CAPITOLO XVII

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Il cuore mi batteva talmente tanto che per un attimo pensai che potesse uscirmi dal petto: non ero mai stata così agitata quando si trattava di parlare con qualcuno, ma con Arthur era diverso, adesso era diverso. Tesi una mano in avanti e gli toccai piano la spalla, facendolo voltare di scatto

Arthur Leclerc's pov:
L'aria fresca soffiava sul mio viso e un brivido mi attraversò la colonna vertebrale, facendomi tremare appena. Ero diretto verso il parcheggio quando una mano si posò delicatamente sulla mia spalla facendomi voltare di scatto con un sopracciglio alzato, ignaro su chi potesse essere. Quando riconobbi la carnagione perlata di Isabella, i suoi occhi scuri con quelle ciglia lunghe, il naso piccolo e le gote rosee che le conferivano una bellezza disarmante, il mio sguardo si ammorbidì. Le sue labbra si schiusero e un soffio ne uscì, impercettibile. Voleva dirmi qualcosa che io purtroppo non capii, così mi avvicinai e lei ritrasse la mano con cui aveva catturato la mia attenzione, piena attenzione «Io- ho bisogno di parlarti» ammise incerta non riuscendo a sostenere il mio sguardo: voleva parlarmi e io non potevo che esserne più felice, ma il ricordo di lei e Lewis insieme mi fece perdere il sorriso che le avevo abbozzato «Certamente» la invitai a seguirmi e lei, stringendosi nella sua felpa grigia e non smettendo di toccarsi i capelli visibilmente agitata, prese a camminarmi dietro. Non sapevo dove ero diretto ma passeggiare all'aria aperta avrebbe fatto bene ad entrambi, per schiarirci le idee e trovare le parole giuste. Non sostenevo una conversazione con Isabella da molto tempo e non volevo assolutamente che lei si allontanasse ancora, per colpa mia. Accelerò il passo quando si accorse che la stavo guardando e mi affiancò schiarendosi la gola «Ti va se ci sediamo?» domandò indicando delle poltrone poste sotto un gazebo di legno scuro. Annuii con il capo sedendomi difronte a lei, impaziente. Il modo in cui stirava le mani sulle cosce e picchiettava insistentemente le mani sul cuscino grigio della poltrona mi lasciarono intendere che era molto più che agitata: Perché? Faccio così paura? Incerto sul da farsi mi guardai intorno in cerca di qualcosa da dire per rompere il ghiaccio che si era impossessato di entrambi, congelando le parole che dovevano solo essere sciolte per essere pronunciate... «Mi dispiace...per stamattina» parlò finalmente Isabella mettendomi, inconsciamente, in estremo disagio e accendendo in me un pizzico di...gelosia. Non volevo interferire con quelle che erano le sue interazioni con altre persone e non volevo assolutamente che lei si sentisse in dovere di darmi spiegazioni a riguardo, ma è come se sentissi il bisogno di saperne di più, di scavare più a fondo e di sondare il terreno, così lasciai che continuasse indisturbata «Io e Lewis- noi- non- andiamo Arthur! Capiscimi!» sbottò passandosi una mano fra i lunghi capelli castani e mordendomi nervosamente il labbro «Bella, non devi spiegarmi niente, non sentirti in dovere di farlo» dissi calmo. I suoi occhi guizzarono fino a scontrarsi con i miei, entrati in perfetta sintonia «Ho capito» in quell'instante la voce mi tradì, appena fredda e con riluttanza sputai fuori quelle parole, ma lei sembrava così felice che abbozzai un sorriso «Davvero?» chiese speranzosa sporgendosi verso il tavolino che ci separava e poggiando entrambi i piedi a terra «Sì, certo. Sei liberissima di stare con chi vuoi, di fare...quel che vuoi con chiunque tu voglia, d'altronde chi sono io per impedirtelo?» intrapresi un discorso tutto mio, dando voce ai miei pensieri che nascondevano la verità, una verità dolorosa e dalla quale volevo sottrarmi ma era più forte di me «No Arthur io-» non le permisi di terminare perché sapevo cosa avrebbe detto, così la tranquillizzai a riguardo «Non preoccuparti Bella, ho capito. Stai con Lewis e va bene, va bene» ripetei più a me stesso che a lei a dire il vero «No Arthur davvero» la interruppi di nuovo facendola sospirare e schiudere le labbra nel tentativo di fermare il fiume di parole a cui io stesso non riuscivo e non volevo dare un freno «Ho passato dei bei momenti con te ma siamo andati avanti, io e te, non siamo più legati perciò sentiti libera di fare quel che senti» dissi sospirando e distogliendo lo sguardo dal suo, non riuscivo a reggerlo perché vederla con lui, mi faceva imbestialire ma cosa potevo fare io? «Sì invece! Lo siamo» soffiò infine lasciandomi più confuso che mai. Spalancò appena gli occhi e si maledì per non aver dato freno alla lingua, lo notai: Cosa voleva dire con quello? «Mm?» domandai e lei andò nel pallone scuotendo energicamente le mani dinanzi a sé come per cancellare ciò che aveva appena detto «Scusami, si è fatto tardi» disse fredda stringendo i pugni e voltandomi le spalle. Mi alzai di rimando e le andai dietro, non le avrei permesso di andarsene così senza una spiegazione. Le afferrai il polso e la feci voltare incontrando i suoi occhi che si erano stretti in una fessura, segno che era arrabbiata...«Lasciami» sibilò tra i denti ma non ero intenzionato a farlo, così scossi la testa e lei si dimenò, invano «Per favore» disse ancora con il tono di voce più morbido. Non le stavo facendo male perché non mi sarei mai permesso, ma il modo in cui l'avevo bloccata la innervosiva e la rendeva...ancor più bella. Isabella era davvero bellissima e più la guardavo più mi rendevo conto di essere stato uno stupido. I miei occhi vagavano dai suoi occhi alle sue labbra, l'impulso di baciarla era incontrollabile e le mie mani fremevano dalla voglia di stringerla a me, ma non potevo «Arthur» soffiò lei accorgendosi di come la guardavo. Il mio nome pronunciato dalla sua voce calda e sottile arrivava alle mie orecchie come una dolce melodia e mi piaceva così tanto, cazzo se mi piaceva mi faceva impazzire «Che significa?» chiesi calmo allentando la presa quando lei si dimenò ancora «Che significa cosa?» domandò a denti stretti sapendo perfettamente a cosa mi riferissi, sembrava come se stesse nascondendo qualcosa «Lo sai!» la ammonii a denti stretti inspirando profondamente «Che significa che siamo ancora legati?» la prima cosa che mi venne in mente fu quella di farle mille domande finché non avrebbe ceduto e mi avrebbe detto cosa c'è, ma era visibilmente sotto pressione e in procinto di scoppiare così le lasciai andare piano in polso e allontanando il viso dal suo «Lo sai» sussurrò lasciandomi perplesso e con mille domande mentre Isabella farfugliava scuse torturandosi le mani, lasciandomi lì, da solo in mezzo all'enorme distesa di breccia ed erba del cortile dell'hotel. Il passo era sostenuto e si fece sempre più piccola a furia di stringersi nelle spalle. Avevo l'impressione che avesse rivelato qualcosa di troppo e ciò mi logorava dentro: avrei scoperto di cosa si trattasse, ad ogni costo

SEI SEMPRE STATA TU || Arthur Leclerc  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora