5. It's time of truth

1.1K 53 29
                                    

Charles's pov
*** song: Hold Me While You Wait, Lewis Capaldi ***

Charles's pov *** song: Hold Me While You Wait, Lewis Capaldi ***

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Tre giorni prima...

Celine era ricoverata da quattro giorni ormai senza dare cenni di vita e avevo seriamente paura che non si risvegliasse mai più.

Quando ho saputo dell'incidente tramite Camilla, la stanza aveva iniziato a girare ed avevo timore che anche agli occhi di chi mi stesse attorno questa cosa si iniziasse a notare. La verità è che io temevo per la sua vita. Dal primo istante in cui i nostri occhi si sono incontrati qualcosa in me era cambiato e questa cosa mi faceva venir voglia di mettermi un cappio al collo.

I veri peccatori non incontreranno mai la possibilità di redimersi, ma vi sarà gioia nel cielo solo per un peccatore che si converte.

Io ero schiavo del peccato, della lussuria. Ero io che meritavo di finire in coma dentro ad uno squallido letto d'ospedale, non lei.
Lei avrebbe dovuto fare carriera, incontrare l'uomo della sua vita e fare tanti figli. Invece era li, collegata a delle macchine che respiravano con lei e per lei, con gli occhi chiusi e l'incarnato di un cadavere. Eppure, anche così, era bella da morire. Emanava una luce così forte che chiunque avrebbe dovuto ripararsi gli occhi con le mani, altrimenti sarebbe rimasti acciecato da una bellezza così forte.

Avrei potuto evitarlo, mi dicevo.

Avrei potuto fare qualcosa di più. Invece ero qui, seduto accanto a questo letto, impotente. Lei era la luce che incombeva dentro di me. Ed io potevo soltanto sperare che si svegliasse prima o poi e speravo che lo facesse ora.
I suoi occhi rimanevano chiusi, sembrava in pace, ma non era ancora il suo momento.

Svegliati, ti prego. So che lì è meraviglioso, ma io ho bisogno di te.

Non mi rimaneva che parlarle, perché tanto lei non avrebbe potuto sentirmi, perché non si sarebbe mai ricordata tutto quello che le avrei raccontato. Avevo bisogno di confessarmi, ma non avrei messo piede in nessuna chiesa per farlo e lei era tutto quello che di più vicino si avvicinasse al sacro.

Perciò piccola Principessa, ascoltami e perdonami se non sono stato in grado di evitarlo.

Quando avevo dodici anni picchiai un mio compagno di classe per avermi offeso. Mi dava dell'idiota perché mi vergognavo a leggere davanti a tutti. Un giorno mi stancai e lo seguì in bagno. Gli tirai un calcio nelle palle rischiando di farlo diventare sterile.
Mi fece sentire molto meglio e lui non mi offese più.

Quando entrai al liceo e tutti scoprirono che ero il figlio di Hervè Leclerc la situazione cambiò radicalmente. Improvvisamente ero circondato da persone che si fingevano miei amici, avevo tutte le ragazze più belle della scuola ai miei piedi e perfino i professori mi lasciavano fare quello che volevo. Mi sentivo un re. L'anno dopo finì in un giro sbagliato. Iniziai a fare colazione con del Burbon e andavo alle feste per drogarmi. Non avevo ancora un motivo per estraniarmi dalla realtà, mi faceva solo stare meglio. Avevo un malessere interiore, era questo il problema. Quando apparentemente stavo bene, la mia mente iniziava a vacillare e assieme ad essa anche la mia sanità mentale.

SEVENTEENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora