2.

449 32 30
                                    

Quando Manuel la mattina successiva arriva a Roma, si dirige direttamente dal notaio. La segretaria dello studio gli chiede di attendere qualche minuto, così si reca in sala d'attesa e lì rivede, seduto su una sedia con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani, quel ragazzino - ormai un uomo - che occupa i suoi sogni da ben ventuno anni.

Aveva messo in conto di doverlo rivedere quando ha ricevuto quella telefonata, ma trovarselo davanti rende tutto così terribilmente reale e non sa se è ancora davvero pronto ad affrontarlo. Si ferma ad osservarlo per qualche istante, poggiato allo stipite della porta, poi si fa coraggio ed entra in quella stanza.

Simone, sentendo il rumore dei suoi passi, si volta verso di lui e per un attimo crede di avere le allucinazioni.
Manuel Ferro è in piedi davanti a lui, in carne e ossa.
Non è più solo un vecchio ricordo dai contorni sbiaditi nella sua testa. E' lì, è reale, e lo sta fissando da secondi interminabili.

Ed è bellissimo, come quand'era ragazzino e forse anche di più.

«Ciao Simo'.»

«Manuel... Tu- tu insomma- che ci fai qui?»

«M'ha chiamato il notaio ieri, mi ha detto di lui e.. boh, dice che vuole vedermi per il testamento.»

«Il testamento? E tu che c'entri?»
Cosa vuoi ancora dalla mia vita, se hai deciso di non voler più farne parte?

«E io che ne so Simo', se non lo sai te» accenna una risatina, anche se forse un po' fuori luogo in quel contesto, per non sembrare brusco.
«Mi dispiace tanto per tuo padre comunque, davvero» aggiunge dopo un po'.

Simone abbassa lo sguardo, accenna un «Grazie» con un tono talmente basso che ha paura di non essere neanche stato sentito.

«Ne è passato di tempo eh?» prova a cambiare discorso Manuel, dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio.

Ed è una sensazione così strana, nuova, perché i silenzi con Simone non erano mai stati un problema. Anzi.

«Già, vent'anni...» e accenna un timido sorriso.

«Ventuno, per la precisione. Cioè non è che tengo il conto eh, è che-»

«Balestra, Ferro potete entrare.»
E Manuel non sa come ringraziare quell'uomo per averlo salvato dallo sguardo confuso di Simone e da quella che aveva tutta l'aria di stare per diventare una conversazione imbarazzante.


«Quello che Dante vorrebbe innanzitutto è che voi due spargeste le sue ceneri nel laghetto vicino casa vostra, signor Balestra.»

«Da quando ce sta un laghetto vicino casa vostra?» chiede Manuel, confuso, girandosi verso l'altro.

«Non la villa, è una casa al lago. Papà l'ha comprata qualche anno fa e ci passavamo praticamente ogni estate con- vabbè lascia stare. Continui pure, ci scusi.»

«Dicevo, vorrebbe che spargeste le sue ceneri lì e non dovrà esserci nessun funerale, nessuna corona di fiori, niente di plateale. Insomma, penso sappiate meglio di me com'era fatto.»

I due annuiscono e stanno per alzarsi e andare via, quando il notaio li richiama.

«C'è dell'altro. Dante vorrebbe che la casa al lago restasse a voi.»

«A noi?» chiedono all'unisono.

«Sì, parole sue. Normalmente in queste situazioni una parte compra l'altra metà, a meno che non siate interessati ad una proprietà congiunta.»

«No che non lo siamo» si affretta a rispondere Simone.

«No, direi di no.»

«Bene, allora ci rivedremo eventualmente nei prossimi giorni per sistemare un po' di faccende burocratiche.»

Il meglio di me || SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora