Twitter quella mattina lo informa che nel mondo sono arrivate ad esserci otto miliardi di persone. Otto fottuti miliardi e in quel vagone del treno sembrano essersi condensati i più fastidiosi individui che abbiano mai calcato la terra.
Simone sbuffa e si accovaccia – praticamente si spalma – sulla parete accanto al finestrino sperando che il suo vicino la smetta di allargarsi. Vana speranza che si condensa nel suo spazio vitale ridotto. Ha la faccia praticamente schiacciata al finestrone che dà sul tavolino che condividono in quattro e può vedere nel riflesso l'espressione accigliata che gli si è poggiata sul viso da quella mattina.
Se non altro almeno la campagna toscana che sfuma in quella laziale gli promette che quel viaggio sta per volgere al termine.
Basta che il telefono vibri perché Simone si riscuota improvvisamente per leggere una risposta che però non è arrivata.
Suo padre gli dice che lo stanno andando a prendere lui e la nonna e che sono felicissimi di rivederlo. Simone si toglie l'aspettativa dal volto.
Non che non gli faccia piacere il messaggio, ci mancherebbe. È solo che se ne aspettava un altro.
Così risponde velocemente sullo stato del treno – sono almeno in orario – e ritorna a perdere lo sguardo nel paesaggio laziale.
Sono quattro anni che fa quel viaggio almeno sei volte all'anno ed ogni volta si dice che è l'ultima in cui si sentirà così trepidante, impaziente, agitato - direbbe quasi in ansia - come se non sappia esattamente quello che accadrà.
Il viso di Manuel fa capolino nei suoi pensieri come se galleggiasse tra il mare di pensieri dentro cui ha provato ad annegarlo e lui sblocca ancora una volta lo schermo del cellulare senza trovarci alcuna notifica.
Riapre la chat - solo un'ultima volta, si ripromette - per vedere se magari si è perso il messaggio senza accorgersene ma le due spunte blu gli danno la stessa risposta: a Manuel non interessa che lui abbia preso il treno in anticipo per passare più tempo con loro, con lui.
E perché mai dovrebbe?, chiede per lui la sua mente. Sa perfettamente quali sono gli accordi tra di loro. Dopo anni che va avanti in quel modo vorrebbe almeno aver perso la voglia di sperare che le cose cambino. Quantomeno Manuel si impegna sempre molto per ricordargli qual è il suo posto.
Stizzito dai suoi stessi pensieri, butta il telefono nello zaino e chiude la zip. Se non importa a Manuel non importa neanche a lui, e basta.
*
La voce metallica ha annunciato qualche minuto fa che stanno per arrivare a Termini e la folla si è riversata verso entrambe le uscite. Simone aspetta al suo posto che il vagone si sia calmato. Solo quando si fermano e il vagone inizia a svuotarsi si alza, prende il telefono dallo zaino e se lo mette in tasca imponendosi di non sbloccarlo. Se qualcun altro avesse voluto contattarlo lo avrebbe chiamato.
Con il trolley in una mano e l'altra nella tasca, segue il flusso di persone che sciama verso i tornelli della stazione. Attorno a lui l'aria è piena di abbracci, sorrisi e baci, saluti festivi, passi celeri. Si sente quasi fuori contesto con la sua espressione impassibile e il passo strascicato.
Solo quando nota il grande sorriso di sua nonna e quello più quieto di suo padre sente la fronte rilassarsi. Va loro incontro e li abbraccia entrambi.
«Com'è andato il viaggio?», «C'era tanta gente?», «Che bello che tu sia tornato prima», sono solo alcune delle frasi che la sua famiglia gli riversa addosso mentre escono dalla stazione concitata per raggiungere la macchina parcheggiata fuori. Simone risponde con frasi di circostanza con cui tenta di nascondere i nervi che si agitano coperti da uno strato fin troppo sottile.

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Tutto il tempo del mondo
Fanfic"Riapre la chat - solo un'ultima volta, si ripromette - per vedere se magari si è perso il messaggio senza accorgersene ma le due spunte blu gli danno la stessa risposta: a Manuel non interessa [...] E perché mai dovrebbe?, chiede per lui la sua men...