0.Tempi antichi

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La vicende di cui mi viene data l'opportunità di narrare iniziano molto tempo prima della mia o della vostra nascita, prima dell'inizio della vita stessa. Si dilettano giù ai confini del mondo e dell'universo, oltre tutta l'esistenza e la percezione visibile.
Quando mi venne affidato questo compito mai avrei pensato di ritrovarmi all'interno di eventi a cui non ho nemmeno preso parte, capovolto e distrutto da tutto ciò che credevo fosse la realtà. Ma dopotutto, voi come vi sentireste se tutto ciò che avete considerato reale fino ad oggi venisse scacciato via, scoprendo di aver vissuto prigionieri di una caverna che vi ha sempre tenuti all'oscuro di una diversa e pura realtà intellegibile?
È proprio di questo che sto per parlare, ed è proprio qui che sto per portarvi, fuori dalla caverna, alla scoperta di eventi che mai avreste potuto credere reali.
Vi avverto, però, stiamo per fare un lungo viaggio dritto all'inferno, e voi verrete giù con me.
Questa storia è una porta, ora non vi resta solo che trovare la chiave.

2.

Il primo cerchio era preceduto dal cerchio di Lilith, il livello che si trovava sopra tutti gli altri cerchi. Le anime non erano ammesse nel cerchio di Lilith, no, questo posto era il privilegio dei suoi abitanti, i demoni.
Lucifero, imperatore degli inferi, era il capo di tutti i cerchi, e godeva di un castello posto al centro del cerchio a nove torri: tre che guardavano ad est, tre ad ovest e tre a sud; il nord era una prerogativa del granduca Astaroth, il reggitore delle anime perdute. Astaroth non aveva di certo un castello, ma possedeva una singola torre, fatta di ossa umane tirate a lucido come marmo bianco, situata al nord del cerchio di Lilith, con la quale osservava le anime. Il suo compito infatti, in quanto granduca e reggitore, era quello di mantenere l'ordine dall'alto di tutti e nove i cerchi. E perché il numero tre e i suoi multipli sono perfetti, la triade si concludeva sempre con Beelzebub, principe dell'inferno, istruttore e mentore. Viveva all'interno dell'accademia dove insegnava; appassionato di filosofia e del mondo umano. Ad ogni viaggio che intraprendeva per i suoi studi della terra portava con sé un bambino immaturo strappato dal grembo di una giovane ed eretica madre. Era così che formava il suo esercito.
Beelzebub era il più nobile cavaliere dell'erebo, sempre in compagnia del suo guidato preferito, Bafometto. Insieme costruirono il più grande esercito di demoni esemplari in nome di Lucifero, guidandoli verso le strade delle infinite verità. Almeno finché uno dei suoi demoni non decise di rovinare tutto.
Questa storia inizia per colpa dell'idolo Keelhan e dell'ira scagliata sulla sua prigionia.
Se non fosse stato per lui, ora non saremmo tutti maledetti.

3.

Le mura bianche della sala delle torture di Astaroth erano più luminose di quanto avrebbero dovuto essere. Vi era solo una piccola finestra in quella stanza, attraverso la quale non entrava nemmeno uno spiffero di quella luce calda proveniente dal fuoco delle anime, e non vi erano neppure delle candele o torce ad illuminarla. Il suo splendore era del tutto innaturale, anche per l'inferno.
Un giovane giaceva per terra in una pozza di sangue blu, coperto da un mantello scuro, di una luce che differiva completamente dall'ambiente circostanze. Sembrava che la stanza stessa assorbisse la vitalità del suo sfortunato ospite, illuminandosi come un fuoco che brucia del legno, fino a sciuparlo. Quando la piccola porta di pietra scricchiolò spalancandosi, un buio madornale entrò da essa insieme alla figura di un uomo robusto e dalle spalle grosse e ricurve. Il suo volto era incappucciato ma si potevano intravedere delle zanne sporgere dal mento biforcuto. Un sorriso malsano apparve sul suo volto al vedere la scena. I suoi passi erano pesanti e facevano tremare l'intera stanza, se non l'intera torre. Arrivato al cospetto del giovane uomo disteso sul pavimento rise di gusto, spingendolo con un piede in modo da rigirarlo.
«Guarda un po' come si è ridotto il nostro cagnolino» lo strattonò ancora un po', aspettando che il ragazzo aprisse gli occhi. Sapeva che era sveglio, non poteva morire, non ancora almeno. «Vedo che non ti è bastato un secolo nella mia stanza dei giochi, forse dovresti restare qui tutto il millennio!» delle gocce di saliva saltarono fuori dalla sua bocca alla risata viscida. «Mmh» grugnì come un animale, chinandosi verso il prigioniero. Allungò una grossa mano verso di lui; se solo avesse voluto avrebbe potuto schiacciargli la testa come una noce in quel preciso istante. Spinse via il cappuccio che ricopriva gran parte del viso del ragazzo, dall'aspetto completamente umano se non per delle vipere al posto del capelli. «Che ne dici se questi li restituiamo al nostro Signore? Dopo quello che hai fatto non meriti nulla che ti leghi a lui» Astaroth gli sputò addosso, facendogli contorcere il viso in un espressione di disgusto. «Bene, volevo vedere proprio questo» afferrò con un pugno una ciocca di serpenti dalla testa del gorgone, facendolo urlare. Li strappò via con solo colpo, e mentre il pavimento continuava a riempirsi di quel sangue blu e le mura assumevano una luce sempre più intensa le vipere sibilavano un grido incomprensibile mentre perdevano parte della loro vita. Il ragazzo contrasse i muscoli della mascella, stringendo i pugni mentre tutto ciò che di lui restava collegato a quel mondo veniva strappato via per sempre. Strinse gli occhi, sentendo svanire ogni sua essenza; sentiva la sua anima dannata per la prima volta nella sua breve vita.
«Basta così, Astaroth» il demone perduto continuò a tenere gli occhi chiusi mentre un altro uomo attraversava il ciglio della porta. Sentiva che se avesse aperto gli occhi si sarebbero sciolti per la troppa luce. Il dolore era stato abbastanza forte da illuminare tutta la città.
«Mio Principe, a cosa devo l'intrusione nel mio lavoro?» il granduca grugnì, sputando per terra in direzione del ragazzo.
«Ho in mente un fato più che adeguato per lui» il demone si sporse in avanti. Il suo corpo mutava rapidamente da legno a rame, emettendo strani rumori.
«Non te lo permetterò, è uno dei miei prigionieri»
«Il Signore mi ha fornito il permesso di reclamarlo» il Demone tese in avanti una pergamena maledetta. «Dopotutto era uno dei miei allievi promessi» continuò. Beelzebub volse il viso animalesco verso il compagno, che nonostante il volto oscurato dal cappuccio mostrava due fessure rosse al posto degli occhi, quasi luminose quanto la stanza.
«Uno degli allievi che hai fallito ad educare» ringhiò.
«Motivo per cui è una mia responsabilità. Hai tante anime da torturare, una in meno non sarà un problema»
«Il problema è che non mi piace quando uno dei miei giocattoli viene portato via»
«Non vorrai disubbidire al volere di Lucifero  in persona, granduca?»
Astaroth grugnì, e le luci rosse sparirono nel buio del suo viso mentre sbuffava fuori dal suo naso e dalla sua bocca del fumo incandescente. «No» disse, sputando per terra per la terza volta consecutiva «Prenditelo» afferrò il bastone con la testa di drago e si allontanò dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un movimento delle dita.

Beelzebub si chinò di fianco al ragazzo, che osò aprire gli occhi.
«Il tuo destino è fuggire da una prigionia a un altra, Keelan, ed oggi è stato segnato per l'eternità» poggiò per terra un'ametista grezza sul sangue del giovane, e in meno di un istante il perduto demone Keelan ne fu risucchiato all'interno.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 24 ⏰

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