• CAPITOLO UNO •

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Fra bambini che frignavano, ore di sonno spezzate, la continua voglia di andare al bagno e le ore infinite di volo, sono riuscita a fare un sospiro di sollievo, quando finalmente l'area fresca di Napoli m'invadeva le narici.
Come sempre l'aereoporto era strapieno di persone che giravano, aspettavano, mangiavano o dormivano sui sedili, d'altro canto erano le sei del mattino qui a Napoli quindi non potevo aspettarmi altro. L'odore di cornetto caldo invadeva le mie narici e lo stomanco chiedeva pietà quindi dovevo assolutamente mangiare qualcosa. Intravidi un piccolo bar all'angolo e mi incamminai, ma un istante dopo qualcuno mi afferrò, mi girai di scatto pronta per sferrare un bel ceffone ma quest'ultima si fermò nell'istante in cui capì che l'uomo dietro di me non era altro che mio padre. Con le lacrime agli occhi, mi fiondai fra le sue possenti braccia. { Papà..} sibilillai. Mi strinse forte a sè. {Bambina mia..} In quel momento, mi senti finalmente al sicuro, mi erano mancate così tanto quelle braccia. Mi scostai a malincuore, asciugandomi le lacrime e l'osservai, era sempre lo stesso, anche con l'età che avanzava rimaneva sempre un bell'uomo. { La mam..} neanche il tempo di finire la frase che il suo sguardo si scostò da me alla persona che probabilmente era dietro alle mie spalle e capì subito che si trattasse si lei, mi girai togliendomi ogni tipo si dubbio e la raggiunsi abbracciandola. La mamma era lì, che profumava di rose, il dolce profumo che fin da bambina sentivo in ogni angolo della casa, il profumo che la contraddistingue in ogni posto che và, l'avrei riconosciuta fra mille. Mi godetti quel po di tempo fra le sue braccia...

Ad un tratto tutto si fece buio, ed ogni immagine che mi corcondava si sgretolava come se fosse carta vertrata ed un rumore assordante mi tempestò le orecchie, mi svegliai di soprassalto e capì che era solo un sogno.. ero ancora in giro aereo e le voci del film che guardavo rimbombavano nitide delle mie orecchie, stoppai e tolsi le cuffie, il senso di vuoto e di tristezza s'irradiavano in me,avevo bisogno di stiracchiarmi le gambe e lavarmi un po' il volto, allora con non chalance mi alzai e andavi verso il bagno. La maggior parte delle persone dormivano beatemente, altre fissavano il vuoto pensando a chi sa cosa. Arrivata allo sportello del bagno, l'aprì e mi ci fiondai all'interno, dove trovai immediatamente uno specchio, rendendomi conto che ero in pessime condizioni.. capelli spettinati e trucco sbavato. Aprì l'acqua e mi sciaquai. Quel sogno era così reale, che la dura realtà invadè  la mia mente. Non avrei più potuto sentire le braccia possenti di mio padre, non le sentivo da un bel po' ormai, che per una brutta malattia se ne andato lasciando un vuoto dentro di me, dentro mia madre, dentro le mie sorelle. Mi osservai allo specchio, avevo il suo stesso taglio di occhi, il colore della pelle, la stessa fisionomia, ma per il resto ero identica a mia madre. Mi strinsi nelle braccia sentendo un leggero tremolio, mi sentivo così sola... usci dal bagno e ritornai al mio posto dove un'altra ora e mezza mi aspettava, cliccai sullo schermo e continuai a guardare il film cercando di non cadere nella profonda tristezza.

Poco più tardi, finalmente l'aereo atterrò, e aspettavo il mio bagaglio, avevo una fame da lupi quindi una volta recuperato sarei andata a fare colazione. Cercavo di non pensare al sogno, anche se era difficile, ormai la tristezza aveva invaso la mia anima, mi sentivo vuota, e non avevo più lacrime da espellere, ho pianto così tanto nei mesi successivi che la felicità la cercavo in ogni angolo pur di non pensare alla profonda tristezza che avevo dentro. Afferrai il mio bagaglio e m'incamminai al bar più vicino, non trovando molte persone, ordinai e mi accomodai aspettando la mia colazione. Accesi il cellulare e trovai dei messaggi di mia madre che mi diceva che non poteva venire a prendermi, quindi avrei dovuto chiamare un taxi, come se non bastasse. Già mi mancava l'area frenetica di Manathan. Il mio ordine arrivò e mi prestai a mangiare con gran gusto. Questo si che era cibo. In men che non si dica finì tutto.. mi alzai, afferrai il mio bagaglio, ed estrassi una sigaretta dalla borsa, e m'incamminai per cercare un taxi libero, che ovviamente non persi tempo a trovarlo, buttai quello che rimaneva della sigaretta e diedi ciò che serviva al tassista, e partimmo.
Napoli era sempre una delle città più belle, molto gettonata dal turismo per la sua antica storia, e soprattutto per la pizza. Sorrisi vedendo proprio ciò che mi è mancato, la vita. Si perché Napolii è una città che non muore mai, sempre gente di tutte le etnie conversare fra loro e mischiarsi con i cittadini Napoletani che con il loro buon cuore li accoglievano non facendoli mai sentire a disagio. Diedi altre indicazioni e dopo poco arrivai a destinazione. Il palazzo dove abitavo era sempre uguale, non cambiava mai, Alfred il portiere mi sorrise e si avvicinò per aiutarmi con i bagagli.
{ Vyvienne, sa quanto tempo! Come stai?} Esclamò, accompagnandomi vicino all'ascensore. Era invecchiato ma pur sempre un bel uomo.
{ Alfred, eh si, sto bene ringraziando il cielo. Viaggio infinito ma nulla di grave, sempre bello tornare a casa.} D'altronde per quanto bella e diversa Manathan, casa era sempre casa. Lui annuì in segno di approvazione. {Ci vediamo dopo Alfred, grazie.} lo ringraziai e salì.. avevo ancora le chiavi di casa, fortunatamente, a quest'ora probabilmente erano tutti a lavoro. Le afferrai dalla borsa e aprì, trovandomi l'intera famiglia ad aspettarmi e gridando {SORPRESA!} le lacrime iniziarono ad uscire copiose, e corsi ad abbracciarli uno ad uno. Dio quanto mi erano mancati.

INCENDIAMI L'ANIMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora