12 gennaio
ore 20:45 secondo l'isola della pioggia
Oggi c'era una giornata di sole, che col suo calore ha spazzato le settimane di pioggia...Questa palla luminosa qui è quasi sempre nascosta, ogni tanto si scorge tra le nuvole, ma è solo un attimo prima che lo coprono di nuovo. Quello che mi piace è che questo nascondino continuo, a volte ti regala tramonti mozzafiato.
Comunque oggi il tramonto me lo sono perso in cambio di una cotoletta di tacchino saltata in padella coi funghi. Avevo troppa fame. La soddisfazione di scegliere cosa mangiare e come, non so esattamente come definirla. Mi è sempre piaciuto condividere i pasti. In famiglia erano il momento più importante quando ero piccola. Un momento per stare insieme, condividere, vedersi e parlare. E' così che si tiene unita la famiglia. O almeno è quello che ti insegnano. Eppure dipende dalle famiglie. Ma nella mia cultura familiare è così. Penso a quelle famiglie che hanno una passione in comune, si incontrano per uno sport o per vedere un film.
Mi sono convinta che forzare le relazioni è come forzare i pasti, obbligare le persone a mangiare per forza tutte insieme e allo stesso orario, ogni tanto va bene, ma ogni giorno proprio forse no.
Mi manca condividere la cena ogni sera con i miei genitori e i miei fratelli..? Sì e no, no e sì. Persone che si siedono a tavola ogni giorno per mangiare tutti la stessa cosa, cinque persone che arrivano a un compromesso coi propri gusti per condividere un pasto o forse no, non tutti sono disposti a cedere.
Oggi ho nostalgia. Ma non quella che si prova quando ti manca la casa in cui sei cresciuta. E' qualcosa d'altro. Ho nostalgia di un amore sano, di qualcuno che mi ami come io lo amo, qualcuno che mi tenga per mano o che mi abbracci forte, qualcuno con cui mangiare il gelato, che mi racconti i suoi sogni o semplicemente la sua giornata, o con cui condividere una passione. Qualcuno con cui avere una connessione speciale rispetto alle altre. Eppure non l'ho ancora trovata questa persona. In realtà quest'anno, oltre alla profonda depressione che mi ha seguito a tratti, ho anche trovato il tempo di uscire a vari appuntamenti. Ogni volta mi sentivo così distante. Quando vengo a sapere che qualche mia amica si fidanza, sono sempre super felice per lei, ma poi mi chiedo quando sarà il mio turno. A volte faccio così tanta fatica a connettermi con le persone. So già che se non so cosa dire o continuo a parlare poco anche dopo il terzo appuntamento, allora vuol dire che è meglio lasciar stare. Sono una persona timida e riservata, ma quando sono a mio agio, parlo. E se sono davvero a mio agio so che posso parlare quanto voglio e stare in silenzio quanto voglio.
"Low low, ah man, rolling up, trying me, looking good
Rockin' that white hoodie with the ponytail Girl,
I'm wishin' I could read your mind, yeah
read your mind yeah"
( song Low low by Ten, yangyang)
Anche io a volte vorrei che la gente mi leggesse nella mente, o almeno provasse a vedere quanto in realtà mi preoccupo e ci provo. Una volta ho letto che non si dovrebbe provare tristezza, se non si è riusciti ad ottenere ciò che si voleva, perché forse in quel momento abbiamo semplicemente dato tutto quello che potevamo dare lì per lì e va bene così.
Questa paura che mi porto dentro. So amare ma temo di lasciarmi amare. So che se mi lascio amare poi se cado, mi rialzo molto lentamente. Anche se da fuori non si vede. L'anno scorso ho sognato un cielo terso sopra di me, una brezza che sa di mattina e rugiada, intorno a me una distesa di ciuffi di smeraldo disseminata di edifici in rovina. Qualcosa dietro di me mi dice di girarmi, e gli occhi si stupiscono quando un'onda di decine di metri di altezza si avvicina a velocità impressionante. Eppure non fa nessun rumore che annunci il suo arrivo, e mi sveglio col cuore in gola e una scarica di adrenalina alle otto e mezza di mattina...
Un pochino, ma solo un pochino quella sensazione l'ho assaggiata, eppure è stato come Alice nel paese delle meraviglie, caduta inaspettatamente nella tana del Bianconiglio. Alice che in una sera, disperata, Alice che si sentiva non capita, intrappolata di nuovo. Alice che sorrideva con le amiche, che per una serata non pensava a nulla, se non a ridere di gusto e scherzare, Alice quella sera ha incontrato il Cappellaio Matto. Forse aveva una vaga idea di cosa stava succedendo, ma non le importava, il mondo del Bianconiglio era tappezzato di colori vivaci e contrastanti, stuzzicavano i suoi sensi.
