PARTE 3: VICINE

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La mia vita scolastica proseguí più o meno uguale fino all'ultimo anno. 

Stessa cosa in casa. Constance non cambiò di una virgola i suoi metodi. Pensavo che col passare degli anni si sarebbe decisa a ridurre la frequenza delle punizioni, invece restava ferma nell'impartire la sua ferrea disciplina. Non cambió nemmeno il mio modo di camminare a testa bassa nel portone e nelle scale del palazzo, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno. Constance mi ci fece fare una tale brutta figura che non avrei mai più potuto rivolgere la parola a chiunque in quel condominio.

Una sera, tanto per cambiare, fui sculacciata a lungo per essere rincasata tardi a causa della mancata corsa di un autobus. Era passata mezzanotte, pregai la mia matrigna di punirmi il giorno dopo, ma non volle sapere ragioni e dopo avermi dato due ceffoni mi mise sulle sue ginocchia dove passai un quarto d'ora di fuoco. Cercai di non piangere o urlare troppo forte, perché a quell'ora si sarebbe sentito anche nel palazzo a fianco.

Il giorno dopo, infatti, mentre reincasavamo incontrammo nell'atrio la vicina. Era insieme a due altre signore, una sapevo abitasse qualche piano più su, l'altra era la proprietaria del bar in fondo alla strada. Nemmeno a dirlo quando entrammo, Constance si fermò a salutarle.

"Buon pomeriggio, signore care".

"Buon pomeriggio, Constance". La salutarono le tre donne quasi in coro.

La vicina, Elena, poi mi si rivolse.

"Mia cara ragazza, ormai non sei grandicella per prendere ancora tutte quelle sculacciate?".

Le due amiche ridacchiarono a quelle parole. Io arrosii vistosamente.

" Ieri notte vi si è sentite fino all'ultimo piano". Concluse.

"Davvero prendi ancora sculacciate?".Chiese la barista divertita.

"Oh sì e molto spesso". Si affrettò a rispondere Elena.

Ero paonazza, fissavo il pavimento.

Constance rincarò la dose.

"Giá, questa signorina ha bisogno di costante disciplina, nonostante sia già grandicella".

"Giusto. Queste ragazzine pensano di essere grandi e di sapere tutto a quest'etá, ma finché vivono sotto ai nostri tetti devono rigare dritto". Disse l'altra vicina di casa che fino ad allora aveva seguito divertita la conversazione.

Io ero imbarazzatissima. Elena continuava a raccontare delle mie sculacciate alle amiche e di come dal suo salotto si sentisse tutto.

"Da casa mia sembra di averli in stanza".
"Dovreste sentire che schiocchi".
"Alla sera ormai è come una puntata di soap opera".

Constance ad ogni frase della vicina si prodigava a dare spiegazioni e motivazioni… non riuscivo più a sopportare questa umiliazione.

"Ora basta, cazzo! Sono cose private!". Sbottai furiosa.

Scese il silenzio.

Constance si voltò verso di me con espressione a metà tra lo stupefatto e l'inorrodito.

"Federica. Ti sembra questo il modo?".

Poi si rivolse alle tre donne.

"Scusate, ma questa signorina pare abbia bisogno di un po' di disciplina".

"Cos…" Ebbi solo il tempo di aprire bocca prima di essere presa per un braccio da Constance e trascinata verso l'ascensore.

"Visto? Saliamo da me così vi offro un caffè e vi rendete conto che non racconto bugie". Queste le parole di Elena che riuscii a sentire prima di esser trascinata nell'ascensore.

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