La sala stellata

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Il caldo del pomeriggio estivo allenta infine la sua morsa. Il sole, ormai dietro gli alberi, ricrea l'immagine di un codice a barre su sfondo rosso fuoco. Le stradine di ghiaia per i campi di Rovere sembrano fiumi d'oro bianco che scorrono lenti nel verde; la quiete profonda della natura è turbata dal solo frinire dei grilli e da una bicicletta che risale i fiumi dorati fino a una villa abbandonata. Lasciandosi alle spalle una scia di polvere, Stefano pedala velocemente sentendosi l'aria scorrere su viso, braccia e gambe.

Da circa tre settimane, quando le giornate volgono al termine, prende la bici e percorre la strada che lo separa dalla villa nascosta fra i campi. Un tempo apparteneva a una famiglia agiata che, stanca del caldo e dell'umidità della zona, l'aveva lasciata in cerca di un clima più favorevole. Da allora è stata affittata da poche persone, ma le sue grandi dimensioni e la posizione isolata l'hanno resa inabitata per un interno ventennio.

A Stefano però piace. Complice la curiosità dei suoi dodici anni, un giorno si è deciso a entrare ed esplorarla. La tenuta ha molte stanze, che si rivelano tuttavia un anonimo susseguirsi di pareti, finestre e teli color crema per proteggere i mobili dalla polvere. L'unica stanza che spicca sulle altre si trova al pianoterra, in fondo all'ala ovest: è completamente spoglia, ma la grande vetrata a parete offre una vista splendida sulla distesa verde che circonda la villa.

Appena l'ha vista Stefano ha subito sentito un legame inspiegabile con quella stanza. Orientata in modo da evitare il sole pomeridiano, è una delle sale più fresche dell'edifico, un'oasi silenziosa e pacifica al riparo dal caldo torrido dell'estate.

Un pomeriggio Stefano decide di mettersi a leggere prono sul pavimento. Immerso nella lettura, pagina dopo pagina non si rende nemmeno conto del passare delle ore. Con l'avanzare del buio, con la coda dell'occhio vede che dal pavimento si accendono delle fioche luci verdi. Alza quindi lo sguardo dal libro e si trova di fronte uno spettacolo inatteso: centinaia di stelle adesive fluorescenti risplendono attaccate a soffitto, pareti e pavimento; un trionfo luminoso nell'oscurità della stanza. Stefano ha l'impressione di fluttuare nello spazio e guardare da lontano la Terra, i campi immersi nella penombra. Il paesaggio intorno a lui è surreale, uno spettacolo da pelle d'oca.

A partire da quel giorno, ogni tardo pomeriggio raggiunge in bicicletta la villa. Varca il portone d'ingresso e si dirige deciso verso la sala stellata, un luogo sicuro e magico, una dimensione tutta sua a pochi kilometri da casa. Non ha raccontato a nessuno della sua scoperta, è il suo rifugio lontano dal mondo, un segreto tra lui e gli astri che gli stanno tutti intorno. Nella sala balla, corre, canta, urla, sta disteso a terra e guarda il soffitto pieno di stelle. Scivola sul pavimento come se stesse nuotando tra le costellazioni, ruota su se stesso fino a perdere l'equilibrio per provare il brivido di fluttuare nello spazio.

Si è chiesto chi può essere l'artefice di questo spettacolo, ma non trovando risposta l'ha interpretato come un segno del destino: quella sala e quella villa, ignorate da tutti, stavano aspettando proprio lui, l'unico a interessarsi a loro, che a quei luoghi che aveva dato una seconda occasione, quando invece agli occhi degli altri aveva scarso valore. Magari le stelle appese erano l'opera di qualcuno che voleva creare un luogo magico, una specie di tesoro nascosto per cui non esistono mappe, che può essere trovato solo da chi ne ha davvero bisogno.

E così Stefano torna ogni giorno nella sua oasi felice, dove il tempo sembra fermarsi e tutto sembra possibile. Tutto ciò che c'è di negativo nella sua vita non vi ha accesso. Non possono entrarci i compagni di classe, che ridono di lui a causa della sua timidezza. Non possono entrarci i genitori, che tuttavia non si preoccupano abbastanza di lui da domandarsi dove sia e cosa faccia per tutte quelle ore fuori casa. Non esiste morte, perché in un universo in cui ci sono solo lui, le stelle e i campi scuri, c'è solo vita e questi pochi elementi coesistono tra loro e si alimentano a vicenda. Nessuno lo può criticare, nessuno può deriderlo per la sua fantasia e la sua ricca fonte di immaginazione che, in questa stanza, si estende al di là della sua mente e prende forma in quello che lo circonda.

Quando dopo aver corso si sente stanco, Stefano rallenta e inizia a camminare piano per la sala, fermandosi ad accarezzare qualche stella qua e là, ma solo quelle che gli sembrano brillare più delle altre. È come se alcune lo chiamassero davvero per nome. Gli sembra che vogliano raccontargli qualcosa, quasi fossero tutte le persone che nella sua vita non ci sono più. Nonni, amici, animali domestici. E gli sembra anche di sfiorare le vite di chi non ha mai conosciuto, delle persone incrociate per strada, tutti quei potenziali personaggi con storie e storie da raccontare. O che forse gli servono solo da spunto per narrare le sue.

Stefano sa che le stelle nel cielo rimangono sempre lassù,che lo guardano da lontano e sono per lui una presenza rassicurante. Loro sono là, e se loro sono là lui non è mai veramente solo. Stare in questa stanza, però, lo fa sentire ancora più vicino a loro. Nei momenti più bui, nei periodi più difficili, poterle vedere, toccare e averle attorno gli dà quella dose in più di conforto di cui ha bisogno per sentirsi bene.

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