Quando ero piccolo amavo particolarmente correre.
Non c’era un sabato o una domenica in cui non volessi uscire con mio padre per andare a fare un giro fino all’Abbazia di Chiaravalle. Ero così impaziente di correre che quelle volte in cui il navigatore del suo orologio da running aveva dei problemi con il GPS mi mettevo a prendere a pugni uno dei cuscini del divano per la rabbia. Il mio compagno di corsa era il motivatore migliore del mondo. Con lui ero sicuro di dare sempre il massimo. Ogni settimana che passava continuavo a migliorare ed ero orgoglioso di annotare sul mio diario a fine giornata la distanza percorsa, il passo al chilometro e la durata dell’allenamento.
Correre mi dava una sensazione di euforia quasi impossibile da descrivere. Era come un’esperienza mistica di un’intensità tale da riuscire a farmi dimenticare della fatica e del fiatone che mi accompagnavo durante gli ultimi chilometri. Ho sempre visto la corsa come l’unica porta che mi permetteva di evadere dal mondo, dalla monotona routine di tutti i giorni.
La parola giusta per descrivere questo sport è una sola: libertà. Con un gesto così apparentemente semplice ma innegabilmente naturale riuscivo a esprimere me stesso, facendo viaggiare la mente ovunque.
Durante gli allenamenti spesso mi immaginavo come sarebbe stata la vita di montagna. Sono sicuro che correre tra i pascoli oppure in un bel bosco di larici all’ombra sia meglio rispetto a fare la stessa cosa ma sotto il cielo grigio di Milano.
Mio padre, che ha avuto la fortuna di trascorrere la sua infanzia tra le montagne, lo sapeva meglio di me.
Spero solo che ora stia bene, ovunque lui sia. Vorrei almeno rivederlo un’ultima volta per chiedergli scusa per tutto. Per essere stato un adolescente difficile, per avergli spesso e volentieri risposto male anche quando aveva ragione e per non essermi preso cura di lui tutte le volte che aveva bisogno di me.
Non l’ho neanche salutato il giorno in cui sono scomparsi tutti. È uscito di casa per andare a lavorare e non è più tornato. L’ultima immagine che ho di lui è mentre stava accarezzando il gatto dopo averlo rimproverato di non farsi le unghie sulla sua ventiquattrore.
Sorrideva malgrado la giornata pesante che avrebbe passato in ufficio.
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Ovunque voi siate [#Wattys2023]
Science FictionLe strade di Milano sono completamente vuote, non c'è alcun segno di vita da mesi. Sto cercando di farmi forza ma l'idea di essere l'unica persona ancora viva in questo mondo mi terrorizza. Chissà se là fuori c'è qualcuno solo come me. Ho bisogno di...