Capitolo Due

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«Hai messo il vestito più corto dell'armadio e la chiami ancora "cena di lavoro".» La voce di Lauren si sovrappone a quella del navigatore.

«Non ho avuto tempo di passare in tintoria. E non credevo fossimo di colpo arretrati nel 1200, quando gli abiti facevano il monaco.»

«Quell'abito ti rende molto diversa da una monaca.»

«E le tue parole ti rendono molto diversa da Lauren.» La fulmino con lo sguardo. Si può incenerire un fantasma? Forse no. Ma, se ci pensi bene, é già cenere.

«Eppure é il suo viso quello che vedi.» Il suo subdolo sorriso mi mette i brividi più della temperatura rigida di Chicago. Scuoto la testa. É una partita persa in partenza e ogni sconfitta può aspettare.

Inforco il cappotto e strigo la sciarpa al collo.

«Quella coprirà solo la scollatura, ma all'orlo chi ci pensa?» Storce il naso come se sapesse cosa sia il dispiacere.

Baratto il suo sorriso di plastica con un'affermazione tagliente: «A quanto pare tu.» Esco dall'auto sbattendo la portiera e mi incammino a testa alta verso l'ascensore.

Carter mi attende al piano superiore. Credo di aver fatto tardi, ma non consulto l'orologio da svariato tempo. Ho perso l'abitudine di tenere il conto dei minuti da quando si sono dilatati in ore. Non porto più l'orologio. La mia segreteria mi ricorda i doveri prima che scadano, ma per la mia vita privata devo arrangiarmi fra istinto e fortuna. L'ascensore rivela la hall gremita e in fermento. Spalle eleganti e mani ingioiellate si alternano fra riti di convenienza e sorrisi di circostanza. La maledetta scalata sociale pare finita a chiunque metta piede su questa moquette. Io sento solo di esser scesa un girone più in basso.

«Camila.» La voce di Carter subissa la mia. Mi volto a salutarlo. É in perfetta forma, come sempre. Nemmeno un capello fuori posto. I baffi sono stirati come le maniche della camicia e le orecchie tese quanto i risvolti della giacca. «Sei splendida.»

Accetto il complimento con un rossore verace e mi sforzo di non ricambiare. É facile per un uomo affascinante confondere la stima con le lusinghe, e io non sono qui per piacere. Seguo la sua mano verso l'entrata della sala. Scambia cenni di saluti con tutti, il che mi fa pensare di essere finita in una trappola. Hanno riservato il tavolo migliore per noi. Non oso immaginare quanto gli sia costato, ma non mi arrischio a chiederlo. Scosta la sedia per me e mi riprometto che questo sarà l'unico gesto galante che accoglierò con un sorriso durante questa serata.

«Non pensavo saresti venuta.» Dice non appena si siede.

«Oh fidati, venire non viene.» Oh no. Non siamo nemmeno all'antipasto e già abbiamo compagnia.

Fatico per non scambiare un'occhiata truce con Lauren. É difficile ricordare in ogni momento di non assecondarla. É come perdere il vizio di fumare. Replichi sempre gli stessi gesti e alla fine diventano così automatici da non rendertene nemmeno conto, ma sei già alla decima sigaretta. Con Lauren é lo stesso e non é meno nocivo, anzi. Il fumo intossica i polmoni, lei tutto il mio organismo.

«Mantengo sempre la parola lavorativa.» Specifico, forse deludendolo ma non scoraggiandolo.

«É per questo che la tua compagnia é una delle più prolifiche.» Versa dello champagne nei calici, ma ho come l'impressione voglia festeggiare in altri modi.

«Non é mia

«Ma senza di te non andrebbe da nessuna parte. Credimi. Ho un fiuto per queste cose.» Strizza l'occhiolino e innalza il calice.

«Per l'amor del cielo. Il mio cane ha più fiuto di lui.» Alza gli occhi al cielo Lauren, ed é li Che vorrei tornasse, ma non credo ci sia mai arrivata. É un pensiero triste, ma troppa rabbia ti tiene legata a questa terra anche senza un corpo. Ne sono sicura.

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