An angel on Earth

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La mia vita ad Alfea è iniziata pochi giorni fa, non posso pretendere di essermi già integrata. Non sono mai stata una persona socievole, mi sono spesso trovata in difficoltà a stringere amicizia. Ho sempre dovuto permettere a qualcuno più estroverso di me di trascinarmi nel suo gruppo di amici o di amiche, per non rimanere da sola.

Quest'estate, prima che l'anno scolastico iniziasse, mi ero prefissata alcuni obiettivi, ma al momento soltanto quello di non perdermi nel trovare le aule è stato soddisfatto. Uno dei primi punti di quella lista che tengo nel cassetto era quello di cercare di uscire dalla mia comfort zone, provare ad essere più aperta alle persone che mi circondano: però a distanza di una settimana ancora non ho trovato qualcuno che mi facesse sentire a mio agio. L'unica forse è la mia compagna di stanza, ma è sempre presa da attività scolastiche o extrascolastiche per accorgersi di me.

C'è solo una cosa da fare in questo momento: provare a dormire. Sono quasi le due di notte e ho ancora le cuffiette nelle orecchie, ma alle otto inizia la lezione, quindi basta piangere sul latte versato, meglio provare a dormire. Spengo il cellulare e chiudo gli occhi, nella speranza di non sognare. Ci sono certe notti in cui i miei sogni vogliono parlarmi, mettermi in guardia per il futuro. In questo momento non ne ho bisogno, devo solo riposare.

La nottata passa in modo travagliato: mi sono girata tutto il tempo e credo di aver fatto molto rumore. Chissà cosa avrà pensato Katelyn, la mia compagna di stanza. Hanno assegnato la stessa stanza a due persone con il nome simile: io mi chiamo Evelyn. È simpatica come coincidenza.Certe volte vorrei aprirmi con lei, ma essendo una fata della mente sospetto che conosca già tutti i miei demoni interiori e che decida deliberatamente di starmi lontana.

La sua sveglia suona e la ragazza si alza dal proprio letto, dirigendosi in seguito verso il bagno. Io rimango ancora un paio di minuti sdraiata, poi mi sforzo a scendere da quel materasso, testimone di tanti pensieri e tante nottate insonni, sette se vogliamo essere precisi. Proprio mentre mi sto preparando, assorta, sento la mia compagna picchiettare sulla spalla: <Oggi hai tante emozioni contrastanti stamattina, più degli altri giorni. Forse parlare solo dieci minuti la sera non basta, ti serve più tempo insieme a me per farti stare meglio e tra parentesi, far star meglio anche me. Sei un generatore di sensazioni non stop, mi torturi!> inizia a ridacchiare, contagiandomi.

La guardo stupita: non pensavo potesse interessarle la mia compagnia o la mia amicizia. <Hai ragione, mi dispiace che proprio tu, con il potere della mente, sia capitata con una persona come me, che non riesce a rimanere tranquilla per l'ansia che prova sempre. Penso sempre troppo, scusami tanto.> abbasso la testa, sentendomi in colpa. Katelyn mi incita a parlarle dei miei problemi. Parlo per la prima volta in mesi di come mi sento, di cosa provo, aprendomi completamente dietro suo consiglio. Non mi sembra una persona che fa gossip, è sincera quando da consigli. L'ho vista all'opera con alcuni compagni di corso: è sempre pronta ad aiutare, per questo è sempre impegnata. Mi sento in colpa: si accolla tutti i problemi degli altri e ora deve accollarsi anche il mio.

<Intanto, smetti di sentirti in colpa, so che non puoi controllarti completamente ma davvero, con me non devi fare così. Lo sento.> mi fa l'occhiolino. Io arrossisco abbassando lo sguardo, ma lei procede a parlare: <Allora, tu non riesci facilmente a stringere amicizie, lo capisco, perché anch'io ero come te. Ma c'è voluto un lungo lavoro su me stessa per cambiare la mia condizione, che limita parecchio, soprattutto se devo iniziare un percorso in una nuova scuola. Però se vuoi, posso aiutarti a conoscere qualcuno. La mia ragazza, sì sto con una ragazza non scandalizzarti, ha due anni in più di noi e ha un gruppo di amiche molto simpatiche e alla mano. Potrei presentartele, magari oggi a pranzo. Ti va?>

I miei occhi si ingrandiscono impercettibilmente dallo stupore e la mia testa inizia ad annuire senza un controllo diretto del mio cervello. Sorrido e non riesco a dire una parola, sono trepidante e tremolante. Katelyn mi sorride a sua volta fiera di se stessa, alzandosi dal letto dove ci troviamo e dirigendosi verso il suo. Raccoglie il suo zaino da terra, mette dei libri e delle carte e poi si gira verso di me, incitandomi ad andare a lezione.

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