CAPITOLO XVI

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«Ti hanno mai detto che sei una palla al piede?»
Lewis rise, ma la mia era una domanda seria
«Sei uno spasso Isabella, comunque no, sei la prima che me lo dice» si "asciugò" le lacrime da sotto gli occhi guardandomi serio, evidentemente si era ripreso «Dico sul serio, dovresti dirglielo» l'espressione sul mio viso era sempre la stessa quando alludeva al fatto che dovrei parlare con Arthur di...sua figlia. Nasconderglielo non mi faceva bene, anzi, ma una parte di me aveva tremendamente paura che potesse reagire male e non accettarlo, ferendomi ancora. Ciò che accadde tra lui e Arianna mi spezzò il cuore: quando mi accorsi di amarlo lo avevo già perso, o semplicemente non era mai stato mio. Con un'espressione malinconica stampata in volto mi alzai e stirai le pieghe formatesi sul pantalone di lino bianco che avevo indosso, dirigendomi verso il bagno della camera d'hotel del mio migliore amico per recuperare un asciugamano «A cosa ti serve un asciugamano adesso?» chiese confuso Lewis seduto sul bordo del letto con le dita delle mani intrecciate fra loro «A soffocarti!» alzai gli occhi al cielo schiaffeggiandolo con l'asciugamano bianco facendolo alzare di corsa e buttarmi sul letto insieme a lui ridendo. Lewis sapeva sempre come tirarmi su di morale e nonostante fra me e lui ci fossero molti anni di differenza era come relazionarsi con un proprio coetaneo, seppur gli interessi fossero ben diversi. Un sorriso crebbe sul mio viso e ben presto la stanza si riempì delle nostre risate che cessarono poco dopo quando qualcuno bussò energicamente alla porta della stanza. Io e il mio amico ci lanciammo uno sguardo confuso e, sistemandomi andai verso la porta, rivelando chi fosse a bussare
«Scusa il disturbo Lewis volevo- Bella?» Arthur. In tutta la sua bellezza il suo viso si contorse assumendo la forma di un enorme punto interrogativo, facendomi sgranare gli occhi non appena riconobbi di essere impresentabile a causa del mio amico che mi scaraventò sul letto «Arthur, che piacere vederti hai bisogno di qualcosa?» dissi nervosa prendendo a sistemarmi i capelli passandoci le dita mimando un pettine gemendo di dolore qualora incontrassero un nodo. Lo sguardo di Arthur vagò da me a Lewis, steso sul suo letto con una mano sul petto cercando di frenare il respiro affannoso facendo saltare a conclusioni a dir poco affrettate il bel ragazzo che ora mi guardava visibilmente irritato, seppur cercava di nasconderlo «Ei Arthur, posso esserti d'aiuto?» apparì alle mie spalle Lewis poggiando una mano sul muro e avvicinandosi pericolosamente al mio collo «No io- non preoccuparti mi dispiace di aver interrotto- ci vediamo in giro» schiaffeggio l'aria arricciando il naso al pensiero di aver interrotto qualsiasi cosa stesse pensando di aver interrotto e girando i tacchi si allontanò lanciandomi uno sguardo indecifrabile. La porta fu richiusa da Lewis mentre io rimasi paralizzata: Cosa diavolo era appena successo? Cosa diavolo frullava nella mente di Arthur per credere di aver interrotto qualcosa che non c'è mai stata tra me e Lewis? Voglio sparire, adesso!  «Ti senti bene?» mi posò delicatamente una mano sulla spalla Lewis «Si, no, dammi un pizzicotto e dimmi che sto sognando, per favore» la mia voce si incrinò e il mio viso si contorse in un'espressione a dir poco sconvolta «Ahia!» schiaffeggiai violentemente la mano del mio amico che mi aveva dato un pizzicotto «Me l'hai chiesto tu!» alzò le mani in segno di resa allontanandosi scoppiando a ridere come un cretino: Non si rendeva conto della gravità della situazione
«Ti rendi conto di quello che è appena successo?!» chiesi ovvia puntando i piedi a terra «Mi hai schiaffeggiato la mano?» chiese ovvio «No, quello che è successo prima» incrociai le braccia al petto sull'orlo di una crisi «Mi hai chiesto di darti un pizzicotto?» domandò ancora «Lewis!» lo richiamai visibilmente irritata «Hanno bussato alla porta?» tentó infine e io scattai «Esatto! Ma chi?» lo incitai a seguire il mio ragionamento «Arthur?» incrociò le braccia al petto guardandomi con un sopracciglio alzato mentre annuivo energicamente «Proprio lui, proprio Arthur» la mia testa si muoveva avanti e indietro mentre la scena di poco prima e la sua faccia sconvolta mi si ripresentava dinanzi facendomi perdere il filo del discorso «E con questo?» chiese Lewis annoiato prendendo in mano il suo cellulare «Come- che significa "e con questo?"? Mi prendi forse in giro?» tamburellai insistentemente le dita sui fianchi assumendo un'espressione arrabbiata e sconvolta «No Isabella, davvero non capisco quale sia il problema» mi parai le mani sul volto inspirando profondamente «Il problema è che Arthur pensa che ci sia qualcosa, che tra noi ci sia qualcosa» dissi ovvia girovagando per la stanza in presa all'ansia «Mmh-mmh» mugugnò il mio amico stendendosi nuovamente sul letto «Lewis sono seria, è una catastrofe!» urlai melodrammatica facendo tornare a sedere il pilota che si stropicciava gli occhi mentre un sorriso canzonatorio si dipingeva sul suo volto abbronzato «Da quando ti importa di quello che pensa Arthur?» il mio cuore saltò un battito e la bocca del mio stomaco si chiuse al suono della sua voce che si insinuò nelle mie orecchie facendo riaffiorare nella mia mente ricordi bellissimi dell'estate a Capri, di me e Arthur, di noi, insieme
«Non mi importa infatti» dissi velocemente voltandomi con le guance in fiamme per l'imbarazzo e per essere stata colta in flagrante «Lo dico per te e per la tua reputazione» presi a mangiucchiarmi nervosamente le mani recuperando la borsa e salutando velocemente il mio amico che se la rideva di gusto: l'aria si era fatta decisamente troppo pesante per rimanere lì dentro

SEI SEMPRE STATA TU || Arthur Leclerc  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora