Stefano

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Vorrei semplicemente imparare a vivere. Mi rendo improvvisamente conto che per tutta la settimana, anche se è finita la scuola, non ho fatto assolutamente nulla. Vorrei fare qualcosa, ma poi semplicemente, me ne sto fermo in camera mia, cercando solo di scrivere qualcosa, leggo e guardo serie TV. Ma non cerco mai di uscire di casa. Sono un asociale del cazzo, credo.
Improvvisamente, squilla il telefono di casa, quindi vado a rispondere.
«Stefano» dice Elisa con tono un po' impaurito «Qui è un casino, puoi raggiungermi a casa?» «Che succede?» chiedo un po' assonnato, mi sono svegliato da poco.
«Ho paura che stia per succedere qualcosa di molto brutto! Per favore puoi venire qui? Davvero, ho paura. C'è un casino qui! PER FAVORE!» La sua voce sta per spezzarsi.
«Elisa! Calmati! Si può sapere cosa sta succedendo?»
«Ti spiego quando arrivi qui, ma per favore fai presto» risponde lei.
A questo punto lei stacca il telefono
Odio quando fa così. Lei è la mia ragazza, ma ultimamente ho molti dubbi su alcune cose che riguardano la nostra relazione, in particolare su di me. Ma comunque le voglio bene, e voglio il meglio per lei, solo che ultimamente non provo più sentimenti molto forti, ma allo stesso tempo ho paura di lasciarla, ho paura di ferirla. Ci sono tanti sentimenti ed emozioni contrastanti dentro di me, e nemmeno io capisco più nulla ultimamente. Forse anche lei lo sta notando, ma non lo vuole dire. Ad ogni modo ora devo andare a casa sua, sembra aver bisogno del mio aiuto adesso.

Vado a vestirmi velocemente. Quando torno in cucina, vedo mamma seduta vicino al tavolo, intenta a sorseggiare del latte, mentre legge le soluzioni del cruciverba.
«Mamma, sto andando da Elisa, va bene?» le chiedo
«Okay» mi risponde lei «Ma torna entro le 14:00»
Annuisco, prendo il telefono ed esco di casa.
Camminando, penso a cosa potrebbe essere successo. Ho paura che sia qualcosa di grave, aveva un tono impaurito, la cosa mi spaventa molto.
Decido di affrettare il passo.
Mi torna a mente il dubbio che mi è venuto l'altra notte. Ripenso a Luca. Mi fermo. Non so se i sentimenti che ho provato siano veri. Se lo sono, non saprei nemmeno cosa dire ai miei genitori, a mamma in particolare. A me starebbe bene...Credo, ma non so se lei lo accetterebbe. Comincio seriamente a sentire il panico crescere. Non saprei nemmeno come dirlo a Elisa, o al resto dei miei amici. Se non lo accettassero?
Scuoto la testa cercando di scacciare questi pensieri, perché tanto non è quello che penso. Non posso essere innamorato di Luca. Riprendo a camminare, concentrandomi solo sui rumori. I passi della gente, il chiacchierare delle persone, il mio respiro.
Arrivo in poco tempo davanti casa di Elisa, ma quando sono a circa 300 metri da quest'ultima, vedo delle volanti della polizia e un'ambulanza vicino casa sua. All'improvviso, è come se la mia mente si spegnesse. Comincio a correre verso la casa, e vedo Elisa e i suoi genitori accanto alle volanti.
Li raggiungo affannato. Quando arrivo mi piego in due respirando forte, ma comunque l'aria non arriva ai polmoni. Comincio a tossire, e la vista mi si appanna. Provo a prendere delle boccate d'aria, ma sento come se si bloccasse in gola.
Sento l'agente che mi chiede: «Ragazzo, tutto okay?»
Tocco la tasca dei pantaloni in cerca dell'inalatore, ma non sento nulla. Merda! L'ho dimenticato a casa.
Sento che la testa mi gira.
Elisa comincia ad andare nel panico. «L'inalatore!» dice «Dov'è? Oddio, no per favore»
Cado con le ginocchia per terra. Sento delle braccia che mi alzano da terra, non riesco a capire bene chi siano. Qualcuno mi porta in casa, sento qualcuno che mi stringe la mano. Sento che mi poggiano su qualcosa di morbido, penso sia il divano. Intanto la crisi continua a peggiorare. Tra respiri affannati ed attacchi di tosse, perdo completamente la vista. Poi silenzio.

