𝘐𝘭 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘢𝘯𝘤𝘩𝘪𝘯𝘢 𝘦 𝘭'𝘢𝘷𝘢𝘯𝘢

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Tokyo, 1994; serate calde, come i cuori che la componevano.

La città era sfavillante, illuminata più che mai, e il solito convulso di gente che s'aggirava nei dintorni, la caratterizzava soltanto.

Il suono opprimente che proveniva dalle marmitte oscurava tutti gli altri, rendendo così, caotico, l'intero viavai; ma nell'aria più pulita nelle vicinanze d'un konbini in periferia, si poteva ancora percepir aleggiare note d'una canzone non del tutto chiara alle orecchie se non al cuore.

Da quel 24h chiamato FamilyMart, ne uscì un ragazzino dalla castana chioma, forse frequentante l'ultimo anno di medie, sulla quindicina, con occhi grandi e un po' persi nelle luci accecanti delle vicinanze; teneva in mano con presa fievole un sacchettino contenente un cartone di latte, pronto a recarsi nella parziale oscurità di quelle vie per tornare al suo luogo di appartenenza. Lungo la strada si ritrovò a salutare pacatamente un gruppetto di conoscenti seduti su di una panchina illuminata da un unico lampione, e nei suoi pantaloncini arancioni seguiti da una semplice t-shirt bianca e ciabatte, arrivò dinanzi al suo condominio.

Un paio di moto erano ferme lì ai lati ad abbellirne l'entrata, e alzando lo sguardo si sarebbero notate le decine di falene come incantate dalle luci led a tubo; il ragazzo le sorpassò, e spedito prese a salir le scale, incontrando anche lungo la strada una signora con le mani colme d'un cesto di frutta che stava invece andando nella direzione opposta, e le diede la buonasera.

"Fa caldo, eh?"

Chiese lei retoricamente, ed il ragazzo dalle ciocche avana le sorrise dolce come segno di riconoscimento per poi, poco dopo, ritrovarsi ad aprir la porta di casa propria togliendosi con praticità le ciabatte all'entrata.

Sarebbe stato facile comparare la sua adorata casa ad un magazzino, tanta era la roba che veniva celata al suo interno, ma a loro piaceva così e quei libri legati insieme a pile e le infinite copie di giornale sparse un po' ovunque davano quel tocco davvero personale al tutto.

"Sono a casa."

Pronunciò a labbra socchiuse, dirigendosi a passo calmo verso la cucina.

"Grazie."

Rispose sua mamma intenta a studiare con gli auricolari alle orecchie, riferendosi alla piccola commissione che gli aveva affidato, mentre il fanciullo ora mirava a depositar il cartone di latte all'interno del frigorifero mettendo da parte il sacchettino con cui era giunto fin lì.

"Un altro sacchetto di plastica per un solo cartone di latte?"

Aggiunse, con tono leggermente esasperato, senza mai distogliere lo sguardo dai suoi scritti illuminati dalla lampada che teneva sul tavolo di fianco a sé.

"È che te li danno."

Borbottò solamente il ragazzo avana, che dopo aver depositato quella busta di latte, al suo posto prese uno shaker colmo di tè d'orzo.

"Basta rifiutare, nevvero?"

Disse ancora notando infine proprio figlio con un bicchiere di vetro in mano preso dall'insieme delle loro stoviglie.

"Ah, anche a me, per favore!"

Riferendosi ad un bicchiere di tè.

"E tu, papà? Tè d'orzo?"

Chiese il ragazzo in procinto di prendere il terzo bicchiere da offrir a suo padre, che se ne stava accovacciato a pochi passi da loro nel suo piccolo tavolino in veste di scrivania lavorativa, circondato da librerie già completamente colme.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 30, 2022 ⏰

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