e tempeste, verso rondini e nuove scoperte.

"Sì, ma bisogna affrontare le proprie paure", ammiccò Luna e, senza troppi complimenti, gettò la cicca a terra per sedersi su una carrozza barcollante, fattore che acuì l'ansia di Marta.

La ruota cominciò a girare, le persone a confondersi le une con le altre, a splendere di adrenalina Luna, a palpitare di ansia Marta.

"Non mi piace. Non mi piace per niente".
"No?".
"No".
"Guarda me".

Marta obbedì. Permise, ancora volta, che gli occhi di Luna diventassero pietre focaie per braci quiescenti, grida rivoluzionarie in piazze deserte, lame che tagliano di netto le funi di una mongolfiera e le rivelano di non essere stata creata per sostare in mezzo a prati deserti ma per librarsi leggera oltre le valli, oltre i rumori, oltre i timori, dimentica dei contrappesi che tanto ne hanno ostacolato il volo.

"Va meglio?", domandò Luna, mentre il profumo della sua cera per capelli arrivò dritto alle narici di Marta, mescolato a quello della salsedine e dello zucchero filato.
Un sorriso di tremolante sollievo le rilassò il volto e la voce le tornò nelle corde vocali.

"Sì, va meglio", e andava meglio davvero. La ruota panoramica girava su se stessa senza fretta, lasciando ai passeggeri il tempo di abituarsi all'aumentare dell'altezza. Arrivata a metà giro si fermò, facendo sobbalzare la carozza di Luna e Marta, che risero con un superficiale cenno di nervosismo.

Si guardarono. Le palpebre di Luna sbattevano più lentamente del solito quando stava per baciarla.
Marta le sfiorò il piccolo neo sulla tempia sinistra, l'osso della mandibola e, nella strada verso la sua nuca, lasciò una delicata carezza sulla nuvola carica di pioggia disegnata sul suo collo.

Tenera carne fu su tenera carne. Marta non si trovava più seduta sulla ruota panoramica di Terrazza Mascagni ma era in piedi, dentro il cestello di una piccola mongolfiera bianca, libera nel cielo stellato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 09, 2022 ⏰

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