Rosen alzò la testa quando sentì i topi zampettare via dalla scala che risaliva dallo scantinato. Sapeva che cosa significasse: quando i topi scappavano in quel modo, voleva dire che avevano sentito qualcosa. Nel buio, Rosen tese le orecchie e li udì a propria volta, scuotendosi a fatica il sonno di dosso: passi sul soffitto della cantina; movimenti trascinati, così pesanti da far cadere fili di polvere tra i suoi capelli.
Ricominciò a rabbrividire.
Succederà oggi, si disse, stringendosi a sé le ginocchia lasciate scoperte dalla camicia leggera. La stoffa era strappata. Nei punti divorati dalla frusta, la sua pelle bruciava ancora.
Lui le aveva ordinato di spogliarsi, appena si erano trovati da soli insieme, quando lei si aspettava di diventare una donna, come sua madre le aveva raccontato, e come dettava il suo dovere.
Invece, lui le aveva preso le calze, la sottana, il corpetto e la giacca che aveva passato settimane intere a cucire, con quella lana che aveva comprato con gli ultimi scellini lasciati da suo padre. Lei, sua madre e le sue sorelle non avevano mangiato per due giorni; tutto perché lei fosse presentabile quel mattino d'inverno, anche se i suoi vestiti erano i più miseri che si fossero mai visti da secoli nella chiesa di Truro, e le sue labbra le più immobili che ci si potesse aspettare da una ragazza di campagna in una giornata come quella.
«Sei la sola che può salvare la nostra famiglia, Ros.»
Le parole di sua madre l'avevano accompagnata. Poi, l'avevano inseguita, finché non erano diventati sussurri che la raggiungevano da ogni angolo di quella prigione di pietra umida in cui era stata rinchiusa, seminuda e al buio, ad aspettare il suo destino, e a cercare di tenere fermi i denti che battevano tra loro per il freddo.
Ma ora, quel giorno, quella notte, stava per succedere. Rosen lo seppe quando la porta in cima alle scale si spalancò con un cigolio, e i ratti scapparono con tanta rapidità da sfiorarle le cosce scoperte. Rosen li invidiò, perché potevano scappare. Lei, invece, era intrappolata lì sotto.
Non avrebbe mai dovuto esitare; non avrebbe mai dovuto mostrarsi riluttante, impaurita, e pregarlo.
«Siete ancora qui, mia cara?»
Negli anni dopo, Rosen non sarebbe mai più riuscita a separare quel sussurro dai suoi incubi. Quella notte fu quasi sul punto di rispondergli, com'era suo dovere fare, quando la voce le morì in gola. La candela che lui aveva portato illuminò nove strisce di pelle strette nel suo pugno; nove lingue pronte a sferzarla, e che ora lo seguivano mentre scendeva a passi lenti. Lui voleva che lei vedesse bene la frusta strisciare ai suoi piedi come una vipera infernale. Voleva che anticipasse quella paura, e quel dolore, e che se le immaginasse prima che si abbattessero sulla sua pelle.
Pregarlo avrebbe peggiorato le cose; Rosen lo sapeva.
Così, Rosen si abbracciò le ginocchia nude, mentre lui le si posizionava davanti. Si rannicchiò su se stessa, in quella cantina buia, e si preparò a sopportare. Come le imponeva la povertà, e la sua famiglia, e quell'uomo.
Come le imponeva il dovere.
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Rosen - La serva di Gravewood. Da OGGI disponibile su AMAZON con Land Editore!
Historical FictionDA OGGI, ROSEN - LA SERVA DI GRAVEWOOD è disponibile su Amazon! Lo trovate con il mio nome autrice, Priska Nicoly! ### Cornovaglia, 1785. Il lavoro come dama di compagnia dell'anziana signora della tenuta di Gravewood è l'ultima speranza per la gio...