Evan girava per la casa, irrequieto. L'ennesima notte in cui combatteva con l'insonnia e i sonniferi gli resistevano, non ce la faceva più. Nervoso, si riempì un bicchiere d'acqua dal rubinetto e lo bevve tutto d'un sorso, imprecando contro religioni in cui non credeva. A passi veloci, tastò ogni centimetro della casa in poco tempo; se lo facesse per sfinirsi o per non pensare non l'aveva mai capito. Odiava quei momenti, avrebbe solo voluto dormire ma il suo cervello gli impediva di farlo e sistematicamente faceva scorrere come sfondo ai suoi pensieri tutte le azioni che aveva fatto e di cui aveva rimpianti o, addirittura, quello che rimpiangeva di non aver fatto. A qualsiasi cosa pensasse, riusciva a trovare un problema, qualcosa di sbagliato che avesse bisogno di essere cambiato.
Si affacciò alla finestra, sperando di trovare qualcuno che come lui non riusciva a dormire, e rimase gradevolmente sorpreso nel vedere quante luci erano ancora accese nelle case del vicinato. Riuscì addirittura a sorridere di fronte a quella visione, ma tutto durò poco. Sapeva che gli altri non avevano da preoccuparsi delle cose che preoccupavano lui e si rendeva conto che, se erano svegli alle due del mattino, era solo per una loro scelta o abitudine e non perché costretti ad esserlo. Il pensiero lo fece sbuffare, corse a riempirsi un altro bicchiere d'acqua e lo buttò di nuovo giù tutto d'un sorso, per poi sbattere quel fragile pezzo di vetro con forza sul piano freddo di marmo della cucina. Quasi non si rese conto di quello che stava facendo e appena ritornò in sé tirò un forte sospiro di sollievo, tranquillizzato dal fatto che il bicchiere non si fosse rotto. La privazione del sonno stava giocando brutti scherzi alle sue facoltà mentali. Nei periodi in cui rimaneva sveglio per giorni, senza mai neanche fare un pisolino, capitava che gli sembrasse di sentire rumori provenienti dalle tubature, quindi si affrettava a riparare il danno –inesistente- per poi rendersi conto dopo pochi minuti di non avere la minima idea di quello che avesse intenzione di fare. Evan conosceva bene gli effetti psicologici più gravi dei lunghi periodi di insonnia che viveva: perdita di memoria, sbalzi d'umore, aggressività, allucinazioni e manie. Ogni volta che una nuova problematica si manifestava, egli dubitava sempre più severamente della sua sanità mentale. Spesso si chiedeva se il suo cervello non si fosse autosabotato e lo avesse fatto diventare un pazzo da rinchiudere in un manicomio.
In un attimo di tranquillità decise che sarebbe stato meglio rinfrescarsi il volto, mettersi a letto ed aspettare che l'azione soporifera dei sedativi facesse effetto, allora si diresse verso il bagno barcollando ed aggrappandosi al muro per non cadere. Accese la luce subito dopo essere entrato e, appena l'ambiente fu illuminato, si ritrovò di fronte al proprio riflesso che quasi non riconosceva. I capelli corvino contrastavano con il volto pallido e gonfio e le labbra rosee con sfumature di color pesca, le occhiaie viola incorniciavano gli occhi nocciola venati di sangue; lo scollo a V della maglietta del pigiama lasciava intravedere delle clavicole appena accennate. Ogni minuto in cui rimaneva sveglio pesava sulla sua immagine come se fosse appena uscito da una rissa. Non era mai stato una persona vanitosa seppur fosse un bel ragazzo, gli specchi non gli erano mai sembrati una cosa importante fino a quel momento. Nel vedersi pensò a quanto si facesse schifo in quello stato e, per dar fine a quella pietosa visione, iniziò a far scorrere l'acqua dal rubinetto e lasciò cadere la testa sotto il getto, sperando che questo potesse lavar via anche quell'aspetto orribile che aveva. Lì, ad occhi chiusi, iniziò a pensare con rinnovato sconforto alle cose che l'avevano fatto diventare la persona che era. Il suo era sempre stato un pensiero nostalgico, drammatico, quasi catastrofico, per cui ogni volta che si fermava a ricordare eventi infantili o fanciulleschi non poteva far a meno di percepire una forte mancanza e di sentirsi incompleto, a volte sbagliato. Spesso pensava a quanto avrebbe voluto rimandare le lancette indietro per cambiare ciò che era andato storto nella sua vita, sperando che questo bastasse per non farlo arrivare al punto in cui era in quel momento.
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Start Again.
General FictionIl tempo ci sembra così oggettivo, preciso, e sono rare le volte in cui ci accorgiamo di quanto è singolare, relativo. [...] La verità è che il tempo è diverso per ognuno di noi e la sua percezione può cambiare più volte anche nel corso della stessa...