Esiste un mondo dove non vi è il pensiero proprio. Dove bisogna solo obbedire agli ordini. Se non lo fai, sei morto. Non esistono sentimenti. Non esiste il singolo.
Mi chiamo Yalamirah e avevo 103 anni.
Non avevo un cognome, come non avevo dei genitori. Secondo loro erano solo fonte di attaccamento. Di sentimenti. Siamo nati artificialmente. Dentro un'ampolla. Non potevamo avere amici. Non andavamo a scuola. Per apprendere ci infilavano dei tubi nella testa.
Dare tutto per la comunità. Questo era il loro motto.
Tecnicamente io appartenevo a quel "loro". Ma non volevo. Non più. Non da quando tre anni prima ero diventata Custode dei Ricordi.
Il mio compito era quello di tenere i ricordi delle persone prima della Guerra, per evitare che loro si ricordassero certe cose scomode. Come l'uguaglianza. L'amicizia. L'amore.
Spesso i ricordi più vecchi o quelli inutili con il passare degli anni svanivano. Non sapevo dove finissero. Me l'ero chiesta spesso. Ma non avevo una risposta. Forse semplicemente smettevano di esistere.
La cosa migliore però era il poter vedere i ricordi delle persone, come un film. Era stato grazie ai ricordi che avevo scoperto che esistevano i colori. Non avevo idea potesse esistere qualcosa al di fuori del grigio. Lì era tutto grigio. Il cielo. Il cibo. Le persone.
Ma i colori. Loro erano bellissimi. Da loro arrivano le emozioni. Forse per questo li avevano tolti.
Il mio primo colore fu il giallo. Il sole. La felicità. Mi era difficile comprendere cosa volesse dire 'felicità'. Dai ricordi raccolti avrei potuto dire che era un calore che invadeva il petto e ti faceva sorridere in continuo. La prima volta che avevo preso un ricordo non la dimenticherò mai. I colori mi avevano riempito gli occhi. Le emozioni mi erano entrate nel petto. Ero scoppiata a piangere. Era così...bello.
La parte più dura era non poter vivere le emozioni insieme a qualcuno. Ero sola. Nessun altro sapeva cosa volesse dire veramente vivere. Mi si spezzava sempre il cuore a non poter parlare con nessuno. Mai. Perché se lo avessi fatto avrebbero saputo che ero diversa e mi avrebbero mandato in congedo. Un giorno c'eri e il giorno dopo eri sparito. Tu. La tua cella. Il tuo nome. Non eri mai esistito. E nessuno si ricorderà mai di te.
Un rintocco. Due. Tre.
Mi alzai. Era ora di cena. I pasti erano ciò che ci rendeva dei 'morti viventi' senza emozioni. Dentro i cibi mettevano un veleno, un 'farmaco' in grado di sopprimere i cosiddetti istinti animali, le emozioni. Erano tre anni che non mangiavo quella roba.
Buttai giù quella sbobba, poi, appena la campana segnò la fine della cena, andai in bagno a vomitare. Mi pulii la bocca e mi lavai le mani. Dopo il pranzo c'è sempre un'ora libera. Spesso le persone in quell'ora stavano sedute, immobili. Non avendo ordini non avevano idea di cosa fare. Ma io sì. Corsi nel giardino. In quel posto magico e bellissimo. Staccai qualche frutto dagli alberi. Mi sedetti tra i rami di un grosso xitalas e iniziai a mangiare. Il succo dolce dei frutti mi riempì la bocca. Improvvisamente mi misi a ridere. Era...eccitante non seguire le regole, da tre anni, ormai.
Non sarebbe durato a lungo. Lo sapevo. Ma ero pronta. Avevo studiato i passaggi e sapevo come andarmene. Mancava poco.
Tornai nella mia stanza da Custode, con qualche frutto per la colazione. Alcune piccole bolle evanescenti erano sulla mia scrivania. I ricordi che preferivo. Alcuni di essi erano sulla musica. Da quando l'avevo scoperta non potevo più farne a meno.
Un rintocco. Un unico rintocco lungo.
Era ora del coprifuoco. Tutti dovevano tornare nei loro appartamenti per essere chiusi a chiave fino al giorno dopo. Io ero già nella mia stanza da Custode quindi attesi che venisse sigillata, poi andai a letto. Chiusi gli occhi e cercai di dormire.
***
Un rintocco. Due.
Era ora di alzarsi. Mi stiracchiai, presi le mie cose e andai a colazione. Mangiai ciò che mi mettevano nel piatto. Finita la colazione andai in bagno a vomitare. Chiusi gli occhi. Odiavo vomitare. Ma dovevo farlo. Misi due dita in gola. Uscii. Mi sciacquai mani e bocca. Tornai nella stanza del Custode dei Ricordi. Aprii lo zaino e mangiai i frutti che avevo preso il giorno prima.
Un tonfo. Qualcuno cercava di sfondare la porta. Agguantai lo zaino che avevo preparato già da tempo con il minimo indispensabile. Forse quelle persone mi avrebbero ascoltato. Lo speravo. Guardai la stanza del Custode dei Ricordi. La mia casa. Guardai le stelle. La porta saltò con un rumore assordante, mi lanciai nel vuoto. Ero una delle poche a conoscere l'esistenza dei passaggi inter-mondi, canali di comunicazione fisici tra i Mondi. Loro non li conoscevano. Atterrai e ripresi a correre. Sapevo che si stava aprendo un passaggio lì vicino. Dovevo arrivarci senza che mi vedessero. Mi mischiai nella folla, facendo perdere le mie tracce, arrivando in sicurezza al passaggio. Vi entrai e pregai andasse tutto bene.
***
Caddi a terra, sull'erba soffice. Mi guardai intorno. Ero nel mezzo di una foresta. Dietro di me una parete rocciosa. Vidi il passaggio chiudersi. Sorrisi. Ero arrivata.
CRACK!

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Mondo Specchio
FantasyMegan Clarke è una ragazza persa. E come tutte le cose perse è finita a Mondo Specchio. Ma cosa succede quando ci si perde nel mondo delle cose perse? Yalamirah è un'Originiana. Nel suo mondo non esistono le emozioni. Non esistono persone. Solo gusc...