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Manuel e Simone non sono più due adolescenti alle prese con la scoperta di se stessi.
Ora sono due adulti con una vita apparentemente piena e un'agenda colma di appuntamenti.

Non sono più due ragazzini che prendono consapevolezza della reciprocità dei loro sentimenti, che trovano il coraggio di viversi alla luce del sole, che scoprono insieme quanto bello sia l'amore e, purtroppo, anche quanto faccia male lasciarsi andare.
Ora sono due uomini e nella vita così tanto piena dell'uno non c'è più spazio per l'ingombrante presenza dell'altro.
Non quella fisica, almeno.

Seppur abbastanza breve, la loro è stata una storia molto intensa, sbocciata quando Manuel, dopo l'incidente di Simone, ha capito quanto la paura di perderlo fosse decisamente più forte di quella dei pregiudizi altrui.

È così strano vederlo lì, sdraiato su quel letto d'ospedale, privo anche della forza e della voglia di mandarlo a fanculo come aveva fatto solo poche ore prima in garage.
Manuel lo guarda dormire, gli accarezza piano una guancia e pensa che è bello, è proprio bello.
E che lui è un coglione. Ma vuole rimediare, è pronto a chiedergli scusa in ginocchio se serve.

Una carezza dopo l'altra, Simone apre piano gli occhi e la prima cosa che vede è il sorriso di Manuel, così dolce e così tremendamente vicino che teme possa costargli un infarto.

«Manuel, che- che ore sono?»

«È l'alba Simo', dormi n'altro po' che te fa bene.»

«Che ci fai qui a quest'ora tu?»

«Non me so' mosso da qua tutta la notte.»

«Beh allora sei tu che dovresti dormire, io ho già dato.»
La butta sull'ironia perché se si sofferma a pensare a Manuel che ha passato la notte nella sala d'attesa di un ospedale solo per lui perde un battito.
Sbuffa una risata, ma ha così male allo stomaco che gli provoca una smorfia di dolore.

«Sta' attento Simo', non ti sforzare che stai tutto acciaccato, mannaggia a te. Ma che hai combinato?»

Simone emette un lungo sospiro, abbassa lo sguardo e «Volevo morire, Manuel» confessa.
Vuole essere sincero con lui e non conosce purtroppo un modo meno brutale per esserlo in quel momento.
Manuel chiude gli occhi, trattiene il respiro.

«Non lo dire nemmeno per scherzo, ti prego non dire mai più 'na cosa del genere, io... mi sento così- Dio Simo', è tutta colpa mia.»

Simone lo vede abbassare lo sguardo, chiudere gli occhi e strizzarli forte. Sembra essere sull'orlo del pianto e può giurare di non averlo mai visto così prima, per cui posa una mano sulla sua, ferma ancora sul cuscino accanto al suo viso. Quasi avesse paura di toccarlo ancora, una volta sveglio, per quanto avrebbe voluto continuare a farlo.

«Manuel- Manu, guardami. Non è stata colpa tua.»

«Sotto casa mia c'eri venuto in villeggiatura Simo'?»

Simone accenna una risata.

«Non ero venuto per mandarti a fanculo di nuovo, se è questo che pensi. Anche se forse te lo saresti meritato.»

«Leva il forse.»

«Ecco, almeno ne sei consapevole. -e sbuffa una risata, ma Manuel non ride, ha smesso di farlo da quella notte al cantiere- Comunque davvero, non ero lì perché ce l'avevo con te. Ero lì perché volevo sfogarmi con te.»

Il meglio di me || SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora