"Ultime notizie: uomo autolesionista entra al museo del Louvre munito di coltello e lanciafiamme e si scaraventa sulle varie opere, rovinandole o distruggendole. Questo ha generato caos tra i visitatori, tanto che il museo è stato evacuato. Date le varie lesioni sul volto è difficile capire di chi si tratta, ma le ultime fonti hanno fatto notare l'incredibile somiglianza con il celebre pittore Edward Fould". Questa era la notizia in prima pagina sul giornale francese del 26 agosto 1897. Aveva sconvolto molti proprio perché Edward Fould si era sempre dimostrata una persona equilibrata. Certo, come ogni grande artista aveva una particolare ossessione per il suo lavoro ma aveva sempre tenuto molto ad apparire bene in pubblico. Il detective incaricato di risolvere il caso era Paul Aviat, un uomo di sessant'anni che da trenta lavorava nel corpo della Guardia francese. Aveva sempre prestato servizio, non era mai andato in ferie e ogni giorno faceva il doppio del giorno prima. Appena lesse la notizia ricordò la volta in cui aveva incontrato dal vivo il celebre pittore: anche a lui era parsa una persona sana. Ricordava anche di una lunga discussione che avevano avuto sull'arte. L'artista era rimasto talmente colpito dalla loro discussione che qualche mese più tardi l'aveva immortalata in una delle sue opere, intitolandola "Discussione sul colore". In effetti Paul stava dimenticato un importante fattore rivelatogli da Fould stesso: gli aveva confidato che fin da piccolo, quando aveva iniziato a dipingere, aveva iniziato a pensare a cosa sarebbe successo se un giorno i colori per dipingere fossero spariti o terminati, ma non nel suo studio, nel mondo. Questo, gli aveva detto, lo aveva portato a una vera e propria ossessione, iniziando a temere anche malattie che lo avrebbero potuto portare alla perdita della vista dei colori come la cecità o il daltonismo, una sorta di ipocondria. Proprio questo fu ciò che fece riflettere Paul: "Potrebbe essere questa, l'esaurimento dei colori, la causa della pazzia di Fould? In effetti, ricordando con quanta ansia Edward gli aveva raccontata questo suo timore, quella di quel giorno sarebbe stata una reazione più che normale da parte sua. Proprio da qui partirono le ricerche del detective Aviat. Come prima cosa decise di recarsi in un negozio di tempere, per accertarsi che i colori fossero effettivamente terminati. Quella mattina per strada non c'era nessuno. Paul entrò in un negozio di fretta:
<<Buongiorno>>,
<<Buongiorno, signore, serve aiuto?>>, aveva risposto l'uomo al banco, un po'preoccupato nel vedere un detective nel suo negozio:
<<Sono venuto qui- disse Aviat- per chiedere quanti colori a tempera vi rimanessero>>.
L'uomo tirò un sospiro di sollievo, poi, con guardo rattristato, rispose:
<<Nessuno. Non arrivano più. Ho provato a chiedere anche ai miei colleghi delle altre botteghe e mi hanno risposto la stessa cosa. In più stanno arrivando telegrammi dall'estero che ci dicono la stessa cosa, ma nulla. Sembra che il mondo ne sia a corto>>.
Paul sentì di avere la chiave del problema in tasca. Ringraziò l'uomo e tornò velocemente alla base per annunciare tutto alla squadra. Una volta appresa la probabile soluzione al dilemma, tutti erano d'accordo nell'inviare Paul a parlare con Edward stesso e farlo ragionare, tutti tranne uno: il capo della squadra credeva fosse troppo rischioso inviare un solo uomo a parlare con un pazzo. "Non è pazzo", aveva ribattuto Paul. "E' talmente innamorato del proprio lavoro che teme di non poterlo più svolgere, posso andarci anche da solo". Così il capo acconsentì, pur avendo ancora qualche dubbio. Il detective Aviat si avviò o da solo verso l'abitazione del pittore. Una volta arrivato bussò tre volte alla porta. Nessuno rispose, poi però la porta si aprì. Di fronte a lui c'era Edward Fould in persona, completamente sfregiato in volto e con gli occhi che mostravano sofferenza. I due non si parlarono subito e Edward, abbastanza lucido, fece cenno a Paul di entrare. L'interno dell'appartamento era completamente in soqquadro. Edward si fece seguire da Paul fino al suo studio. Appena vi entrò, Paul trovò la risposta a tante cose: di fronte a lui c'erano decine di quadri poggiati alle pareti, resi vivi con un solo colore, il rosso. Per tutta la casa c'erano sparse macchie di sangue. Edward non era autolesionista per pazzia ma perché in assenza di colori l'unico che poteva utilizzare era quello del suo sangue, per colorare di rosso le sue opere. Era talmente ossessionato da fare qualunque cosa per ottenere un po' di colore. Edward si fermò, e finalmente iniziò a parlare:
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L'OSSESSIONE DEI COLORI
Short StoryVolere talmente tanto qualcosa che non c'è più da...