Ci sono delle voci intorno a me. Parlano velocemente e a bassa voce. Sento una mano calda che stringe la mia fredda. Pian piano, riesco a riaprire gli occhi, e vedo la luce del lampadario lontana e sfocata. Il mio sguardo si sposta verso una figura dai capelli marroni e la pelle scura come il cioccolato accanto a me. Metto a fuoco lentamente, e vedo gli occhi azzurri di Elisa, che sta guardando la mia mano.
«Ehi» mi dice lei accorgendosi che mi sono svegliato «Ti sei svegliato, finalmente»
Ha pianto, si capisce dal tono di voce.
Tutti nella stanza si voltano. Solo ora noto che ho attaccato al naso, un sondino che mi solletica le narici. Vedo una donna dai capelli biondi corti, con una divisa da soccorritrice. Si avvicina al divano e mi dice: «Hai avuto una crisi asmatica molto forte, sai? Un inalatore non l'avrebbe fermata.»
«Perché allora non sono in ospedale?» chiedo con un filo di voce.
«Non avremmo fatto in tempo ad arrivare lì, è lontano l'ospedale più vicino. Quindi abbiamo allestito una piccola sala d'ospedale qui.» mi spiega.
In effetti ha ragione, quando ebbi la mia prima crisi, a 9 anni, andammo in farmacia, il primo ospedale è a 2 ore di macchina da qui.
Quindi annuisco. Mi metto lentamente seduto, ma la testa mi gira, mi sento come se stessi per svenire di nuovo. Elisa mi prende giusto in tempo, prima di cadere a terra. Mi poggio di nuovo con la schiena sul divano, tossendo.
«Hai ancora la pressione bassa secondo me» dice l'infermiera «Avete dello zucchero in cucina?»
La madre di Elisa, Miriam, annuisce mentre si dirige in cucina.
«Okay, ora usciamo tutti, lasciamolo solo con Elisa!» La ragazza bionda esce assieme agli altri dal salotto.
Elisa mi stringe in un abbraccio.
«Ho avuto paura» sussurra «Stefano, i tuoi attacchi d'asma stanno peggiorando ultimamente»
«Avevo corso, Elisa» cerco di tranquillizzarla «Penso che molti avrebbero avuto una crisi così»
«È successo anche il mese scorso, ma non avevi nemmeno corso, avevi sceso una rampa di scale. Ti abbiamo dovuto portare in ospedale. Sono state due ore di inferno per farti arrivare sano e salvo fino a lì. Ti abbiamo attaccato ad una bombola di ossigeno, e in ospedale ti hanno ricoverato per 4 giorni»
Ha ragione, forse. Lei si stacca dall'abbraccio.
«Elisa...» le dico «Cosa è successo qui?»
«I vicini di casa, Lisa, Charlie e i due bambini. Nella loro casa, pensano ci sia qualcosa.» mi risponde «Dicono di aver visto delle ombre»
«Siete sicuri che dicano la verità?» chiedo
«Al cento per cento. Anche perché uno dei bambini si è risvegliato con un taglio sul mento. Non dire che è stato uno dei genitori! Ci sono le telecamere di sorveglianza. Mostrano una figura incappucciata che ha fatto questo taglio sul mento del bambino. Mentre ciò succedeva i genitori dormivano, si vede chiaramente dalle videocamere.»
Annuisco. Mi gira ancora la testa e sento che mi si sta sfocando la vista.
«Ehi» dice Elisa «Sei sbiancato va tutto bene?»
«Si, solo mi gira ancora la testa e vedo tutto un po' sfocato.»
«Vado a prendere l'acqua e zucchero.» mi dice
Rimango solo nella stanza.
Comincio a riflettere. Perché entrare in una casa, ferire un bambino e andarsene? Non può essere un avvenimento casuale. È un avvertimento. Ma soprattutto perché proprio a loro? Non penso che una persona, un killer, entrerebbe in una casa casuale per ferire un bambino e andare via? Non avrebbe senso. Sarebbe anche una mossa avventata. Questo significa che per la famiglia di Lisa è solo l'inizio.

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