La voce di Bon Jovi sulla base di Runaway mi risuonava nelle orecchie, estraniandomi dal mondo esterno per un secondo soltanto. Se due anni prima mi avessero detto che sarei stata in un camerino tutto mio, ad attendere di esibirmi a Sanremo, avrei riso in faccia a chiunque avesse proferito quelle parole; invece ero lì e mancavano meno di quindici minuti alla mia esibizione. Dopo Amici la mia carriera aveva preso una bella piega. A casa avevo una collezione di dischi d'oro e di platino abbastanza sostanziosa; avevo già fatto un tour in giro per l'Italia e ne stavo già organizzando un altro per l'estate successiva con il mio manager, Mattew.
Where's My Love partì subito dopo dalla playlist di Spotify e una stretta allo stomaco mi prese d'assalto, bloccando il mio passo a metà. Questa canzone mi aveva sempre solleticato il cuore, rendendomi forse più emotiva del dovuto, ma da un anno a quella parte la sensazione di smarrimento che mi si espandeva dentro quando ne ascoltavo la melodia era aumentata a dismisura rendendomi vittima di una malinconia struggente.
Qualcuno aprì la porta del mio camerino e una voce mi giunse da dietro, attutita dalla musica infusa dagli auricolari in tutta la mia testa; tolsi le cuffiette poggiandole sul tavolino davanti ad un divanetto nero e mi rivolsi verso la porta da cui erano appena entrati il mio manager e il mio ragazzo, che reggeva tra le mani due bottigliette d'acqua come gli avevo gentilmente chiesto di procurarmi. Gli sorrisi prendendone una ed iniziando a sorseggiare l'acqua fresca al suo interno mentre Mattew, o Matt come lo chiamavo io, continuava ad inondarmi di informazioni inerenti all'esibizione che avrei dovuto tenere quella sera.
<Hai capito tutto?> chiese quando ebbe finito di espormi tutto quello che avrei dovuto sapere.
Annuii; <la prossima volta avvisami che mi faccio portare un moment per il mal di testa> ridacchiai, dandogli una leggera spallata.
Lui scosse la testa; <finisci di prepararti, ti voglio pronta tra dieci minuti> mi portai la mano alla fronte come un militare, lui uscì dalla porta trattenendo un risolino e chiudendosela alle spalle, lasciandomi sola con il castano.
Quest'ultimo non perse occasione per avvicinarsi a me e posarmi le mani sui fianchi da dietro; <sei agitata per stasera?> chiede con un soffio che mi colpì la guancia.
<Solo un po'> dissi facendo per allontanarmi e raggiungere la postazione trucco, per ritoccare gli ultimi dettagli.
Mi seguì, posando le mani sulle mie spalle e stringendole di poco; <andrà bene, vedrai> disse chinandosi sul mio collo, che prese a baciare e mordere. Inconsciamente mi scansai di poco, in uno spasmo del corpo che rifiutava quel contatto, e mi alzai dallo sgabello per uscire dalla stanza.
<Dove vai?> chiese infastidito dal mio comportamento.
Inventai una scusa su due piedi; <devo andare in bagno, ho bevuto troppo> dissi velocemente, chiudendomi la superficie di legno bianco alle spalle.
Camminai nervosamente per i corridoi neri dell'edificio; in realtà nemmeno sapevo dove stavo andando, volevo solo allontanarmi da lui. Girai un paio di volte in tondo, ritrovandomi sempre nello stesso corridoio; poi svoltai a destra e a sinistra, finché non riconobbi più dove mi trovassi. Camminavo a testa bassa, con gli occhi puntati sulla scaletta della serata, rileggendo i nomi di chi si sarebbe esibito prima di me; ignorai quelli che venivano dopo, anche perché il mio nome era l'ultimo di quella pagina e avrei dovuto girarla per vedere gli artisti successivi. Continuai nella mia marcia incessante finché qualcosa, o meglio qualcuno, non mi si parò davanti facendomi scivolare dalle mani i fogli non pinzati tra loro che stavo rileggendo per la quinta volta.
Prendo a raccogliere i fogli sparsi sul pavimento; <scusa, io- ero distratta e-> balbettai a bassa voce.
<Tutto ok?> chiese una voce familiare, fin troppo familiare; alzai lo sguardo verso l'alto, rialzandomi sulle gambe tremolanti, e me lo trovai davanti. Era lì e mi guardava, tendendomi un foglio che non mi affrettai a riprendere, troppo concentrata nel marrone dei suoi occhi che non vedevo da troppo tempo.
Deglutii a vuoto, sentendo il cuore pulsare più velocemente del normale nel petto; <Alex> mormorai con un tono più interrogativo di quanto avessi voluto; <che ci fai qui?> domandai senza pensare.
<Devo cantare> disse ovvio; <stavo cercando dell'acqua> aggiunse.
Annuì, guardandomi le punte delle scarpe; anche lui era in imbarazzo e lo percepii dal modo in cui il suo peso si spostava da una gamba all'altra e da come aveva preso a sistemarsi i capelli nervosamente.
Dopo qualche altro momento di silenzio mi decisi a parlare; <io- devo andare, sai- per prepararmi eccetera> balbettai.
Lui annuì, serrando le labbra in una linea sottile; <si, anch'io in realtà> disse; <è stato bello rivederti> girò i tacchi per andarsene ma lo richiamai con un ei.
Appena si rigirò verso di me afferrai una delle bottigliette d'acqua dal tavolo al mio fianco e gliela lanciai tra le mani, lui sembrò confuso dal mio gesto, così mi spiegai; <stavi cercando l'acqua, no?>
Lui annuì tra le fossette; <grazie> risposi solo con un cenno del capo e poi mi congedai, tornando sui miei passi. Rimasi qualche secondo davanti alla porta chiusa del mio camerino , non avendo alcuna voglia di entrare e spiegare -con una scusa- a Kevin il perché ero sconvolta e con gli occhi lucidi. Respirai profondamente, inalando tutta l'aria che mi fu possibile, e mi imposi mentalmente di non far traspirare nessuna emozione sul mio volto. Mi stampai un falso sorriso sulle labbra ed entrai, il più disinvolta possibile, trovandolo sul divano a giocare con uno dei suoi stupidi videogame di guerra di cui aveva piena la memoria del telefono.
<C'era una coda lunghissima in bagno> sbuffai, sedendomi dal lato più lontano del divano. Non mi rispose, dubito mi avesse anche solo sentita dato che era troppo impegnato a farsi gli affari suoi come al solito. Io e lui stavamo insieme da quasi sei mesi; l'avevo conosciuto alla casa discografica ed ho iniziato a parlarci durante le pause, lui è il figlio del direttore perciò era sempre nei paraggi. Inizialmente non gli avevo dato troppa corda, ancora stordita e addolorata dalla rottura con Alex, ma dopo due mesi in cui aveva continuato a starmi dietro ho pensato che forse sarebbe stato un bene tentare di voltare pagina. In un primo momento avevo creduto di poterlo fare davvero, di poter dimenticare e andare avanti, lasciandomi alle spalle il ricordo del castano con le fossette, ma era solo un'illusione che per giunta era durata poco. La mia nuova relazione era tutto fuorché sana; un litigio continuo anche per le cose più stupide del mondo, Kevin si era rivelato più possessivo del previsto ed io non avevo idea di come fare per liberarmi di quella trappola in cui mi ero cacciata da sola. In meno di un mese dall'inizio della nostra relazione ho perso i contatti con la maggior parte dei miei amici per colpa sua, anche con Luigi, che ormai non sentivo da cinque lunghi mesi. Ricordo che una volta ad un firma copie, un paio di mesi fa, una ragazza mi chiese se fossi felice ed io risposi di si ma non era vero. Dentro di me non mi sentivo felice da tanto tempo; da quasi un anno adesso che ci penso e mi sono odiata tantissimo per questo, mi sentivo in dovere di esserlo poiché avevo tutto quello che avevo sempre sognato, eppure stavo peggio di prima.
Qualcuno bussò alla porta; <ci siamo> disse Matt.
Mi alzai, sistemandomi il tessuto dei pantaloni con le mani; <io vado> dissi a bassa voce.
Kevin annuì senza alzare lo sguardo; <buona fortuna> disse per convenienza, e non perché gli importasse qualcosa. Sbuffai mentalmente e alzai gli occhi al cielo, poi mi voltai e mi diressi con il mio manager verso l'ingresso sul palco. Passarono un paio di minuti, che trascorsi ad osservare ogni centimetro della tenda nera davanti a me. Quando stetti per scostarla altre due voci mi giunsero all'orecchio; Alex e un signore sulla cinquantina, credo il suo manager, si pararono dalla parte opposta dello stretto corridoio parlando degli ultimi dettagli delle sue esibizioni. Alzò lo sguardo su di me, tirando le labbra in un sorrisetto nascosto che ricambiai. Matt mi disse di aspettare altri trenta secondi e poi entrare, lui sarebbe andato davanti allo schermo dietro l'angolo per seguire tutto. Mi pizzicai la pelle dei palmi, come avevo iniziato a fare quando l'ansia si impossessava del mio corpo; qualche volta arrivavo persino a tagliarmi con le unghie e il sangue iniziava a scorrere fuori dalla ferita. Gli attacchi d'ansia erano peggiorati negli ultimi mesi e il medico mi aveva aumentato la dose di ansiolitici, il che non aveva fatto altro che recarmi ulteriore agitazione.
Sentii dei passi venire verso di me, e alzai lo sguardo ritrovandomi il castano davanti; <andrà bene> disse.
Annuì, non sicura di che cosa dire; <buona fortuna> sussurrò guardandomi negli occhi che si soffermarono un secondo in più a guardare nei suoi. Le sue dita sfiorarono la pelle del dorso della mia mano e un centinaio di brividi mi solleticarono le spalle.
<Grazie> dissi, sentendo il conduttore annunciare il mio nome. Gli sorrisi oltrepassando lo spesso tessuto nero che pendeva dal soffitto.
