Pizzo, ricami e nastri… erano pochi i materiali che servivano per costruire una maschera da ballo. Nero, rosso, giallo, o addirittura oro… il colore non era importante. Bastava indossarla e i tuoi tratti distintivi venivano celati e a fatica potevi essere riconosciuto. Turbini di merletti e stoffe colorate, relegati insieme in eterno in vestiti dalle forme più diversificate, si libravano leggeri per la stanza a tempo di tango. Nell’aria un’inconfondibile odore di champagne e ricchezza aumentava il prestigio dell’evento in corso.
«Pardon…» mi lasciai alle spalle una scusa lontana e quasi sussurrata di qualcuno che per sbaglio mi aveva spinto.
Schiamazzi, risate, vocii e chiacchere inconsistenti mi stavano dando alla testa e un’inconfondibile sensazione di nausea e dolore allo stomaco si stava facendo spazio nel mio corpo.
Dove si trovavano gli intellettuali, i politici, i poeti? Mi risposi da solo: probabilmente ad ubriacarsi, danzare, scherzare e cercare di conquistare ragazze giovani e truccate a tal punto da sembrare bambole di porcellana.
Le tempie mi pulsavano e strinsi i denti per il fastidio. Da ogni parte in cui mi giravo, le mie orecchie avvertivano le parole frivole di involucri di personaggi poco interessanti.
Afferrai al volo un bicchiere di champagne da un vassoio tenuto in mano da un cameriere vicino e lo trangugiai così velocemente da non sentire il sapore.
«Pardon monsieur, avete ancora libero l’ultimo valzer?» girandomi verso la direzione di provenienza della voce femminile, acuta e leggermente ebbra, l’associai immediatamente alla ragazza fasciata di sfumature celesti che mi stava davanti.
Sfoderai il sorriso più realistico che mi riuscì: «Ora è occupato, madame. Ci vediamo dopo in pista» e dopo un tradizionale e cortese baciamano, mi dileguai tra gli invitati, lasciandola piacevolmente sorpresa e lusingata.
Con rapidità uscii dalla sala da ballo e subito l’aria fresca di gennaio cominciò a pizzicarmi la pelle del viso. L’odore particolare delle notti invernali mi inebriava e decisi di riempirmi i polmoni di esso.
I balli in maschera erano interessanti solo per via del loro caratteristico modo di vestire e di coprire il proprio volto fino a renderlo quasi inespressivo con maschere dalle forme particolari, due cose che mi avevano sempre affascinato… il resto erano scempiaggini.
Il mio corpo reclamava alcolici più forti di un semplice champagne, qualcosa di caldo e magari in grado di stordirmi e mettermi fuori uso per almeno qualche ora, ma mi ero ripromesso che questa volta ci avrei davvero provato: avrei provato ad integrarmi in quella società superficiale e vuota.
La testa ancora mi pulsava per via degli sciocchi discorsi di cui erano dovute essere ascoltatrici le mie orecchie, pettegolezzi su persone che nemmeno conoscevo. Mi sistemai meglio la maschera sul viso. Era allungata alle estremità e mi dava un aspetto quasi felino.
Ormai le ultime note del brano suonato da un quartetto d’archi stavano finendo, così, sospirando, rientrai. La mia compagna di ballo mi stava già aspettando raggiante. Il contrasto cromatico dei nostri vestiti era davvero gradevole alla vista: l’azzurro del suo si scontrava con il completo scuro e carminio da me indossato.
Le porsi una mano che venne subito presa con un po’ di timore, poi le prime note suonarono e con esse prese avvio anche la commedia di domande di circostanza con, come obiettivo finale, la scoperta del titolo nobiliare. Lo sapevo e quindi rimasi al gioco, prestandomi a questo noioso e imbarazzante teatrino con sorriso cortese.
«Questa festa è davvero incantevole, è così divertente» disse la mia compagna con voce lievemente più alta del normale «anche a voi piacciono le feste? Non vi ho mai visto in giro», non lasciandomi nemmeno il tempo di rispondere continuò «i padroni di casa sono davvero degli ospiti perfetti, sanno proprio come far divertire. Lo sapete che monsieur Gauthier organizza queste feste per i suoi due figli? Uno dei due non si è ancora fatto vedere, mentre l’altro è quello vestito di bianco e oro che danza proprio al centro della pista. Di quest’ultimo dovrei conoscere il nome, Ambroise, se non erro, mentre del fratello purtroppo non ne sono a conoscenza».
Una risata interna stava nascendo e salendo lentamente verso la mia gola: «Ma davvero?» chiesi.
Lei annuì tra la danza: «A proposito di nomi, mi sono resa conto che non ci siamo nemmeno presentati… il mio nome è Euphrasie e voi, monsieur?»
