Quasi Tutti i Grandi Scrittori

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Mason si stava ancora massaggiando il collo. Aveva i piedi lunghi sulla scrivania in cedro, cercando di convincersi che quella fosse una posizione comoda. Squillò l'interfono. Allungò il braccio a prendere la cornetta.

"C'è il signor Cadman. Ha degli scritti. Mi parla di una boccata d'aria fresca'."

"Michael Cadman?"

"No, Lennie. Lennie Cadman. È impaziente, signore."

"E ha la polo blu?"

"Sì, e le strisce nere ai bordi.", Mason sospirò.

"Dimmi degli scritti."

"È una risma, signore."

"Cristo. Lo faccia passare."

Lennie fece capolino dalla porta. Era un uomo di colore, alto e piazzato bene. Portava dei grossi occhiali anni settanta. I capelli rasati corto. Mason gli sorrise dalla poltrona della scrivania, non era più stravaccato come prima.

"Signor Cadman, entri pure. E si serva. Se gradisce avrei anche del bourbon, mi sembra."

"Accetto pure il suo Jeger.", disse Lennie raggiungendo il tavolo a passi calcolati. Mason lo squadrò mentre appoggiava la risma battuta a macchina sul legno e si accingeva ad aprire la bottiglia. "Come può ben notare, signor Mason, sono stato davvero prolifico questo semestre. Ho superato la mia soglia di trecento cartelle." Sollevò il bicchiere e prese un sorso modesto.

"Notevole."
"Ma non intendo disturbarla parlando di numeri. Assolutamente." Riabbassò il bicchiere.

"Mi dica."

"Non mi ha ancora fatto sapere nulla sulla mia ultima opera, 'Il Giorno d'Ombra', ma discuteremo dopo a riguardo. Voglio presentarle ciò che ha dato impiego ai miei neuroni nell'ultimo periodo. Le ho portato una produzione che potrei classificare come di pari livello rispetto a 'Il Giorno d'Ombra', per non osar dire: migliore."

"No scusi, mi lasci parlarle invece proprio del suo ultimo romanzo, signor Cadman. Lo abbiamo letto, è stato valutato. Ma non possiamo pubblicarlo." Lennie rimase impettito a guardare Mason. Entrambi tentarono occhiate di intesa. Lo sbigottimento di Cadman si tramutò in uno sguardo tradito.

"Non osi fare questi giochetti con me."

"Non voglio mancarle di rispetto, Cadman, ma il suo scritto non segue i nostri standard editoriali."

"Mi sta parlando di standard?"

"Signor Cadman..."

"No, mi scusi.", calò il silenzio, "le opere di Genet le paiono standard editoriali, signor Mason? Perché io non le classifico come tali."

"Capisco signor..."

"E come tali non classifico nemmeno produzioni più intellettuali, come le mie, se permette. Mason.", non una mosca.

"Ha ragione, Lennie, e la capisco. Ma stiamo parlando di profitti."

"Oh ma CERTAMENTE."

"Standard di incassi. Temiamo che non attiri troppi lettori."

"Lei è davvero una persona riprovevole."

"Ora non andiamo troppo oltre."

"Si permette di svilire il buon lavoro con le solite GENERALIZZAZIONI antiche quanto la nostra indipendenza."

"Smetta di spalarmi addosso 'ste merdate. Noi valutiamo solo i testi, questo lo sa bene."

"E guardi: mi serve questo Jeger di dubbia qualità, proponendomi prima un bourbon, che però non è solito bere. Non è solito bere per niente, signor Mason. Lei non lo beve. Non so se mi sta seguendo..."

"No, e non voglio seguirla." Ricala il silenzio. I due si guardano, entrambi linciandosi. Lennie si aggiusta gli occhiali con l'anulare.

"Perfetto.", allunga il braccio e si riprende la risma dal tavolo. Poi tira un'altra bella occhiataccia a Mason, "Mi rispedisca indietro il manoscritto."

"Lo farò."

"Assieme anche alla vostra valutazione."

"Se è quello che vuole, possiamo farlo."

Lennie lo guardò storto ancora per un po', poi si avviò alla porta e la aprì con movimenti macchinosi e calcolati. Prima di uscire si volse ancora verso la scrivania.

"E se la tinta della mia pelle fosse stata un'altra, ora sarei miliardario. Lo rammenti." Se ne andò via, sbattendo la porta.  

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