Nuovi rancori

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Hemah alzò lo sguardo dalla mappa per scrutare l'orizzonte, come a cercare un punto di riferimento per orientarsi in quella immensa distesa uniforme di sabbia rossastra. La notte con il suo gelo era passata da ore, lasciando avanzare una giornata ancora più calda della precedente; in quel momento la temperatura superava facilmente i 50 gradi, e il sole al centro del cielo era come un gigantesco occhio scarlatto, che dall'alto osservava vigile la loro lenta e faticosa marcia. I crodlu erano talmente fiaccati per la stanchezza da procedere quasi a passo d'uomo, e i loro padroni non erano in condizioni migliori: Ishtar si teneva in sella a fatica, quasi che anche tenere sollevate le palpebre le costasse uno sforzo immane, e a parte il respiro non dava segni di vita, Geon era visibilmente debilitato dalla disidratazione e dall'insufficienza di cibo, dovendosi nutrire  con meno della metà di ciò che gli sarebbe servito a causa delle sue dimensioni, e Hemah sentiva i sensi ovattati, come se fosse sul punto di addormentarsi. Borthomar, in testa alla comitiva, era messo meglio, ma anche lui non era immune agli effetti che quelle condizioni estreme causavano al suo corpo. “Dobbiamo fermarci.” disse ad un tratto, tirando lievemente le briglie e girando la testa verso i suoi compagni “No, possiamo continuare.” mormorò invece Hemah, la sua voce suonava secca e rauca e la sua lingua era arida come la pergamena. Il mul scosse il capo “No, non possiamo. Guarda in che stato siete ridotti; gli animali rischiano di crollare per la stanchezza, e se succede saremo davvero spacciati, quindi dobbiamo fermarci per riposare e rifocillarci almeno per un paio d'ore.” il suo tono mise in chiaro che non ammetteva repliche. Hemah chiuse gli occhi e sospirò “Va bene. Allora montiamo le tende.” fece per scendere dalla sua cavalcatura, ma all'improvviso le forze gli mancarono e perse l'equilibrio, cadendo disteso come un burattino sulla sabbia rovente. “Hemah!” la voce di Borthomar gli arrivò alle orecchie come un eco lontano, un istante prima che i suoi occhi si chiudessero.


Quando si risvegliò, era dentro una tenda con il mul seduto affianco a lui che lo osservava. “Ben svegliato.” lo accolse il suo compagno con tono quasi di rimprovero. Hemah era quasi sul punto di domandargli cosa fosse successo, poi il ricordo lo colpì con la violenza di uno schiaffo in pieno viso “Quanto sono stato incosciente?” chiese con un filo di voce. “ Tre ore, e oltre alla tua razione d'acqua ti ho dovuto dare metà della mia per farti riprendere.” rispose il mezzo nano senza mutare espressione. “Ti ringrazio.” disse Hemah. “Tu mi hai aiutato a liberarmi, sto solo ripagando il mio debito. Ma me lo stai rendendo davvero difficile, non solo ci porti in questa trappola mortale, hai anche rischiato di lasciarci la pelle.” Hemah storse il naso “Capisco il tuo punto di vista, ma ti garantisco che sto facendo tutto il possibile per farci arrivare a Kleed vivi, non è certo colpa mia se siamo stati attaccati da quel maledetto mostro volante!” replicò “Ve ne ho tirato fuori io, no?” aggiunse poi. “Questo è vero” ammise il mul “ma è anche vero che finora si è trattato dell'unico ostacolo che abbiamo trovato sul nostro percorso, in altre parole abbiamo avuto fortuna.” “Ah! Se questa è la fortuna” rise beffardo l'uomo sdraiato “non oso immaginare come sarebbe stato se fossimo sfortunati!” Borthomar, rimanendo ancora impassibile rispose: “C'è poco da scherzare. Stando a quanto diceva mio padre quando ero bambino, questo deserto pullula di Dhaot.” “Dhaot.... sono degli spettri, giusto?” gli domandò Hemah. Il compagno annui “Si tratta degli spiriti di coloro che sono morti dispersi e lontani dalle loro terre d'origine. I loro corpi mummificati, spolpati dai roc e dagli avvoltoi, giacciono insepolti, e le loro anime vagano come ombre inquiete alla ricerca di una via per tornare a casa, si scagliano con furia contro qualunque creatura vivente e le armi comuni sono inutili contro di loro.” nella sua voce si poteva cogliere una sottile ma persistente nota di paura. “Forse faresti meglio a non nominarli troppo, facciamo ancora in tempo a trovarcene davanti un intero battaglione.” mormorò di rimando lo psion. “Il problema è che se dovessimo incontrarne anche uno solo, nessuno di noi è armato per affrontarlo.” disse Borthomar, la preoccupazione evidente sul suo volto. “Non preoccuparti, i miei poteri funzionano anche sugli avversari incorporei; ci penserei io a combatterli.” lo rassicurò l'uomo. “Intanto, prima ancora che a combattere devi pensare a rialzarti. Riesci a stare in sella?” “Si, penso di si.” annuì l'uomo, tentando di rialzarsi un'istante prima che la mano dell'ex gladiatore si premesse contro il suo petto, obbligandolo a rimanere sdraiato. “Non adesso, aspetteremo almeno un altro paio d'ore. Ishtar, Geon e i crodlu devono ancora riposare, e vale anche per te.” “Va bene, aspetterò allora.” si rassegnò Hemah “Piuttosto, quante provviste ci sono rimaste?” chiese con maggior interesse. “Praticamente le abbiamo finite, è rimasta giusto una razione per te e quel che resta non sfamerebbe nemmeno un neonato. Quanto all'acqua, è rimasto giuso il fondo dell'otre.” A sentire quelle parole, Hemah per poco non svenne di nuovo “Com'è possibile? Doveva durarci almeno fino alla mattina di domani!” esclamò in preda al panico, quasi senza fiato nei polmoni. “Ho dovuto dare a Geon più della razione che gli avevi assegnato, o non ce l'avrebbe fatta a resistere fino a domani. Ho anche dato del cibo ai crodlu.” spiegò il mul. “I Crodlu?! Ma sei impazzito? Sono fatti apposta per mangiare poco per lunghi periodi!” lo aggredì lo psion con tutta la foga che riuscì a metter insieme nel suo intorpidimento “Normalmente però non devono correre per giorni in uno dei deserti più torridi del mondo, nel pieno della stagione calda e senza quasi riposare la notte. Se non gli avessi dato da mangiare sarebbero crollati, poco ma sicuro.” la voce di  di Borthomar era tornata l'espressione dura e severa di qualche minuto prima “Non puoi pretendere che il mondo si muova ad un tuo comando, abbiamo delle esigenze e devi rispettarle come facciamo noi con te, se non ti sta bene puoi anche continuare il viaggio da solo.” Hemah, cercando di dissimulare la profonda irritazione causata da quelle parole, annuì. “Bene.” disse Borthomar con un sospiro “Ora riposati, ti porto da mangiare e poi vengo a chiamarti quando decidiamo di partire.” si alzò ed uscì, tornando alcuni secondi più tardi con una ciotola d'argilla piena di carne secca, che posò sul torace dell'uomo, per poi uscire nuovamente.

Un viaggio sotto il sole neroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora