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Il giorno dopo, Manuel si svegliò di buon'ora, si vestì e uscì fuori dalla stanza, sentendo immediatamente l'odore delle Nastrine calde che sua madre scaldava nel microonde ogni mattina quando era al liceo.
A differenza del liceo, però, in cucina ci trovò anche Dante e Jacopo, intenti a bere il caffè nello stesso identico modo. Manuel lo trovò piuttosto inquietante e allo stesso tempo si chiese se anche Simone avesse quell'abitudine.
Quando se n'era andato, Simone beveva il caffè americano, nero, a piccoli sorsi, e bollente e volle sapere se fosse ancora così, se almeno quella piccola cosa fosse rimasta com'era.
Sciorinò qualche 'buongiorno', diede un bacio sulla guancia a sua madre e si sedette a fare colazione insieme agli altri.
Jacopo lo osservava con la coda dell'occhio e Manuel seppe che lui sapeva; seppe anche che, dopo, si sarebbero fermati a parlare.
Perché, per quanto volesse ignorarlo come aveva sempre fatto, a Roma c'era e ci sarebbe stato sempre qualcuno che lo conosceva davvero.
A Roma non poteva ingannare nessuno, perché lo avevano già visto senza maschera, sapevano chi era davvero.

Infatti, dopo colazione, si ritrovò a scrutare la lista della spesa che sua madre gli aveva affibbiato e Jacopo di fronte che, invece, scrutava lui.

"Ieri hai visto Simone?"

Al solo sentire quel nome, la testa di Manuel scattò in alto.

"Te l'ha detto lui?"

Jacopo sbuffò una risata e si appoggiò al mobile dell'ingresso.

"Figurati, ma stamattina m'ha risposto al telefono solo per mandarmi a fanculo e di solito aspetta almeno la prima battuta, te sei tornato, insomma, ho fatto due più due."

"Bravo, Sherlock, complimenti"

Pasta, pomodori, pane, uov-

"Allora?"

Manuel inarcò un sopracciglio e guardò l'amico: "Allora che?"

Jacopo sbuffò e roteò gli occhi al cielo.

"Allora che ve siete detti?"

Il riccio riabbassò lo sguardo, per nascondere il velo di tristezza che sicuramente gli aveva attraversato gli occhi.

"Niente, non mi ha voluto parlare."

Jacopo cercò di nuovo il suo sguardo e gli posò una mano sulla spalla.
Quel giorno aveva indossato un maglioncino di lana nero e si accorse che il tessuto pizzicava solo quando Jacopo stronfinò la sua spalla in una carezza.

"Manu, ma che te aspettavi? L'hai completamente tagliato fuori, pensa che te sei dimenticato di lui" Manuel aprì la bocca per controbattere subito, ma l'altro lo interruppe sul nascere "e lo so che nun è così, ma lo sai com'è Simone. Lui se le lega al dito certe cose. E tu nun gli hai mai spiegato niente."

"Ma che significa che te ne vai?"
Simone irruppe in camera di Manuel trovandolo con una sacca nera sulla spalla e la sua Amy già chiusa nella custodia.
"Simò-"
"No, Simò niente. Che significa? Dove vai? Perché io non lo sapevo?"
Manuel abbassò lo sguardo sugli anfibi neri già allacciati e, semplicemente, uscì dalla stanza.
Fuori faceva caldo, l'estate stava già arrivando e quando lo seguì fuori, Simone aveva le guance arrossate per la corsa di poco prima e gli occhi talmente lucidi che Manuel potè specchiarcisi.
"Mi parli?"
"Simò che ti devo dire? È un'opportunità"
"E perché non me lo hai detto?"
Stavano in piedi sul marciapiede di fronte casa e, complici le prime temperature torride, non c'era nessuno intorno.
"È per il bacio?"
Manuel strinse la mascella e abbassò lo sguardo di nuovo, di fronte a Simone, che quella frase l'aveva pronunciata con voce tremula.
"Se è per il bacio, Manuel-"
"Simò, è un'opportunità e noi non proviamo le stesse cose."
Fu quella, la volta che Manuel Ferro spezzò il cuore di Simone Balestra, dopo essere stato per tutta la vita l'unico a poterlo rattoppare.
"Ti chiamo, va bene?"
E a Simone sarebbe anche andata bene, ma Manuel alla fine non l'aveva mai chiamato.

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