quattro.

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Mi svegliai con un sobbalzo; la sera prima mi ero addormentata piangendo dal nervoso per tutta la situazione in cui mi trovavo. Mi svegliai con un gran mal di testa, causato dalle poche ore di sonno, e il collo indolenzito per la torsione innaturale che aveva assunto durante la notte. A tastoni recuperai il cellulare dalla superficie liscia del comodino e, non appena si illuminò vi lessi l'orario, 06:58. Mi sarei dovuta incontrare con Matt alle 10:00 per firmare quel contratto, ciò stava a significare che avevo ancora un sacco di tempo, considerato che il mio appartamento distava quindici minuti a piedi dall'edificio della casa discografica. 

Portandomi seduta sul bordo del letto osservai le pareti bianche che mi circondavano, prive di foto o qualsiasi tipo di decorazione, lasciate totalmente anonime. Mi ero trasferita in quell'appartamento circa quattro mesi prima, volendo ottenere una certa indipendenza dai miei. Loro avevano appoggiato la mia scelta; anche se, abituati ad avermi a casa con loro, un po' rattristiti dalla cosa. Mi avevano aiutata loro a sceglierlo e mi convinsero che era quello giusto soprattutto per la posizione considerato che, col traffico di Milano, mi sarei spesso trovata davanti all'esigenza di recarmi a lavoro a piedi. Sospirai. 
Quando ero più piccola mi ero sempre immaginata in questo contesto, in una casa mia, con il mio spazio e le mie regole; ma in quel momento, avvolta del silenzio di quella casa che non sentivo mia, un profondo senso di nostalgia mi percorse la schiena. 
Tirai un sospiro di sollievo quando vidi che anche in salotto non c'era nessuno, Kevin non era tornato e ciò non mi dispiaceva affatto. Ormai erano settimane che si era stabilito qui, totalmente sotto sua iniziativa, anzi, io neanche lo sapevo. Un giorno, tornata a casa da lavoro, me lo trovai piazzato in soggiorno con almeno cinque valigie stracolme. Mi aveva detto che aveva portato qui le sue cose per comodità dato che gli capitava spesso di fermarsi qui ma dopo pochi giorni capii che non se ne sarebbe più andato. Il ticchettio dell'orologio quella mattina era terribilmente fastidioso e non faceva altro che aumentare il dolore che mi si espandeva dal retro della testa fino alla fronte. 
Feci colazione avvolta nel silenzio che era diventato il mio miglior amico in quei mesi e poi mi trascinai in bagno facendo una doccia veloce per scacciare via i ricordi di quella nottata infinita. Feci una velocissima skincare nel tentativo di risollevare la situazione e applicai un po' di correttore sotto le occhiaie più visibili del solito, mascara e gloss. Niente di più. 
Mi vestii velocemente con dei jeans chiari stretti sopra e più larghi sotto, un body nero e i soliti anfibi che Rea mi aveva regalato al compleanno dell'anno scorso. 

Mi incamminai verso lo studio alle 9:20 con le cuffie nelle orecchie e la voce di Vasco nelle orecchie. Osservai le strade di Milano sempre così popolate di persone e mi persi nell'analisi di quelle immagini. Un bambino, stretto alla mano della mamma, stringeva forte un palloncino a forma di unicorno nell'altra; un signore anziano su una panchina dava da mangiare ai piccioni che avevano formato un grande cerchio attorno a lui; un ragazzo fece il giro dell'auto per aprire la porta alla ragazza che sorrise imbarazzata a quel gesto. Sorrisi anch'io vedendoli, ricordandomi di non sentirmi così da tanto tanto tempo. 
In men che non si dica raggiunsi la mia destinazione, entrai nella hall salutando Leo, in portinaio, e salii con l'ascensore fino al quinto piano dove si trovava l'ufficio di Matt. 
<Buongiorno Matt> dissi entrando senza bussare e gettando la borsa nera sul divanetto appena a sinistra della porta. 
<Non sono Matt ma buongiorno comunque> disse una voce familiare dalla sedia girevole in pelle nera. 
<Alex?> chiesi aggrottando la fronte, più sorpresa di quanto avrei dovuto essere. Infondo stavo per firmare un contratto per una collaborazione con lui, non era strano fosse li; ciò che era strana era la sensazione che mi si stava espandendo dentro, mi faceva quasi male il petto da quanto veloce stava pulsando il mio cuore dietro alle costole. 
<Sorpresa> disse alzandosi e appoggiandosi al tavolo di legno su cui era appoggiata la console di Matt <neanch'io avevo firmato, Lu mi ha detto di venire qui così avremmo letto il contratto insieme> spiegò come a giustificare la sua presenza in quella stanza. 
<Capito> risposi semplicemente abbassando lo sguardo sulle mie dita che presero a giocare col braccialetto di perline rosa. Alex fece un paio di passi avanti e prese posto a fianco a me sul divano, di colore e materiale uguali alla sedia su cui prima era seduto. 
<Sono contento che tu l'abbia tenuto> disse indicando con un cenno il braccialetto al mio polso; notai che anche lui lo portava sul braccio opposto al mio, come era sempre stato. 
Tirai le labbra in un sorrisetto <non sono riuscita a toglierlo> ammisi <neanche tu l'hai buttato> 
<Non avrei mai potuto> un silenzio pesante si fece spazio tra di noi, tanto che quella stanza già piccola di suo sembrava essersi fatta ancora più stretta e angusta. 
Lo guardai con la coda dell'occhio. Era sempre uguale, con i capelli che gli ricadevano di poco sulla fronte e gli occhi vispi, esattamente quelli che mi avevano fatta innamorare. 
<Come stai?> chiesi dopo minuti di silenzio. Un tentativo impacciato di spezzare la tensione. 
Sembrò pensarci su prima di rispondere <benino> disse poi <tu?> 
Anch'io ci pensai ma mi decisi a rispondere <benino> utilizzando la sua stessa parola e vedendolo sorridere di poco. 
<Sicura?> chiese poi girandosi completamente verso di me, lo guardai con un'espressione confusa non capendo il perché di quella domanda ma poi mi ricordai della sua capacità di scorgere ogni minima traccia di sensazione all'interno degli occhi altrui. <Hai gli occhi diversi> aggiunse <più- tristi> disse un po' titubante, quasi avendo paura di pronunciare le parole sbagliate. 
Mi morsi il labbro sospirando <diciamo che non tutto va sempre come vorremmo> dissi con la solita nota di malinconia nella voce. Sorrido al pensiero che se fossimo stati ad Amici adesso probabilmente Maria avrebbe assegnato a me quel soprannome e non a lui. 
<Come sta tua nonna?> chiese poi. 
<Sta bene> risposi sorridendo, si era ripresa alla grande dall'anno prima e adesso stava bene; aveva ripreso a cucinare, a fare le sue passeggiate mattutine e a curare il suo orto. 
<Fa ancora quella torta di castagne buonissima?> domandò poi il castano al mio fianco, la sua spalla sfiorava la mia. 
Ridacchia pensando all'inverno precedente, durante il quale mia nonna aveva cucinato proprio ad Alex quattro di quelle torte dopo che lui gli aveva detto quanto gli piacessero; <si certo> ridacchiai <l'altro giorno le ho telefonato e la prima cosa che mi ha chiesto è 'quante torte devo prepararti quest'inverno?'> parlai velocemente ma mi maledissi subito quando vidi lo sguardo del castano spegnersi un po' a quel ricordo. 
<Scusa io- io non> mi affrettai a dire venendo però interrotta da lui. 
<No, non ti preoccupare> accennò un sorriso che però venne tradito dall'ombra nei suoi occhi. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 13, 2023 ⏰

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L'affetto rimane// Alex WDove le storie prendono vita. Scoprilo ora