Mirror

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Il ticchettio dell'orologio analogico affisso alla parete spezza a intermittenza il silenzio dell'ufficio.

Ogni scatto della lancetta dei minuti è un sussulto che lo fa sobbalzare perché Harry è agitato.

Lo sa. È perfettamente cosciente di avere sbagliato, di avere esagerato, di essere passato oltre quella linea immaginaria che gli era stata imposta da lui e che non si sarebbe nemmeno dovuto permettere di sfiorare.

Si passa frenetico una mano tra i capelli lunghi mentre sospira e si muove agitato sulla seduta imbottita.

Osserva la scrivania in mogano di fronte a lui. Ordinata, odiosamente ed eccessivamente pulita e austera, fredda e così anonima.

Devastante il contrasto con il suo cappotto lilla in pelliccia sintetica che gli copre le spalle e che lascia intravedere le gambe lattee accavallate rivestite dai collant bianchi.

Sta tremando. Ma non per il freddo.

Trema per la paura di quella che sarà la sua reazione e per l'attesa interminabilmente angosciosa che sta vivendo e che lo soffoca.

Forse più del collare in pelle rosa che gli stringe il collo.

No, questa attesa non potrà mai essere peggio del collare, perché lui non gli chiede mai di indossarlo senza un intento preciso. Non è un semplice sfizio che si concede, gli ha ordinato di legarselo al collo, e Harry lo ha fatto con le dita tremanti.

"Il collare è nel secondo cassetto, a sinistra."

Gli aveva scritto Louis Tomlinson, il suo Louis Tomlinson, esattamente 3 ore prima che Harry arrivasse al blocco di uffici che affaccia sul Tamigi.

In quel momento il sangue aveva iniziato a pulsare attorno al collo e le mani si erano scaldate, le guance gli parevano in fiamme e il senso di colpa gli si era intrecciato nel petto, attorcigliato attorno alla vergogna che aveva provato nel sapere di avere deluso Louis.

Ma ormai il danno era fatto.

Il cliente era particolarmente carino. Il margarita esageratamente alcolico. Liam lo aveva abbandonato per rintanarsi nel bagno insieme a Zayn e flirtare è un'indole congenita alla natura del riccio alla quale non può mai sottrarsi.

Di solito la gestisce, la sera precedente non ci è riuscito.

Con la mente totalmente annebbiata dalla tequila e la gonna bianca troppo corta si era ritrovato a succhiare con malizia la cannuccia del cocktail terminato con lo sguardo inchiodato su quello di un biondo ossigenato e gli ormoni fuori controllo seduto di fronte a lui.

E quello che non si aspettava era che Louis si sarebbe palesato davanti a lui nell'esatto momento in cui il biondo gli aveva afferrato il collo con una mano per avvicinarlo al suo volto, per poi tracciargli il contorno delle labbra lucide con la lingua.

E Harry aveva sorriso. Annebbiato dalla mancanza di aria e dai gradi in circolo si era lasciato scappare un ansito mentre il biondo, esclusivamente più di alto di lui, si era alzato dallo sgabello del pub e lo aveva costretto ad alzarsi al di qua del bancone tenendolo per il collo. Harry aveva sorriso compiaciuto, eccitato, soddisfatto e non in se.

Louis aveva tirato un destro contro lo zigomo del biondo e strattonato il riccio fino a metterselo sulle spalle portandolo fuori dal locale, sordo ai suoi capricci.

Senza dire una parola.

Harry ricorda a puntate fino all'arrivo del maggiore. Ma nulla da quando ha posato le chiappe sul sedile in alcantara della Camaro blu notte di Louis.

Un'altro scatto della lancetta gli lacera lo stomaco.

Louis non si oppone mai all'irriverenza del più piccolo, anzi, quasi lo esalta vedere uomini e donne di ogni età sbavare dietro a quel ben di Dio di ragazzo senza avere la minima possibilità di poter concludere qualcosa. Ma tutto nei limiti del rispetto reciproco.

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