𝑪𝒉𝒆 𝒈𝒊𝒖𝒔𝒕𝒊𝒛𝒊𝒂 𝒔𝒊𝒂 𝒇𝒂𝒕𝒕𝒂

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Erano sensazioni, ma alcuni elementi non le erano ben chiari e voleva, doveva venirne a capo.

Primo: l'assassino aveva concentrato le coltellate sull'addome e, a detta del medico legale, la domestica era deceduta proprio a causa delle pugnalate, quindi il killer sapeva della condizione in cui era e voleva a tutti i costi far sparire lei e il feto.

Possibile che il padre del bambino fosse uno degli invitati alla cena? Che fosse un membro della Congrega?

Non era un'ipotesi da escludere. In fin dei conti, se un imprenditore o un uomo di grande rilevanza avesse una banale domestica come amante e lei rimanesse incinta non volendosene sbarazzare, diventerebbe un movente perfetto per un omicidio.

Secondo: quel foro nel lobo destro e il sangue raggrumato al suo interno. Era sicura fosse stato fatto da poco tempo, ma qual era il senso di bucarlo?

Terzo: il silenzio. Nella sala vi era baccano, vero, ma una persona che sta subendo pugnalate continue, non può non emettere urla o lagnarsi dal dolore. Se la teoria dell'avvelenamento fosse stata confermata dal medico legale, allora probabilmente Joy era stata messa k.o prima di essere uccisa e questo spiegherebbe il non lagnarsi durante l'omicidio.

Troppe domande e nessuna risposta concreta, ma di una cosa era certa: l'assassino si trovava ancora nella residenza degli Hardy.

***

«Avete una calligrafia pessima.» Ricurva sulla scrivania, sfogliava le pagine del taccuino tentando di decifrare quello che vi era scritto.
«Ho una scrittura veloce e io la comprendo molto bene.» Osservava fuori dalla finestra.

La notte irrompeva senza una via luminosa, solo una distesa di pura oscurità.
Il fumo della sigaretta lo avvolgeva creando una cappa sfocata attorno a lui.

«Che idea vi siete fatto?»
«Tra invitati e personale abbiamo un totale di cinquanta persone compresa mia madre, io e voi. Di queste cinquanta persone, le quattro cerchiate sono i presunti assassini della Signorina Winston.»
«Cosa si sa di loro?»
«James Turner, settantaduenne. Liverpool. Maggiordomo tornato da poco in servizio. Si è assentato per un periodo a causa di complicazioni familiari. Vedovo e non ha figli. Ha solo una sorella in fin di vita di cui si occupa sborsando fior fior di soldi per le sue medicine. Ho controllato i registri delle assunzioni e mia madre, su di lui, aveva segnato "presunto licenziamento"; ha debiti d'azzardo che ripaga mensilmente. Perdere il lavoro significherebbe non riuscire più a pagare i debiti e le medicine per la sorella e indovina chi è stata assunta subito dopo la sua partenza? Joy Winston. Ripicca? Risentimento? Disperazione? Potrebbe essere.»
«Joy mi ha detto di essere l'amante di un uomo con a carico una famiglia, non è lui l'assassino.»

Thomas l'osservava dal riflesso della vetrata tra curiosità e diffidenza. Chi era quella ragazza veramente?

«Nessuno è da escludere con sicurezza. Comunque, Sandra White, quarantatré anni. Londinese. Ha un marito medico di professione e tre figli di rispettivamente dieci, cinque e due anni. Lavora per noi da poco, assunta in prova lo stesso giorno della vittima. Parlando con le altre domestiche, hanno rivelato una curiosità in comune accordo: ha lavorato fino ai suoi trentadue anni in una sartoria, ma la vecchia gestione fallì e lei si licenziò. Hanno affermato che quando provavano a chiederle qualcosa in più sul vecchio lavoro, lei si agitava e cambiava discorso. Il periodo del licenziamento combacia con la nascita del primo figlio. Inoltre, l'hanno definita "invidiosa"; a quanto pare non apprezzava la bellezza di Joy, motivo per la quale discutevano spesso in privato. Difatti, era l'unica che aveva un minimo rapporto con la vittima.»
«E lei invece cos'ha detto?» senza pensarci si sedette al posto di Thomas, sfilandosi i guanti bianchi che posò, assieme alla pochette argentata, accanto al portasigarette in acciaio mostrando mani ben curate e affusolate.
«A detta sua, erano in buoni rapporti e le domestiche volevano metterle una contro l'altra, dato che erano state assunte nello stesso periodo e solo una di loro sarebbe rimasta. La Signorina White ha pianto tutto il tempo dell'interrogatorio, forse fin troppo disperata e ha affermato di non conoscere la condizione in cui era la vittima.»
«Della vecchia gestione della sartoria non si hanno contatti? Un nome, qualcosa? E i suoi familiari?»
«La vecchia gestione si è trasferita oltre oceano. Della sua famiglia non si è trovato nulla. Perquisendo le stanze del personale, però, è stato ritrovato un biglietto anonimo di sola andata per una nave che sarebbe salpata a fine mese con destinazione Madrid, ma non ha familiarità con la vittima né è riconducibile a nessuno dei sospettati.»
«Joy...» sospirò picchiettando le unghie sul tavolo pensierosa. «Farah Sharma... lei chi è?»
«Lavora per noi da quando ero piccolo, indiana. È venuta in Inghilterra da adolescente. Mia madre l'ha assunta in quanto conosceva la nonna paterna, anche lei lavorava per la nostra famiglia. È la capo cuoca della residenza, ha sessantadue anni, un marito e tre figli. Infine, Johnatan Hyde. Non so quando mia madre lo ha assunto e non è una persona che ama rispondere alle domande. Da quel poco che ha detto, sono riuscito ad estrapolare che ha cinquantanove anni, sposato e con due figli, di cui il più grande ha sedici anni. Non ha detto altro, rifiutandosi di collaborare»
«Vivete qua e non sapete nemmeno di chi vi circondate.» era una critica palese e a Thomas piacque quanto un ago sotto al piede.
«Sono per lo più a Londra. Se ne occupa mia madre e poi non stiamo parlando di me.»
«Permaloso oltre che insensibile e freddo...» accennò una risatina che smorzò subito dopo tornando a guardare il taccuino, sperando che il nome dell'assassino comparisse tra le pagine per magia.
«Gli agenti mi hanno riferito di avervi trovata sul retro, in corrispondenza della finestra della vostra stanza da letto. Cosa ci facevate là?»
«Cinquantotto secondi.»
«Prego?» si volse verso la ragazza interrogativo.
«Cinquantotto secondi è il tempo impiegato per riaccendere la luce dopo che se n'era andata.»
«E quindi? Cosa c'entra questo con il fatto che vi hanno trovata tra le frasche del retro casa?»
«Se fossi l'assassino, in cinquantotto secondi non avrei il tempo di salire le scale, capire dove si trova Joy, avvelenarla ipoteticamente, pugnalarla e sbarazzarmi definitivamente dell'arma del delitto, per poi tornare dal resto delle persone come nulla fosse...»
«Stavate cercando dove fosse l'arma. Perché arma e assassino sono ancora qua.»
«Allora non siete così superficiale.»
«Non lo sono mai nel lavoro. La casa è stata ispezionata anche nel retro, Signorina Wright. L'arma non si trova tra le foglie e, sicuramente, non è sparita per magia come il misterioso assassino.»
«Aspettate... magia. Sparire per magia!»
«Stavo scherzando, ero ironico Signorina...» si passò una mano sul viso.
«Ma io no. E se ci fosse un modo alternativo? Magari un passaggio che collega il piano terra alle camere da letto?»
«Vi ricordo che è casa mia, saprei se ci fosse un "passaggio segreto".»
«Non sapevate nemmeno delle assunzioni nuove fatte da vostra madre né dei volti del personale.» alzò un sopracciglio. «Lo avete ribadito più volte voi stesso: passate molto più tempo a Londra che qua nei pressi di Birmingham, magari vostra madre ha fatto fare qualche modifica.»
«Improbabile ma tentiamo. WALKER!»

𝑳𝒂 𝒓𝒂𝒈𝒂𝒛𝒛𝒂 𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒍 𝒄𝒖𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒗𝒆𝒕𝒓𝒐 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora