Capitolo 1

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Solo per un po' .

Iniziò così la relazione tossica che ormai portavo avanti da tempo.
Mia madre era contraria all'uomo che mi stava per portare all'altare ma io ormai non riuscivo più a fare a meno di lui.

Mi ero ripromessa negli anni che precedevano la nostra conoscenza che non mi sarei mai sottoposta ad un uomo, o almeno non ad uno come lui.

Dante risultava agli occhi di tutti uno violento, stronzo, aggressivo e acido. Aveva spesso e volentieri commesso crimini, cambiato identità, scappato altrove dopo le rapine. Dubitavo addirittura di me stessa quando succedeva, lo ritrovavo in casa ad impazzire mentre provava a tutti i costi di scongiurare qualcuno di procurargli al più presto un documento falso da poter presentare alla polizia.

Io preferivo stare in silenzio in quelle circostanze, preferivo rimanere sul pavimento del bagno con le mani in viso pregando di finire l'incubo al più presto. Avevo poco più di diciasette anni quando ha cominciato, lui quasi quattro anni in più; ci frequentavamo più o meno da sei mesi e non avrei mai immaginato che un ragazzo come lui, ovvero, un ragazzo calmo, sicuro di sè ma che spesso si chiudeva in se stesso potesse arrivare a tutto questo ma nonostante tutto io nei suoi occhi mi ci ero persa, mi ci ero buttata dentro senza mai trovare il modo di ritornare a galla. Perchè si, Dante poteva essere anche tutto questo ma per me era anche il ragazzino che faticava ad esprimere i suoi sentimenti, quello che amava le caramelle alla liquirizia e suonare la chitarra.

Lo avevo conosciuto in un pub non molto lontano dal centro di Londra, un posto abbastanza affollato per gente come me ma quella sera Lexis (la mia migliore amica) decise che era il momento di farmi prendere una boccata d'aria e così non ricordo come mi convinse ad andare. Ricordo che faceva il cameriere, girava spesso tra il nostro tavolo e quelli a noi vicini, ricordo che indossavo una camicetta vintage e un pantalone nero di jeans. Ai piedi non ricordo troppo onestamente, credo un paio di Vans sempre nere mentre i miei capelli erano raccolti in una coda alta.

Dante si avvicinò facendomi i complimenti per la camicia, poi scherzò dandomi un tovagliolino.
«mia regina, non si vuole mica sporcare questa bellissima camicetta» esclamò. Ricordo tutt'ora l'imbarazzo, divenni di un colore simile a quello di un pomodoro.
« no, la ringrazio per questo gesto» risposi con voce sottile. Da quella sera quindi le nostre vite iniziano ad intrecciarsi e con loro anche i problemi che la nostra conoscenza stava portando.

Mamma non aggiustava di certo la situazione, mormorava ogni giorno la solita frase e io ogni giorno le ripetevo la stessa. 

Succedeva lo stesso quella mattina mentre provavo ad infilare con leggera fatica il vestito da sposa che mi ero comprata per l'occasione. L'avevo preso un paio di mesi prima ad un prezzo scontato senza prendere in considerazione l'idea di poter rimanere incinta poco dopo. Non lo sapeva ancora nessuno in quel momento, neanche Dante stesso. Avevo intenzione di dirlo col passare del tempo alla mia famiglia e a Dante a fine giornata.

«cavolo Britany sei ingrassata» sentì urlacchiare alle mie spalle la signora Oselman. «di questo passo finiremo per farti sposare con il vestito aperto»
«la ringrazio» sbuffai «erano proprio queste le parole di consolazione che volevo sentirmi dire in questo momento» continuai.

La signora Oselman ( di anni 51) era stata per anni la sorvegliante della casa dei miei genitori, fu costretta a lasciare il lavoro per via di un dolore perenne alla schiena che non le dava la possibilità di rendersi utile al massimo. Nonostante questo però rimase in buoni rapporti con la famiglia, tanto da venire anche il giorno del mio matrimonio.

Riuscimmo comunque con grande fatica a chiudere il vestito e a dirigerci verso la chiesa anche prima dell'arrivo dello sposo.
Dante fece ritardo, anche in un giorno importante come quello. La notte prima si trovava con alcuni dei suoi colleghi a Montecarlo, in un complesso dedicato al gioco d'azzardo. Poteva quello definirsi il posto dei suoi sogni, infatti, come il 2-3% della popolazione il gioco per lui negli anni divenne una vera e propria dipendenza.

A lui non gli fregava nulla se doveva sposarsi, il gioco veniva comunque prima di tutto. Io ero sempre stata contraria a questa cosa, non facevo altro che chiedere aiuto a centri o professionisti specializzati nel trattamento di questa dipendenza. Con le nuove tecnologie digitali è ancora più difficile tirare fuori qualcuno dalla ludopatia, i nuovi mezzi infatti, hanno dato la possibilità di giocare senza richiedere per forza la presenza fisica della persona. Dante dopo questo aveva perso tutti i risparmi di una vita, aveva iniziato ad avere problemi sul luogo di lavoro e addirittura era arrivato a commettere reati. Inoltre, aveva dimenticato la cosa più importante nella vita di una persona: l'amore.

Quel posto con colori tenui, senza orologi o finestre non lo aveva solo portato a far perdere la cognizione del tempo ma anche di tutti quei valori importanti.

I'm so fucking tiredDove le storie prendono vita. Scoprilo ora