3
A volte,
ci sono delle simpatie così forti che,
incontrandosi per la prima volta,
sembra di ritrovarsi.
– Alfred de Musset
Mi alzo dal letto, mi sento frastornata e stanca, come se non dormissi da mesi, e appena appoggio un piede a terra avverto un dolore lancinante alla tempia sinistra: oggi avrò un terribile mal di testa. Mi sciacquo il viso e cerco di rendermi il più presentabile possibile visto che oggi passerò tutta la giornata a fare compere con Ethan e la sua famiglia. Chissà cosa avrà pensato di me, probabilmente che sia una pazza!
Apro l'armadio e scelgo qualcosa di semplice e comodo: un paio di blu jeans e un maglione vintage, marrone e con una trama particolare, uno dei miei preferiti. Mi trucco in modo leggero: una base chiara, giusto per coprire le occhiaie e qualche brufolo, un po' di mascara e una linea sottile di eyeliner marrone. Afferro la borsa di tela, e ci infilo dentro tutto ciò che potrebbe servirmi, do un'occhiata allo specchio e prima di uscire afferro una tavoletta di cioccolato fondente; non si sa mai, può sempre servire, soprattutto per i miei cali di zucchero e poi, da qualche parte, ho letto che il cioccolato fondente aiuta contro l'emicrania e infonde gioia, non so che fondamento scientifico abbia la cosa, ma a mio parere non guasta mai, soprattutto dopo una notte quasi insonne.
Davanti alla porta di Ethan faccio un respiro lungo e muovo le spalle per sciogliere la tensione, ho un po' di ansia da prestazione. Busso due volte, ma la porta è socchiusa e si apre dietro il mio tocco.
Ethan mi accoglie con un buffo gesto della mano e mi indica a due signori seduti sul bordo del letto, che mi rivolgono uno sguardo curioso e allegro.
«Mamma, papà, lei è Ophelia» gli dice con il suo inglese britannico dall'accento marcato.
Gli tendo la mano: «È un piacere conoscervi» dico con il mio inglese tutt'altro che britannico e perfetto, anzi, per quanto mi impegni a studiarlo, c'è sempre qualcuno che mi chiede se sono italiana! Ma, in fondo, sarebbe strano il contrario, visto che mia mamma è italiana e io sono nata e cresciuta a Roma e poi, devo ammettere che mi fa piacere essendo una delle poche cose che mi lega a lei.
Ethan mi prende sotto braccio: «Come ti senti oggi?».
«Meglio, grazie.»
«Ok non resisto, te lo devo proprio dire: sembri troppo un personaggio uscito da un vecchio film anni Novanta o Remus Lupin con questo maglione!»
Lo guardo con un sorriso timido, è una delle cose più carine che mi abbiano mai detto, visto che secondo la maggior parte dei miei amici, e mia madre, il mio modo di vestire è strano e a detta loro "sembra che prenda i vestiti dall'armadio di mio nonno". Mi sento a mio agio così: camicie, gilet, pantaloni a zampa, pantaloni larghi a costine, giacche e felpe vintage, felpe larghe e magliette con stampe nerd; questo è lo stile in cui rivedo più me stessa. Tiro fuori la mia tavoletta di cioccolato e ci scambiamo un sorriso complice.
«Mi hai fatto davvero un bellissimo complimento... io adoro Remus Lupin e i malandrini.»
«Io preferisco Sirius Black.»
Arrivati al pub ci sediamo a un tavolino proprio vicino alla finestra. Oggi è una giornata d'autunno stupenda: nuvole grigie gonfie di pioggia e foglie ormai arancioni che cadono dai rami e puntellano i marciapiedi di colore. A Oxford tutte le case sono una vicina all'altra e passano dal colore bianco all'arancione o al marrone chiaro, sono tutte case molto imponenti sembrano condomini. Esteticamente mi ricordano alcuni quartieri di Londra dove mi ha portato il mio papà; qui è tutto diverso dall'Italia, ma in un certo senso mi sento nel posto giusto. Trovarmi qui è ancora surreale e magico per me, tutto è così diverso da Roma, così affascinante.
Ordiniamo e neanche dieci minuti dopo il cameriere arriva con un vassoio ricco di ogni prelibatezza: pane tostato, uova strapazzate, bacon, salciccia, fagioli. Mentre afferro una fetta di pane tostato che emana un aroma che mi fa venire l'acquolina, la madre di Ethan, lanciando uno sguardo complice al marito, chiede: «Allora, come vi siete conosciuti voi due?». «Ieri sera Ophelia mi ha aiutato a svuotare gli scatoloni, è la mia vicina di stanza» risponde Ethan cercando la mia mano sotto al tavolo e rivolgendomi un sorriso premuroso. Il suo gesto mi calma, mimo "grazie" con le labbra E aggiungo: «Vostro figlio è davvero un ragazzo dal cuore d'oro».
Finita la colazione, ci congediamo per sbrigare ognuno le proprie faccende, devo ritirare gli oggetti che ho ordinato se voglio iniziare a sentire la stanza del college come mia. Prima di voltare l'angolo do un'ultima occhiata a Ethan assieme ai suoi genitori: ridono, sono così felici e spensierati. Mi torna in mente mio padre, avrei tanto voluto vivere momenti come questo, con mio papà e mia mamma, ancora felici. Mi obbligo a svuotare la mente prima che i miei pensieri vaghino troppo e il buio torni a divorarmi. Mi asciugo una lacrima e senza neanche accorgermene sono arrivata al negozio. L'idea di comprare una bella libreria per i miei adorati libri mi distrae. Ne adocchio subito due che mi piacciono molto, una marrone chiaro con le striature del legno e una bianca, classica, come quella che ho visto ieri in camera di Ethan. Ripenso a quale starebbe meglio nella mia stanza, scelgo quella marrone, pago e mi accordo per la consegna. Già che ci sono mi fermo da un fioraio e scelgo tre piantine.
Sto realizzando i miei sogni e la paura aumenta; soprattutto negli ultimi giorni vivo costantemente con una stretta allo stomaco. Ciò che ho sempre desiderato si sta realizzando e vivo nel terrore che tutto svanisca.
Il cielo fuori dalla finestra è infuocato dei colori del tramonto. Mi lancio sul letto stanca e soddisfatta. Dopo la consegna della libreria ho iniziato a sistemare tutto, non vedevo l'ora di vedere come sarebbe diventata la mia stanza piena degli oggetti che avevo scelto e portato con me. Osservo le copertine colorate e famigliari dei libri sugli scaffali, creano una macchia di colore sul fondo della parete bianca. Ho anche travasato le piantine aggiungendo del terriccio, mi ricordano il giardino della nonna e per un attimo risento il profumo delle rose rampicanti che curava con amore.
In cortile altri studenti salutano i propri genitori, si perdono in abbracci che si prolungano più del solito, qualcuno ha gli occhi lucidi e sento che anche i miei si inumidiscono. Così, deciso di andare a buttare gli scatoloni.
Non avrei mai immaginato di sentirmi così sola. Ce la farò? Ho tanta paura di fallire. Un attimo prima di ripiombare di nuovo nello sconforto, scorgo Ethan alla fine del corridoio. Mentre mi viene incontro gli leggo sul viso un'espressione che ancora non gli avevo mai visto sul viso, anche lui sembra sul punto di cedere. Ci guardiamo per qualche secondo e senza dire una parola ci diciamo tutto. Poi mi abbraccia: «Non devi nasconderti con me, Ophelia, le nostre fragilità ci rendono più forti quando le lasciamo uscire, io non ti giudicherei mai».
Ricambio la sua stretta e sento il mio respiro regolarizzarsi sul suo. Non mi piace mostrare il mio lato fragile, non voglio sembrare vulnerabile, ma devo ammettere che avevo bisogno di questo abbraccio.
Rientrata in stanza cerco il poster di Grease tra le cose ancora da sistemare. Lo srotolo e tenendolo teso con le braccia ne osservo i colori sbiaditi. Esco in corridoio e lo attacco con dello scotch alla porta della mia stanza: me l'ha regalato mia mamma, tanti anni fa; è stato uno dei primi film che abbiamo visto insieme. Rientro in camera, improvvisamente mi sento vuota, un silenzio assordante mi riempie e le ombre stanno .
STAI LEGGENDO
firefly light - La luce di una lucciola
RomanceOphelia Stewart è una ragazza determinata ma fin da bambina aveva questi "mostri di ombra buia" che la perseguitavano. Crescendo pensa di averli sconfitti ma ansia, paura e emozioni negative sono sempre dietro l'angolo. Grande appassionata delle mat...