Capitolo 7 - Per niente al mondo

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«Chloe, non mi stai ascoltando

Chloe sfarfallò le ciglia, mettendo a fuoco il visino imbronciato di Irene. Si era inginocchiata al suo fianco, la morbida gonna con rose dipinte che ricadeva sul copriletto e le braccia incrociate. Il naso dalla punta all'insù era arricciato e le sopracciglia aggrottate, ma entrambe le cose fallivano nel renderla minacciosa.

Gli occhi, però, ardevano di offesa. Polvere brillante si sollevò dalle sue spalle, ma non aveva la tenue sfumatura della luce solare, bensì splendeva di un arancione intenso, tendente al rosso. Se Chloe avesse allungato la mano, Glimmerance l'avrebbe punita con scoppiettii urticanti.

Liberò invece un mormorio pensoso, prendendo tempo: di cosa stava parlando, in effetti? Chloe ricordava di averla sentita raccontare degli imprevisti durante le sue ultime prove, discorsi che riusciva ad afferrare solo marginalmente: Irene si perdeva nei suoi racconti, abbandonandosi a dettagli e tecnicismi incomprensibili a chiunque non fosse esperto di musica, e la cosa peggiore da fare quand'era nervosa era fermare il suo sfogo per chiedere spiegazioni.

Quando aveva smesso di prestare attenzione, però? Irene lamentava qualcosa riguardo al microfono... Oh, giusto; temeva che la qualità del suono non fosse ottimale e che ciò avrebbe rovinato le sue canzoni.

Perché non l'aveva rassicurata? Quelle parole avevano raggiunto le sue orecchie, ma non la sua mente. Chloe se ne rese conto soltanto adesso che le richiamava alla memoria: le aveva sentite ma non ascoltate, e c'erano vortici confusi tra le parole che non riusciva a districare. Aveva detto altro? Era rimasta sull'argomento o l'aveva cambiato?

«Scusami» sospirò Chloe, chinando il capo colpevole. «Mi sono persa mentre parlavi di microfoni.»

Irene sbuffò, rimettendosi in piedi in uno schiocco di labbra. «Dimmi che non ti interessa, invece di farmi parlare a vuoto.»

«Certo che mi interessa, ero solo sovrappensiero.»

«Come al solito. Hai sempre qualcos'altro a cui pensare. Posso tornarmene a casa, se ti annoio così tanto, così puoi fare quello che ti pare senza me attorno a darti fastidio.»

«Ti ho chiesto scusa, Riri.» Chloe si alzò, seguendo i passi di Irene. Quel nomignolo di solito era sufficiente ad addolcirla, ma quando le sfiorò un braccio lei si scostò bruscamente. «Non mi annoi, mi sono solo distratta un attimo. Perché devi sempre portare tutto all'estremo?»

«Perché sembra che tu non voglia passare il tempo con me.» Irene masticò quell'accusa a denti stretti, lanciandole un'occhiata offesa. «Diventa sempre più complicato organizzarsi, e quando finalmente riusciamo a stare un po' insieme te ne stai comunque per i fatti tuoi, con la mente chissà dove, immersa nei tuoi pensieri.»

«Io voglio passare il tempo con te, e proprio perché non è così facile preferirei non doverlo sprecare a litigare o ad ascoltare te che ti lamenti di cose che a malapena capisco» disse Chloe, piccata. Era già difficile barcamenarsi tra la sua vita privata e i compiti da Tessitrice, doveva giustificarsi persino per un breve istante di negligenza? «Perciò scusa se a volte finisco con l'estraniarmi sperando che ti decida finalmente a cambiare argomento, così magari potremmo conversare invece di portare avanti la tua sessione di monologhi.»

Irene spalancò occhi e bocca, trattenendo un respiro. Boccheggiò qualche sillaba che non divennero mai parole, poi il viso si fece paonazzo.

«Volevo solo... Mi piace raccontarti quello che mi succede quando non ci sei. Per renderti partecipe» sussurrò, mortificata. Il livore con cui aveva sputato le ultime accuse era scomparso, così come la polvere di Glimmerance, e la voce era priva di convinzione. Non le rivolgeva lo sguardo, fissando il pavimento con occhi grandi e lucidi.

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