Il mio mondo è sempre un po' foschia, coi colori non ben definiti, ogni volta che mi sembra di aver raggiunto un punto concreto, una tinta unita perfetta e vivida, scopro che ce ne sono altri mille che non so e non ho provato e tutto ritorna sfumato e banale.
Così Alice per un po' ha avuto una doppia vita, una definita e colorata e una seconda ordinaria e più sfumata.
Ma poi è successo qualcosa che non aveva previsto nella sua vita ordinaria e grigia. Il Bianconiglio l'ha avvertita che non dovrebbe lasciarsi andare tra le braccia del Cappellaio, la stessa cosa continuava a ripetergli il Cappellaio medesimo; eppure nel suo modo di metterla in guardia da quanto è un'anima in pena, Alice non faceva che scuotersi dall'incanto e rendersi poi conto da quanto era buono il personaggio. Lei voleva fargli vedere ciò che lui continuava a ignorare. Lui le raccontava sempre il suo tormento, e se non si tormentavano a vicenda, affogavano in abbracci e baci. Chi li vedeva da fuori, vedeva due che si guardano con occhi stralunati. Eppure ogni momento lo usavano per stare insieme, non parlavano mai dell'addio in realtà imminente e inevitabile.
Sapevano che, in fondo, era solo un caso fortuito che due realtà così opposte si fossero incontrate proprio grazie a loro. Se le anime gemelle esistono davvero, loro erano due di uno stesso diviso in due universi paralleli, il tempo scorre uguale in entrambi ma non si scontrano mai. Alice timorosa, si era riscoperta coraggiosa, un'altra versione che non vedeva dall'infanzia. Una versione di sé stessa più leggera e quasi felice. Lo sentiva che, se si fosse alzata in punta di piedi e avesse teso le mani, avrebbe toccato il cielo con un dito; un cielo felice e leggero.
Il Cappellaio continuava a ripeterle che era la sua luce, il faro luminoso nel tunnel disperato e soffocante della pazzia.
Ora che ci penso lui assomigliava molto al Mad Hatter impersonato da Johnny Depp nel film di Alice in Wonderland. Il Cappellaio non sopportava le persone dell'Universo di Alice, diceva che riusciva a sentire la loro gelosia e la loro falsità quando Alice era con lui. Quando diceva così, piegava sempre leggermente di lato la testa scrutando Alice, aspettandosi di essere smentito o di sentirsi dire di essere matto, lei non lo faceva mai però. Lo sguardo dritto nei suoi occhi, ammetteva che sì, anche lei percepiva un'aria diversa intorno quando erano insieme, eppure erano troppo infatuati per lasciarsi sopraffare troppo dagli altri.
Quando lui si sedeva, la prendeva per mano e la tirava verso di sé, un gesto tacito per invitarla a sedersi sulle sue gambe, lei esitava ma quel poco che basta per cedere e sentire le braccia calde di lui avvolgerla da dietro.
Alice a dire il vero, non sopportava per niente di essere toccata, abbracciata, invece col Cappellaio non riusciva a staccarsi, quasi lui fosse un'estensione fisica della sua esistenza. Bramava il suo tocco, quando le stringeva la mano per strada, quando si sedeva in braccio a lui, quando gli sfiorava i tatuaggi sul braccio e sul petto, quando le prendeva delicatamente la testa tra le mani e la baciava con passione, con quel torpore che li avvolgeva e rallentava tutto.
Certe volte torna nei miei pensieri. Il Cappellaio ha un cuore così puro. Solo i cuori candidi possono perdere la ragione e continuare a incolparsi per cose che nessuno può veramente controllare...
Alice non l'ha mai più rivisto, non si sono nemmeno salutati come si deve, quel saluto suonava troppo come un "So già che non ci rivedremo ne toccheremo mai più", e così è rimasto contaminato dal mondo indefinito della viaggiatrice, e lei ha congelato per sempre quel dettaglio. Una foto istantanea nella memoria.
La tana del Coniglio è sparita, al suo posto solo ciuffetti verdi e margherite illuminate a tratti dalla pallida luna, la ragazza ancora stordita, un misto di emozioni e amaro in bocca. Il ritorno nella sua realtà l'ha lasciata scossa e con un piccolo rimpianto: non aver confessato al Cappellaio che in effetti era lui il faro luminoso, quella luce che non si aspetta ma che ti travolge nella notte e capisci che era esattamente ciò di cui avevi bisogno.
E per una volta aveva sentito di trovarsi nel luogo giusto, al momento opportuno.
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LE FOTO CHE NON HAI DI ME
RandomLei sente di non trovarsi mai dove dovrebbe, con le persone che vorrebbe o nei posti in cui vorrebbe. Ora è finita in una cittadina sperduta su un'isola fredda e umida. E i ricordi la tormentano, i pezzi del puzzle che non riusciva a mettere insieme...