A questo punto abbassando il capo per nascondere la mia soddisfazione, quasi volendo fare un inchino dissi: «Mi chiamo Dorien Gauthier, al vostro servizio madame» conclusi sorridendo placidamente.
Il suo viso già arrossito dal vino acquistò una sfumatura cremisi leggermente più intensa e il suo sorriso venne sostituito da una smorfia di imbarazzo.
«Je suis vraiment désolè… vostro padre non vi ha presentato… non sapevo…» dichiarò con tono dispiaciuto.
Mascherando un odio pungente, scoppiai a ridere. In quel momento il ballo finì e dopo un nuovo e veloce baciamano, uscii nuovamente dalla stanza. Scappai all’esterno e corsi fino ad un albero isolato dell’immenso giardino e poi scoppiai a ridere intensamente. Mettere in imbarazzo le persone era qualcosa che mi piaceva fare, una sorta voce sadica dentro di me mi diceva che era divertente, ma allo stesso tempo la consapevolezza che nessuno sapesse di me nemmeno il mio nome era qualcosa di insopportabile.Risi fino a farmi male alla gola e al petto… non era una risata normale e divertente, era più isterica.
«Dorien torna dentro, nostro padre ci vuole» una voce che conoscevo fin troppo bene con un tono che mi fece irritare ancora di più, mi riscosse da quel momento irrazionale.
«Fratellone, ti diverti? Ho visto come tutte quelle ragazze ti seguivano e guardavano con desiderio. Quante vuoi portartene a letto? No dai… non sei il tipo, credo tu voglia semplicemente fare strage di cuori» non volevo tornare dentro e avevo voglia di far irritare più persone con me.
Strinse i pugni e i denti: «Taci e seguimi. Non mi lascerò rovinare la serata da te»
Sorrisi in modo sarcastico e gli misi un braccio attorno alle spalle: «Ma come siamo suscettibili questa sera, fatti una risata, stavo scherzando. Su andiamo, non facciamo aspettare il vecchio».Il suo corpo fremette quando lo toccai, ma poi tirò un sospiro e dopo essersi liberato dalla mia presa, si avviò.
Ma questa debole irritazione da parte sua nei miei confronti di sicuro non mi bastava.Il nostro ingresso in sala venne seguito da un girarsi di circa settanta teste nella nostra direzione e mormorii sopresi, immagino dovuti alla comprensione che anche io ero figlio del padrone di casa. Il contrasto tra i colori dei nostri vestiti era talmente evidente ed ipnotizzante che gli occhi di molti presenti si spalancarono per lo stupore. Anche le maschere che portavamo sul viso erano incredibilmente differenti.
«I miei adorati figli Ambroise e Dorien» la voce di nostro padre sembrava colma di orgoglio, mentre ci presentava.
“Adorati”: cosa non si direbbe per l’approvazione pubblica. Ovviamente non rimasi in silenzio: «Vi è sfuggito un plurale di troppo nei confronti di quell’infelice aggettivo, padre adorato?»
Vidi il suo viso sbiancare e il suo sorriso di scena traballare: «Scherzi sempre, figlio mio»
Con la certezza che più della metà degli ospiti non aveva capito questo scambio di battute e che la tensione di mio padre era percepibile solo con un occhio estremamente attento, sorrisi.
«I miei figli sono grandi e in età da matrimonio, quindi le dame o i genitori interessati per le proprie figlie sono cortesemente invitati a farsi avanti» riprese mio padre con un sorriso accattivante.
Senza vergogna, senza consulti, senza avvisare, senza aver chiesto un nostro parere, aveva deciso tutto lui. La rabbia si fece strada all’interno del mio corpo e le mie mani cominciarono a tremare vistosamente. Afferrai la prima cosa mi capitò vicino e caso volle che fosse un bicchiere di cristallo ricolmo di champagne che subito gettai a terra. Frammenti e schegge volarono per tutta la stanza e il suono fece fermare il brusio e voltare tutti verso di me.
Sorrisi come se niente fosse successo: «Ma che bella notizia padre mio, non vedo l’ora di congratularmi con il figlio che hai avvisato di questa decisione» e poi me ne andai.
«Dorien torna indietro» la sua voce era molto meno controllata quando cercò di richiamarmi e questo mi fece piacere, ma lo ignorai.
~Nota autrice~
Mes belles créatures, questo è il primo capitolo
À bientôt🥀🎩
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Libertè et Amour
General FictionFallace e dura è la vita dell'artista. Incomprese, strane e spesso folli sono ritenute le menti geniali. Tra pizzi e merletti Dorian spende gran parte del suo tempo... viaggiando con la mente e finendo gran parte delle volte col pungersi con l'ago...