Amedeo mi presentò, esaltando le mie doti e raccontando in breve la mia storia musicale, da Amici a dove mi trovavo ora. Annunciò poi ciò che avrei cantato, Le Cose Che Vivi, l'avevo scritta mesi prima ma non avevo mai avuto il coraggio di proporla e di produrla così era rimasta chiusa nel cassetto del comodino per giorni, settimane e mesi, aspettando il momento giusto per essere portata alla luce. Le luci si affievolirono, e un fascio di un arancione caldo colpì la mia figura coperta da un tailleur bianco."Su qualunque strada
In qualunque cielo
E comunque vada
Noi non ci perderemo.
Apri le tue braccia
Mandami un segnale
Non aver paura, che ti troverò
Non sarai mai solo
Ci sarò
Continuando in volo che
Che mi riporta dentro te
Per sempre"
Incrociai gli occhi di Alex per un secondo soltanto. La tenda nera era stata scostata per rendere agibile un passaggio meno complicato per tutti perciò avevo piena visione di lui. Era lì in piedi, con le braccia incrociate al petto e appoggiato con una spalla al muro; mi guardava fisso con dei ciuffetti di capelli che gli ricadevano sulla fronte e il completo nero che gli fasciava il corpo perfettamente. Mi imposi mentalmente di distogliere lo sguardo e di continuare la mia esibizione facendo finta di nulla.
"In qualunque posto sarai
In qualunque posto sarò
Tra le cose che vivi
Io per sempre vivrò.
In qualunque posto sarai
Non esisteranno confini
Solamente due amici
Più vicini
Credi in me
Non avere dubbi mai
Tutte le cose che vivi
Se sono vere come noi
Lo so, tu lo sai
Che non finiranno mai
No no
Tra le cose che vivi
Io per sempre vivrò.
Sarai
Sarò
Nel tuo cuore vivrò
Oltre il destino"
Inconsciamente girai il capo verso Alex, che ancora mi stava guardando con i suoi occhi profondi, e persi un battito. Quella canzone era stata scritta -ovviamente- pensando a lui. L'avevo iniziata due settimane dopo la nostra rottura e me l'ero portata avanti per settimane, non avevo il coraggio di portarla a termine, forse perché sapevo che se lo avessi fatto avrei definitivamente messo un punto a noi due.
Non ascoltai nemmeno le parole di Amedeo, che cacciò una delle solite battute acchiappa applausi per poi congedarmi e proseguire con la presentazione dell'artista successivo. Sorpassai Matt che si stava congratulando, e mi rifugiai nel mio camerino che, fortunatamente, era vuoto. Non sapevo dove fosse Kevin e nemmeno mi importava ad essere sincera; mi chiusi la porta a chiave alle spalle e mi appoggiai con le spalle ad essa, scivolando a terra fino a sedermi con le ginocchia al petto e il mento poggiato su di esse. Mi tirai i capelli con le dita, sentendo un grosso nodo salirmi in gola, gli occhi iniziarono a pizzicare.
Sfiorai con i polpastrelli le pietre lisce del braccialetto che portavo al polso, il quarzo conservava il suo colore rosa tenue, nonostante fosse passato più di un anno e lo avessi indossato ovunque, anche al mare. Non ho mai avuto il coraggio di toglierlo. A tutti dicevo fosse un regalo di nonna e che quindi non volevo toglierlo per questo, anche il mio attuale ragazzo conosceva questa storia, ma la verità era ben diversa ed io lo sapevo bene.
Il punto è che io non ho mai voluto lasciare Alex, e forse nemmeno lui ha mai voluto lasciare me.
Ma il corso degli eventi ha influenzato tutto quello che avevamo: gli impegni, la distanza, le priorità; tutto è cambiato nel giro di così pochi mesi che non abbiamo avuto il tempo di metabolizzare ciò che stava accadendo e questo ha portato al punto di rottura.
Per cosa poi? Un'insignificante stronzata; ma allora sembrava la cosa più seria del mondo.
Mi resi conto di star piangendo, ancora una volta, e mi odiai per questo.
Dopo aver passato un anno a cercare di dimenticarlo, di andare avanti, ero ancora al punto di partenza. Avevo cancellato le nostre foto, chiuso i ricordi che avevo con lui in una scatola che avevo posto sopra all'armadio, evitato le sue canzoni, avevo fatto di tutto per togliermelo dalla testa.
Eppure lui era ancora lì ed io non sapevo come fare per togliermelo dal cuore.
spazio autrice
Ciao amici! Come state?
Avete dovuto attendere un po' ma eccoci con il sequel <3
Avevate indovinato quando avete detto che si sarebbero lasciati MA è ancora tutto da vedere; abbiamo capito che questa cogliona è ancora palesemente innamorata, resta solo da capire se per Alex è lo stesso. Che ne pensate di questo primo capitolo, e dei nuovi personaggi?
Fatemi sapere tutto, a presto con il prossimo <3
PS: scusate se è un po' più corto del solito ma non volevo allungare troppo il brodo, come si suol dire.
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L'affetto rimane// Alex W
Romance"Abbiamo già fatto di tutto per opporci all'evidenza che la mia e la tua assenza ci fanno ancora male Sarà che l'affetto rimane e non chiede di amare E che la vita non cerca le strade, strade, strade."