Il poeta

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Mosca, 10 gennaio 1818

Sedeva silenziosamente sulla lurida e vecchia panchina, osservando le pieghe che la lieve brezza disegnava sulla superficie della Moscova e riscaldando le mani col suo fiato caldo.

Veniva in quel luogo da quasi due anni ormai ed era disposto a congelare nei mesi invernali pur di starci; era a qualche minuto dal mercato più importante della città, ma era talmente silenzioso che sembrava di stare ovunque, tranne che nell'inverno moscovita.

Se non si considerava la temperatura gelida e l'enorme quantità di candida neve raccolta ai bordi dei marciapiedi, ovvio.

Quella vecchia panca era il suo rifugio, in quel posto aveva avuto le migliori idee per le sue poesie e le sue storie, riuscendo a rubare frasi sussurrate al vento da parte di giovani innamorati o cogliendo il triste sguardo di alcuni poveri mendicanti che elemosinavano in zona.

Amava quel fiume che divideva in due la sua amata città, così come amava guardare il paesaggio variare all'alternarsi delle stagioni da quella panchina.

Viveva una vita monotona, ma abbastanza dignitosa, considerata l'epoca in cui viveva e la classe sociale a cui apparteneva.

Abitava in un vecchio negozio di gioielli, poco distante da lì, appartenuto un tempo a Sergej, l'uomo al quale era stato affidato dalla madre sul letto di morte. La donna era morta di vaiolo quando il piccolo Tyler, questo era il suo nome, aveva solo tre anni, perciò il ragazzo non ricordava molto di lei e le uniche cose che sapeva gli erano state raccontate da Sergej.

Non conosceva molto di suo padre, ma non se ne curava tanto, perchè l'uomo non aveva mai provato ad avere contatti con lui.

Tyler Oakley di se stesso conosceva ben poco.

Sapeva di avere origini americane, 23 anni e occhi di una sfumatura indefinito, che variavano colorazione a seconda delle giornate.

Sapeva anche di avere un talento per la scrittura e la poesia, e dei capelli perennemente disordinati.

Sapeva di non avere amici e conosceva qualche parola in francese, imparato ascoltando le conversazioni di una coppia che sedeva spesso vicino lui.

In effetti Tyler Oakley non sapeva quasi nulla di sé, ma era poca la gente che gli chiedeva di lui e, anche di questo, non si curava.

Viveva nel suo mondo fatto di poesie e fiabe per bambini, e non aveva altri pensieri per la testa.

Aggiustò goffamente il cappello di lana sulla sua testa e si accorse di non essere il solo a contemplare la Moscova in quel freddo mattino invernale.

Di fronte lui stava un uomo vestito in pelliccia e dal portamento elegante. Era alto, con i capelli castani e sembrava molto magro.

Abbassò lo sguardo e strofinò nuovamente le mani fra di loro per tenerle calde, mentre aspettava che l'estraneo se ne andasse e lo lasciasse di nuovo solo coi suoi pensieri.

Ma l'unico movimento che fece fu quello di spostarsi un po' più a destra, come per ammirare la vista da un'altra angolazione, e mettersi di profilo rispetto al ragazzo.

Quello lo scrutò con più attenzione, capendo che era troppo impegnato a riflettere per badare a Tyler, e socchiuse gli occhi.

Dopo quello che era sembrato un lunghissimo minuto il moro fu certo di una cosa: non aveva mai visto una bellezza così raffinata ed elegante, il suo volto pallido e chiaro sembrava quasi essere stato scolpito nel marmo e tutti i suoi tratti erano così delicati e infantili allo stesso tempo che sembravano appartenere a una giovane fanciulla.

Il poeta || troyler versionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora