𝟤𝟩. 𝖠𝗅 𝗌𝗂𝖼𝗎𝗋𝗈 𝗍𝗋𝖺 𝗅𝖾 𝗌𝗎𝖾 𝖻𝗋𝖺𝖼𝖼𝗂𝖺

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AURORA


Era inutile stare lì a cercare scuse: Filippo aveva fatto un ottimo lavoro con la festa di Natale dell'istituto. Per quanto si ostinasse a fingere che non gli importasse niente, non riuscì a nascondere il sorriso soddisfatto davanti a tutte le persone che si divertivano in mezzo ai corridoi della scuola.

«Festa spettacolare, Auri!» gridò qualcuno passandomi accanto, ma non feci in tempo a ricambiare il saluto e a sottolineare che io centrassi veramente poco che questo era già sparito tra la folla.

Gaia mi prese a braccetto sogghignando. «Finalmente una festa fatta per il verso.»

«Sì, Filippo è stato bravissimo.»

Il caschetto svolazzò e mi sfiorò la guancia quando lei si girò per guardarmi. Nei suoi occhi c'era tutta la malizia che era solita tirare fuori da quando la situazione tra me e Filippo si era fatta più strana. Da una decina di giorni a quella parte pare che Filippo avesse preso seriamente la circostanza in cui eravamo, facendo di tutto per capire cosa stesse succedendo. Si stava comportando... bene.

C'era stato qualche altro bacetto dopo l'ultimo a casa sua ma niente di troppo esagerato, e a scuola ancora niente. A essere sincera, un po' mi aspettavo che proprio a scuola facesse qualche scenata, invece sembrava intenzionato a lasciare anche a me i miei spazi: mi conosceva a tal punto da sapere quanto avessi paura di correre. In qualsiasi cosa, non solo nelle relazioni interpersonali.

Avevo bisogno dei miei tempi e lui me li stava dando.

Storsi il naso.

Un po' troppo, però.

Ogni volta che passavamo del tempo insieme a scuola sentivo una voglia matta di stargli più vicino, sentire il suo profumo, toccarlo. Desideravo che mi baciasse ancora e con lo stesso trasporto della prima volta. Volevo che mi stringesse tanto da togliermi il respiro, e che mi toccasse ovunque facendomi sentire che fosse lì per me. Sognavo che...

«Se stai pensando a lui in questo momento giuro che vomito.»

Tornai subito con i piedi per terra e guardai Gaia con l'imbarazzo ben visibile sul mio volto, tanto che lei capì al volo che sì, stessi pensando a lui.

Ero ridicola. Dovevo riprendermi prima che tutto finisse male.

«Oddio, siete disgustosamente eccitanti voi due. A proposito: adesso dov'è?»

Sollevai le spalle. Bella domanda. Era quasi mezzogiorno e lui era sparito da più di due ore insieme ai ragazzi.

«Forse saranno di sopra a riempirsi di cibo.»

«Ma non siamo al giappo tutti insieme dopo?»

Alzai gli occhi al soffitto. «Non credo che questo li fermerà.»

Gaia sbuffò. «Vorrei avere il loro metabolismo. Giuro. Lo vorrei. Così mangerei fino a scoppiare e non prenderei un grammo.»

Ci trascinammo su per le scale facendo attenzione a non colpire i ragazzi che chiacchieravano.

«E poi», continuò lei facendo lo slalom, «sai a cosa stavo pensando?»

Incrociai le dita. «No, a cosa?»

«Alla gita di gennaio.»

Mi crucciai. Com'eravamo passati dal cibo alla gita di gennaio?

«Perché pensi alla gita di gennaio?»

«Perché ora che tu e il Re state ufficialmente insieme-»

«Non stiamo ufficialmente insieme», mormorai.

Dillo ad alta voceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora