Capitolo quattro

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Victoria

Stasera non ho proprio voglia di lavorare. L'incontro con quel nobile sfacciato stamattina mi ha indispettito non poco. Stento a credere che quel presuntuoso, senza neanche conoscermi, mi abbia fatto una proposta indecente.

Cosa credeva di ottenere? Pensa che basti qualche moina o un bel titolo per comprarmi? Si sbaglia di grosso.

Ho una dannata voglia di prenderlo a sberle, sebbene non conosca il suo nome. Mi ha messo di cattivo umore e non riesco a domare la mia rabbia anche adesso che dovrei servire i clienti di questa squallida taverna e concentrarmi sul lavoro.
Devo ammettere mio malgrado che era bello più di ogni altro uomo io abbia mai visto, ma se spera che il suo bel faccino gli faccia guadagnare il mio affetto si sbaglia di grosso.

Sono ben altre le virtù che cerco in un uomo. Mio padre, quello sì che è un ottimo esemplare. Non è soltanto bello e affascinante, lui è l'uomo più gentile che io abbia mai conosciuto.

Nutro per lui una profonda stima. Ha sempre la battuta pronta, è dolce, galante, protettivo. Insomma è impossibile non amarlo, infatti mi domando perché sia rimasto solo dopo la morte di mia madre.
L'amore lo ha scottato a tal punto da impedirgli di concedersi una seconda opportunità?

Quello sciagurato invece non ha nulla a che vedere col mio adorato padre. Era soltanto un maledetto mascalzone di prima classe.

Comincio a servire armata di un sorriso forzato e con gesti stizziti raccolgo i boccali sparsi.
Mentre continuo a svolgere con poca grazia le mie mansioni, una coppia mal assortita cattura la mia attenzione: un uomo ben vestito, dai lineamenti gioviali che tracanna un boccale di birra, è accompagnato da un giovanotto con un berretto calato sul capo che con dita tremanti fatica a reggere il bicchiere che ha ordinato per sé.

«State tranquilla, quella vecchia canaglia ha trascorso più ore della sua vita in questa taverna che a casa» dice il tizio al ragazzino, con tono sicuro.
Strano che si rivolga a lui come se fosse una donna.

Chissà di chi stanno parlando, forse aspettano un cliente abituale? Sono tante le persone che con frequenza giungono qui.

Il loro discorso mi ha incuriosita, di solito non sono avvezza a preoccuparmi dei problemi altrui o a origliare le conversazioni dei clienti, ma oggi sono così nervosa che desidero a ogni costo trovare un diversivo per distrarmi dai torbidi pensieri che gironzolano nella mia testa, tutti rivolti al nobile spudorato conosciuto dai signori Mason.

Mentre sistemo i bicchieri nella cesta, non distolgo mai lo sguardo da quei bizzarri clienti e non una volta il giovanotto ha sollevato la testa. Stento a comprendere le ragioni che gli procurino una tale tensione emotiva.

Mi lascio sfuggire una brocca dalle mani, provocando un sonoro baccano che cattura subito la loro attenzione.

«Che succede?» chiede a quel punto nervoso, senza osare alzare il capo, il ragazzino al suo accompagnatore.

Quell'uomo però non gli concede una risposta. È intento a osservarmi. La cosa non mi sorprende affatto, capita spesso che gli uomini si distraggano per il mio aspetto, eppure più che ammaliato mi sembra sbigottito, quasi avesse al suo cospetto un fantasma.

Mi fa sentire così a disagio che mi sistemo qualche ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Quando l'altro giovane però, attratto dallo sguardo del suo compagno, rivolge a me la sua completa attenzione il mio volto diviene una maschera di stupore e sconcerto.

Mai dimenticherò quell'attimo, dubito di riuscire più a scordarmi un simile evento. Sono incredula e non mi capacito di quel che le mie iridi mi rimandano indietro.

Strabuzzo gli occhi e li strofino, credendo di avere ormai le allucinazioni, lui è ancora lì, quell'immagine non si dissolve.

