9 - L'ubriaco

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ubriaco

/u-bri-à-co/

Intossicato e sopraffatto, prigioniero di Afrodite.

Dopo neanche dieci minuti da quando ho chiuso la chiamata, due grossi fanali gialli illuminano la cucina attraverso le grosse vetrate leggermente appannate

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Dopo neanche dieci minuti da quando ho chiuso la chiamata, due grossi fanali gialli illuminano la cucina attraverso le grosse vetrate leggermente appannate. Una frenata e lo sbattere di una portiera mi bastano per precipitarmi alla porta.

William scende dal suv con velocità e decisione. Indossa una tuta nera con il cappuccio teso a coprirgli i capelli, che però scopre non appena incrocia il mio sguardo. I suoi occhi puntano i miei, stanchi ma enigmatici come sempre.

Non volevo chiamarlo, soprattutto dopo ciò che è successo a casa sua solo poche ore fa. Ma non avevo altre opzioni.

Con grandi falcate mi raggiunge, mentre una leggera pioggia inizia a scendere dal cielo scuro della notte. Ci guardiamo per qualche secondo, consapevoli che ciò che in realtà non c'è stato, è stato intenso quasi come se fosse davvero avvenuto; consci che quell'alta tensione che ci ha tenuti incatenati bruciandoci la pelle non può essere ignorata ancora per molto tempo.

Ma adesso non è ancora arrivata l'ora di venire a patti con il diavolo.

Mi faccio da parte non lasciando spazio ad altre parole e spalanco la porta alle mie spalle.

«Che diavolo è successo?»

«Per favore, entra» gli dico, pulendomi le mani sporche di sangue su un canovaccio.

«Will» la voce di Liz arriva dal corridoio, accanto alle scale.

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«Elizabeth! Cazzo...»

Si avvicina a lei, immobile e seduta contro il muro. Sulla testa tiene sollevato un pezzo di stoffa a coprirle un grosso taglio. William si accovaccia accanto a lei, scoprendole la ferita sotto lo sguardo contrariato di Liz, che mi ha ripetuto circa venti volte di non telefonare a nessuno.

Guarda le scale a chiocciola, il vaso a terra, il vetro, i tagli, il sangue.

Poi mi osserva, e ci scambiamo una strana e complice occhiata eloquente.

«Fa' vedere» senza alcuna delicatezza le scopre la fronte sollevandole i capelli rossi appena ripuliti dal sangue.

Era l'una e mezza passata di notte ed ero seduta sul divano, mentre cercavo di sistemare un po' di appunti per il reportage – cosa piuttosto difficile dato che la mia mente continuava a ripetermi quel 'ragazzina' e il mio corpo a ricordarsi le mani di William ferme sul mio petto martellante – quando ad un certo punto, dal silenzio assoluto, ho sentito un grido e poi un grosso frastuono, seguito da un rumore di vetri che si infrangevano.

Non so come abbia fatto, come sia potuto succedere, ma una volta corsa in corridoio ho trovato Liz a terra, in fondo alle scale.

Eppure, proprio per il suo problema alla vista, l'ho sempre vista fare le cose con estrema attenzione, muoversi accuratamente e con passi studiati...

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