Prologo.

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Il tempo ci sembra così oggettivo, preciso, e sono rare le volte in cui ci accorgiamo di quanto è singolare, relativo. Se mettessimo dieci giudici a calcolare il tempo che impiega un atleta a correre un chilometro, probabilmente nessuno otterrebbe lo stesso risultato: uno di loro avrà fermato il cronometro quando si sarà accorto che un piede dell'atleta era sulla linea di arrivo, un altro l'avrà fermato dopo che entrambi i piedi l'avevano superata, o ancora qualcun altro avrà fermato il conto ancor prima che l'atleta la toccasse poiché troppo concentrato sul suo compito di premere il pulsante dello stop. Non si parla di bravura, ma di riflessi e percezione. La verità è che il tempo è diverso per ognuno di noi e la sua percezione può cambiare più volte anche nel corso della stessa giornata. Ventiquattro ore non dureranno mai ugualmente per tutti poiché a qualcuno sembrerà di non aver avuto tempo per far niente e ad altri invece sembrerà di averne avuto troppo.

Lo scorrere dei mesi, e poi degli anni, è inesorabile, non si può fermare o rallentare. Per quanto sia difficile a volte da accettare, è qualcosa che dovremmo imprimere nella memoria per ricordarci di andare avanti e non rimanere fermi nel passato; ne andrebbe di mezzo la nostra capacità di apprezzare la vita. Eppur succede di chiedersi come sarebbe stata ad oggi la nostra persona e ciò che la circonda se avessimo fatto scelte diverse, se avessimo potuto provare ogni percorso, se non avessimo deciso di dire quello che abbiamo detto. Esiste un destino per cui siamo predisposti ad arrivare sempre al punto in cui siamo o siamo noi che ci siamo creati la strada passo dopo passo?

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