Sono così sconvolta che non mi preoccupo di fissarlo indiscreta. È come se mi stessi riflettendo dinanzi a uno specchio perché l'uomo al mio cospetto, con gli abiti fin troppo grossi per la sua esile figura, è identico a me. Solo che non ha il mio stesso sesso, o meglio se è una donna, per qualche assurda ragione sta camuffando la sua identità.

Continuo a osservarlo rapita e, a un'occhiata più attenta, scarto l'ipotesi che si tratti di un maschio, i suoi lineamenti, identici ai miei, mal si addicono all'altro sesso.

Provo a individuare delle differenze, escluso l'abbigliamento, vorrei vedere i suoi capelli, solo qualche ciocca ribelle sfugge fuori dal capellino e, ahimè, anche quelle sono corvine, proprio come le mie. Quella creatura è la mia copia perfetta.
Vorrei porle un'infinità di domande, ma non riesco a proferire parola, tanto sono scossa da questa strana situazione e neppure lei o l'altro tizio paiono riscuotersi dallo stupore.

In altre circostanze probabilmente sarei rimasta in quello stato confusionario ancora per parecchio ma un altro rumore desta la mia attenzione. Un uomo, che ho già visto in questa taverna, è appena giunto dinanzi al bancone e non posso rifugiarmi nella dispensa come ho già fatto. Sono costretta ad affrontarlo.

«Questa volta non mi sfuggirete» esordisce piuttosto deciso.

Santo Dio, che arroganza! Ecco un altro che crede che ogni cosa gli sia dovuta. Oggi li incontro tutti io questi spocchiosi? Ha un tono autoritario e duro che mi fa venir voglia solo di prenderlo a sberle. Si può sapere cosa accidenti vuole da me?

«Jack!» esclama la donna che mi somiglia come una goccia d'acqua al mio molesto attentatore e così quel borioso rivolge a lei la sua completa attenzione, sfuggendo al mio sguardo tagliente.

Quindi è quello il suo nome: Jack. Quel tipo è vestito in maniera rozza. È bello, sebbene sia un presuntuoso.

Jack però non si accontenta della visione di quella donna e si volta di nuovo verso il bancone, puntandomi addosso i suoi zaffiri.

Si può sapere perché continua a interessarsi a me? Pare piuttosto scombussolato e guarda a intermittenza sia me sia la mia copia.

«Jack, siete voi» sussurra ancora delicata la giovane donna.

La vedo sollevare una mano verso quel volto, per ritrarla un attimo dopo. Ha un'aria spaesata. Sembra più sorpresa nel vedere lui che me.

Io, al contrario, non riesco a calamitare altrove la mia attenzione, osservo le lacrime che rigano ora le sue guance e noto che con dolcezza Jack solleva la sua mano e la poggia lento su quel volto, quasi volesse consolarla.

La sfiora incredulo, con tenerezza. E un po' invidio la cura con cui la tratta. Perché con me si comportano tutti da villani? «Si può sapere cosa sta accadendo? Datemi la mia birra!» dichiara minaccioso un tizio alle loro spalle, interrompendo quel dolce incontro di anime.

Incurante del tipo che ha appena parlato, la ragazza però lascia che la sua mano incontri quella del giovane uomo. Nella manovra scopre qualche ciocca corvina e mio malgrado mi ritrovo a constatare che anche quei boccoli somigliano ai miei. Sospiro, sempre più sconvolta. Non riesco a comprendere cosa stia accadendo.

«Bene, bene. Abbiamo un bel bocconcino qui» aggiunge l'uomo con malcelato ardore, rivolto alla ragazza che sta scombussolando i miei sensi.
Jack, senza pensarci due volte, sferra un pugno sulla mascella di quell'incauto disturbatore che atterra a pochi metri di distanza.

Un silenzio cheta il locale, nella stanza nessuno vuole prendere le parti di quell'uomo. Osservo in silenzio la scena, io stessa incapace di parlare.
Jack d'improvviso solleva senza il minimo sforzo la ragazza. La tiene con un braccio, trasportandola verso l'uscita con estrema facilità, mentre io li osservo sempre più turbata.

 La tiene con un braccio, trasportandola verso l'uscita con estrema facilità, mentre io li osservo sempre più turbata

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Identica e differente (Un piacevole malinteso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora