𝟣𝟣. 𝖰𝗎𝖾𝗌𝗍𝖺 𝗀𝗎𝖾𝗋𝗋𝖺 𝗇𝗈𝗇 𝖾̀ 𝖺𝖽 𝖺𝗋𝗆𝗂 𝗉𝖺𝗋𝗂

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AURORA


L'idea di andare a scuola quella mattina non mi allettava affatto. Forse era la prima volta che mi capitava di pensare: "Mi fingo malata e resto a casa", ed ero anche convinta quasi del tutto di farlo se non fosse che mancasse una settimana all'elezione del rappresentante d'istituto e avevo bisogno di tutto il tempo possibile per girare di classe in classe e mostrare la mia lista.

L'idea di incontrare Filippo dopo quello che ci eravamo detti il venerdì prima, però, mi stava demoralizzando.

Che mi odiasse era palese, ma che lo facesse perché pensava che fossi una manipolatrice bugiarda era una novità per me. Se lui era arrivato a una conclusione simile chissà quanti altri la pensavano così.

Sbuffai allontanando le coperte e decidendomi ad alzarmi. Non potevo rischiare di perdere voti solo perché avevo paura di incontrarlo ancora. Non mi sarei fatta demoralizzare da bambinate del genere.

Scrissi subito a Gaia chiedendole se avesse potuto passare a prendermi e feci colazione mentre aspettavo una sua risposta, nel frattempo ripassai anche il discorso da fare alle diverse classi per ottenere i loro voti. Purtroppo, Filippo aveva ragione: era molto probabile che avremmo avuto un testa a testa ed erano i ragazzi delle due classi prime che avrebbero fatto la differenza. Avrei dovuto puntare su di loro.

Una volta pronta per la scuola, salutai la mia famiglia e raggiunsi Gaia sulla sua Vespa. «Prima o poi dovrai metterla via: sta cominciando a fare troppo freddo per la moto.»

Lei imprecò. «E ricominciare a prendere l'autobus in mezzo a tutta quella gente sudata? Piuttosto vado a piedi.»

Misi il casco e salii dietro di lei. «Abbiamo alternative?»

«Sì, appena fai i diciotto useremo la macchina di papà.»

Ridacchiai. «E pensi che lui ci permetta di usarla? Ama forse più lei di noi.»

«Non potrà dire no ai nostri begli occhioni teneri.»

Avrei avuto da ridire, ma... «Ad ogni modo, non possiamo arrivare a dicembre in queste condizioni: congeleremo prima.»

«È colpa mia se sei nata a fine anno?»

Mi crucciai. «No, ma non è nemmeno colpa mia...»

«Già, e quando torneremo da scuola sgriderò papà per questo, ma ora andiamo o La Patty ci fucila.»

Rabbrividii – e non tanto per il freddo – quando Gaia mise in moto e partì. Chilometro dopo chilometro sentivo l'ansia salire al pensiero di un nuovo scontro con Filippo. Nonostante gli avessi chiesto di fingere che non esistessi dubitavo che avrebbe rinunciato a farmi impazzire cercando lo scontro davanti a tutti. Solo che non ero più in vena di dargli corda.

Gaia parcheggiò al solito posto, poi scese e mi prese a braccetto. «Oggi cominciamo ad andare di classe in classe a fare propaganda? Vuoi che terrorizzi qualcuno?»

Storsi il naso. «Non voglio che le persone mi votino perché hanno paura di te...»

Lei ghignò. «Io sì.»

Avrei tanto voluto allontanarmi... «Alle volte, quando diventi inquietante all'improvviso, m'immagino un tuo alter ego che prende il sopravvento e comincia a nutrirsi del bene del mondo. Questa sarebbe anche una buona giustificazione al fatto che ci sono così tante persone cattive.»

Un'ombra malefica calò sui suoi occhi verdi. «E perché ti resto sempre così vicina, secondo te? Ho la mia scorta di bontà personale.»

Mi venne la pelle d'oca.

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