«Io... credo... che abbiamo sbagliato posto.» fu la prima cosa che dissi, fissando il grande castello diroccato di fronte a me e con un braccio reggendomi ad Ayana, come se rischiassi di svenire da un momento all'altro. La governante mi avvolse le spalle, consapevole che se non mi avesse sorretto e tenuto stretto, mi sarei ritrovato a terra.
Quello era un posto spettrale, non si poteva definire in altro modo. Avrebbe potuto trovarsi tranquillamente in una delle storie d'orrore che io e i miei fratelli ci raccontavamo per metterci paura, quando eravamo piccoli.
Era cupo, fatiscente, mastodontico. Il palazzo era una bestia di pietra grigia, sicuramente annerita dal tempo e dalle intemperie, con vari torrioni spioventi, uno dei quali era mezzo crollato. A circondarlo c'erano cinta murarie merlate e un grosso cancello nero di ferro battuto, dalle punte acuminate. Chissà quanti poveri uccellini dovevano esserci rimasti infilzati!
«Non è questo. Non può essere questo il Palazzo Reale, ci siamo sicuramente sbagliati!» esclamai, lanciando prima un'occhiata di suppliche ad Ayana, che si strinse nelle spalle, impotente. Poi osservai disperato le guardie di Samarcanda, che invece aprirono il cancello senza nemmeno guardarmi. Maledetti bestioni senz'anima!
Feci per girarmi e tornare nella carrozza, ma una guardia si parò davanti allo sportello, fissandomi con un'occhiata perentoria. «Dovete proseguire oltre il cancello, Altezza.» tuonò, non concludendo prima di aver detto le parole magiche: «Ordini della Regina di Smeraldo.»
Gli lanciai uno sguardo furente. «Bene! Andatevene al diavolo allora! E con voi pure la Regina!» ringhiai. «Andiamo, Ayana!» Girai i tacchi e mi avviai impettito verso il cancello, che superai ad socchiusi, con un'espressione da Gran Signore Offeso. La donnona coi capelli a porcospino mi seguì dandomi qualche colpetto d'incoraggiamento sulla schiena.
Avevamo fatto solo due passi all'interno del giardino, quando mi pentii amaramente. Difficile immaginarsi come potesse essere un tempo: il grande prato era secco, beige e marrone, un'imponente fontana di pietra con chissà quale statuetta sulla cima era sfracellata. Chi o cosa poteva essere stato in grado di fare una cosa del genere? Un terremoto?
I cespugli si ergevano alti, incolti e spinosi, solo un mucchio di rovi e di sterpaglie. Da lontano, potevo notare che un lato delle mura aveva ceduto ed era precipitato oltre il burrone su cui l'intero castello affacciava. Sotto, il mare. L'idea di abitare su di esso, per me, sarebbe stata grande fonte di gioia... Ma quel mare sembrava nero, scuro, forse per colpa delle nuvole o del tenebroso palazzo a guardia di Vonya.
«No! No, non intendevo dire questo! Mi scuso!» esclamai, alzando parecchio la voce per farmi sentire dalla guardia che avevo appena mandato al diavolo. Corsi verso il punto da cui ero arrivato, uscendo nuovamente dal cancello. «Riportatemi a casa!» implorai.
Solo allora mi accorsi che la carrozza era appena partita e, lì davanti, sostavano solo un mucchio di valigie. Mi gettai all'inseguimento del vetturino, perché forse sarei riuscito a raggiungerlo... «Aspettate! E' un ordine!» urlai dietro, ma dopo qualche metro mi ritrovai piegato in due ad ansimare. «ASP...ETTATE... PER L'AMOR... DEGLI SPIRITI!» gridai, riprendendo fiato.
Ma ormai la carrozza era lontana.
Caddi sulle ginocchia, facendomi male sulla ghiaia appuntita. «Non è possibile che mi abbiano abbandonato qui...» piagnucolai, coprendomi la faccia fra le mani. Era una tragedia da cui ne sarei uscito solo grazie ad un miracolo.
«Forza, principe Taro.» Dita gentili mi si posarono sulle spalle, accarezzandole piano. «Vi siete formato da solo, a Samarcanda. Qui non sarà diverso.» sussurrò Ayana, in piedi dietro di me.
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A Tale of Wolf and Merman | 𝑶𝒎𝒆𝒈𝒂𝒗𝒆𝒓𝒔𝒆 - 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |
FantasyR18 - BOYXBOY - OMEGAVERSE || La storia può essere letta anche senza "A Tale of Falcon and Merman" Taro è il terzo principe del Regno di Smeraldo, un Omega libertino e viziato, che ama partecipare ai balli farsi corteggiare dai suoi numerosi spasima...